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Nicola Sguera, il ritorno possibile e la speranza per il dopo-Mastella: ‘Una donna sindaco per Benevento’

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Ieri Nicola Sguera era a San Giorgio del Sannio per presentare il suo “Pensiero in sorgente”. Volume che raccoglie brevi riflessioni, saggi e articoli prodotti negli anni Dieci del nuovo secolo. “Una miscellanea di testi – spiega – con un filo rosso riconoscibile: il pensiero contro che insorge al cospetto del pensiero dominante”.

Sa che non è il nostro primo ospite impegnato nella promozione di una iniziativa, libro o convegno nulla cambia. Il dato che ne emerge è chiaro: non è necessario ricoprire una carica o un ruolo per alimentare il dibattito pubblico.
“Assolutamente. Per come la vedo io, a dirla tutta, il ruolo più importante è quello che si ricopre quando non si ha un incarico. Perché gli incarichi spesso ti costringono a compromessi e a non guardare la struttura profonda della realtà. Quando invece sei libero dalla contingenza hai un quadro molto più limpido. L’ideale sarebbe alternare le due fasi: quella dell’impegno diretto e quella in cui, per le proprie competenze, si dà un contributo alla comprensione del presente, della realtà in cui si vive”.

E tornerà la sua fase di impegno diretto o è da considerarsi definitivamente archiviata?
“Penso non dipenda da me. E mi spiego: sono indisponibile a qualsiasi avventura personalistica. Non mi interessa e infatti risposi di no a chi – all’epoca – mi chiedeva di restare in Consiglio sotto altra bandiera. Ma un progetto importante, nazionale, di trasformazione della realtà, in cui il mio contributo può avere un senso, anche a livello locale, può interessarmi. E questo a prescindere dai ruoli, come sempre è stato”.

A testimoniarlo ci sono le sue dimissioni, giunte il giorno dopo l’alleanza tra il Movimento Cinque Stelle e la Lega, ma in un momento in cui esercitava un ruolo importante, da consigliere più votato alle elezioni.
“Per me la politica deve essere sempre innervata su un profondo sostrato morale. Se manca, diventa mera amministrazione dell’esistente se non cura dei propri interessi”.

E oggi questo progetto importante si intravede all’orizzonte?
“No, ma sono contento per ciò che sta accadendo a sinistra. Qualcosina si sta rimettendo in movimento. Vediamo se si tratta di un fuoco di paglia o se effettivamente c’è il ritorno a un’idea della politica che non sia più soltanto amministrazione della realtà, che non sia subordinata all’economia”.

Immagino che il riferimento sia al Pd e alla vittoria di Elly Schlein
“Sì, sono rimasto stupito favorevolmente. Ero molto scettico, ritenevo il Pd una esperienza ormai da archiviare e invece per una stranissima forma di eterogenesi dei fini è accaduta questa cosa che lo ha rimesso un po’ in moto. Ovviamente resto lontanissimo da quel mondo, però so bene che rappresenta una fetta importante di uomini e donne che si riconoscono in certi ideali. Se inizia a dire cose un po’ più radicali, più di sinistra – per citare Moretti – è un fatto positivo”.

Se l’ascesa della Schlein rappresenta la buona notizia, immagino che quella della Meloni sia stata la cattiva
“Sì ma era scontata viste le scelte scellerate compiute prima. Se lasci tutto il campo del disagio a un populismo di destra – e sapete che spesso mi sono definito populista, quindi non la considero una categoria negativa di per sé – è naturale che la destra diventi il catalizzatore del consenso di chi è in difficoltà. Detto questo, considero la Meloni una persona intelligente, con cui si può anche dialogare, ma è evidente che nel suo governo ci sono pezzi di una destra abbastanza ambigua e che non ha mai rinnegato la matrice fascista. E quindi la guardia va tenuta alta. Per il resto, però, purtroppo o per fortuna, l’Europa funziona da normalizzatore degli estremi. Ha normalizzato il Movimento Cinque Stelle, trasformandolo in un partito normale, con una sua legittimità – per carità – ma completamente diverso dal progetto originario, ora smusserà gli angoli della Meloni”.

E’ trascorso qualche anno, ormai, dalla sua uscita dal Movimento Cinque Stelle: un giudizio su ciò che è stato?
“E’ emblematica la parabola umana e politica di Luigi Di Maio. Un ragazzo animato da buona volontà, lanciato in nome dell’antipolitica nell’empireo istituzionale italiano con ruoli di altissimo profilo e significatività ma che finisce col diventare un politico a tutto tondo che mira a sopravvivere in quel mondo. Un disastro che ha misurato la distanza tra le idealità che io trovavo – non tutte ma in buona parte – innovative e condivisibili e un personale umano desolante. Pochissime persone, nel M5S, si sono rivelate all’altezza della sfida epocale che era stata lanciata. In questo quadro, poi, si è inserita – come direbbe Machiavelli – la fortuna. Perché la morte di Gianroberto Casaleggio si è rivelato il momento dirimente della storia. Tutti si concentravano su Grillo, che era il frontman ma in realtà la testa pensante del movimento era Casaleggio. Con la sua scomparsa, il M5S ha iniziato a sbandare paurosamente fino a smarrire il senso del suo esistere. Intendiamoci, non è sbagliato cambiare ma occorre farlo seguendo una bussola, un pensiero. E invece si è cambiato solo per tattica, passando dall’alleanza con la Lega a quella con il Pd”.

Si spiega anche così ciò che è accaduto a Benevento? Da forza politica più votata, il M5S si è ridotto a non presentare neanche la lista alle ultime amministrative
“Quella è una storia che ho vissuto da spettatore. Che dire: una follia. Non presentare neanche la lista, con motivazioni ridicole, l’ho trovato francamente indecoroso”.

Veniamo allora la Città: era un oppositore di Mastella in Consiglio, oggi lo è da cittadino e da intellettuale oppure il suo giudizio è cambiato?
“Non mi riconosco nel suo modus agendi né nelle scelte strategiche della sua amministrazione e dunque se sedessi in Consiglio sarei all’opposizione. Nessun dubbio. Ma sempre senza preconcetti. Continuo a dire che secondo me Mastella non è stato un sindaco cattivo, altrimenti non sarebbe stato rieletto, ma un sindaco mediocre rispetto alle promesse fatte e non mantenute. Non è riuscito a cambiare la Città e non so se riuscirà a farlo nei prossimi anni, ho qualche dubbio”.

Per Roberto Costanzo li prossimo sindaco di Benevento sarà qualcuno che oggi non siede tra i banchi del Consiglio Comunale. Secondo lei?
“Sì, ho letto. D’altronde leggo sempre con attenzione ciò che dice Costanzo, persona di grande intelligenza oltreché di straordinaria cultura politica. Però guardando al futuro non saprei, sono troppe le possibili variabili, a partire dal quadro politico nazionale. Anche la prima vittoria di Mastella, a ben vedere, fu una sorpresa figlia di una particolare congiuntura. Quindi non possiamo escludere tutta una serie di novità che oggi non siamo in grado di prevedere e valutare. Se poi devo guardare all’attuale Consiglio, faccio sempre i miei attestati di stima a Giovanna Megna, persona preparata, di cultura, impegnata nel civile. Non faccio previsioni, dunque, ma l’auspicio di un sindaco donna per Benevento posso esprimerlo”.

L’ultima domanda è sui temi di attualità del dibattito politico. Si parla di acqua, rifiuti, energia. Sono questioni importanti, la discussione è all’altezza?
“C’è un livello di disinteresse veramente impressionante. Come se la gente fosse abituata a lasciarsi scorrere sulla testa queste decisioni strategiche. Quindi la risposta è no, il dibattito non è all’altezza delle questioni. Pure perché a Benevento manca un tessuto di impegno civile. E questo è il vero dramma della Città”.

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