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Io x Benevento racconta l’odissea di una sannita: ‘Chiediamo intervento della Procura’

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“Sia chiaro subito: siamo vicini e ringraziamo ogni operatore sanitario, medico, infermiere sia in trincea in questo momento, ma proprio per tutelare loro e noi cittadini, per limitare le forme di contagio, per garantire un’assistenza sanitaria attenta, professionale e responsabile, è necessario analizzare tutti gli aspetti che stanno caratterizzando la gestione di questa emergenza e, dunque, il modo con cui le istituzioni, ed in particolar modo quelle sanitarie locali, stanno affrontando il problema”. Così Giuseppe Schipani, presidente dell’associazione Io x Benevento, prima di raccontare quel che è accaduto ad un’iscritta dell’associazione che, vivendo sulla propria pelle, ha avuto modo di prendere atto di una serie di disservizi, spesso grossolani e pericolosi capitati alla signora in questione ma che potrebbe capitare a chiunque.

“Un’iscritta della’associazione Io X Benevento – racconta Schipani – di 54 anni, una quindicina di giorni fa ha cominciato a non sentirsi bene, ravvisando tosse forte, febbre, mal di testa e dolori vari. Va da sé che in questi giorni sintomi del genere portino in automatico a far suonare un campanello d’allarme ben definito. La signora ha chiamato il suo medico di base, che non è andato a casa per visitarla e non ha fatto nulla per fare il tampone, nonostante i sintomi, ma le ha dato una cura a base di antibiotici e cortisonici, al telefono. Le sue condizioni sono andate peggiorando e ha contattato, come già scritto in altro comunicato, il numero verde regionale, senza esito alcuno perché come si ricorderà non rispondeva nessuno. L’assurdo del numero verde regionale è che nonostante le telefonate sono registrate, quindi si acquisisce il numero di chi sta chiamando, e nonostante non risponde nessuno, poi coloro che chiamano, persone con sintomatologia sospetta nella maggior parte dei casi, non vengono richiamati dall’Istituzione Regionale.  A questo punto, la signora dopo aver provato e riprovato ma senza alcuna risposta, mi ha contatto e ho provato anche io, con esito identico al suo e le ho suggerito di chiamare il 118. Il 118 le ha detto di chiamare Guardia Medica che a sua volta ha suggerito di chiamare il 118.

Questo fa capire chiaramente come l’ASL, stia gestendo l’emergenza. Ci risulta che nessuna delle figure sanitarie coinvolte sia stato formato dall’ASL per affrontare questa emergenza, oltretutto ai medici di medicina generale, l’ASL, fino a qualche giorno fa, non fornito nemmeno i DPI ( dispositivi di protezione individuale) e nel ricordare le parole di qualche mese fa del Direttore Generale di essere già pronti, ci dovrebbe far percepire la credibilità.

A quel punto la signora mi ha richiamato e io le ho suggerito di chiamare ancora il 118 dicendo che se non fossero venuti, avrebbe chiamato le forze dell’ordine. Ormai molto sofferente la signora è stata portata nella tenda allestita per il triage per i casi sospetti, poi è stata sistemata in pronto soccorso, in una stanza isolata senza neanche i servizi igienici ed è stata lasciata lì per circa due giorni con un pannolone. Dopodichè, è stata trasferita nel reparto di Malattie Infettive, e solo 4 o 5 giorni dopo del ricovero, alla signora finalmente è stato fatto il primo tampone che dopo 3 giorni ha dato esito negativo. Intanto, nella settimana trascorsa senza sapere se fosse stata infettata o meno nessun protocollo è stato applicato per chi era entrato in contatto con lei, a partire dal compagno che è tornato a casa. Dopo circa 8 giorni trascorsi in Malattie Infettive, è stata spostata nel reparto di Medicina Interna senza essere sicuri che la signora fosse negativa al Covid-19, poiché il secondo tampone le è stato praticato il giorno del trasferimento a Medicina Interna e che poi, ha dato per fortuna esito negativo anche questo, dopo dieci giorni, e finalmente è stata dimessa”.

Quindi, il primo tampone è stato effettuato dopo circa tre giorni dal primo accesso in ospedale e la signora ha atteso quattro giorni per avere il primo esito. Poi, gli è stato praticato il secondo tampone dopo sette giorni di ricovero ed ha atteso, questa volta, solo un giorno per avere l’esito.

Partendo da questa vicenda Schipani denuncia: “Si denotano una serie di comportamenti assolutamente non ammissibili. Il medico di base non avrebbe dovuto essere così superficiale, ma d’altronde è pur vero che i medici di base non sono stati praticamente formati e non hanno ricevuto alcuna informazione su come trattare casi sospetti, a loro, non sono stati forniti neppure i dispositivi di protezione. Il valzer che si è verificato tra medico di famiglia, 118 e Guardia medica, fa chiaramente apprendere l’efficienza di coordinamento che l’ASL esercita.

In ospedale la signora è stata per circa 10 giorni nel dubbio di aver contratto un virus pericoloso, a volte letale, con il pensiero di averlo trasmesso al compagno, ai familiari e agli amici, che non sono mai stati chiamati e né sottoposti a tampone di verifica. La signora ha trascorso tanti giorni in ospedale, da sola e senza alcun supporto psicologico pur vivendo con una ansia e preoccupazione evidentemente angosciante. Da questo, è facile comprendere il livello assistenziale e di umanizzazione dell’Azienda Ospedaliera S. Pio. Un mese fa assistevamo a conferenze in cui ci si diceva pronti a gestire un’emergenza, e invece risulta che i medici in ospedale sono costretti finanche a protrarre l’utilizzo delle mascherine per giorni, si apprende dalla stampa che mancano i respiratori polmonari, che il personale non era completamente formato. Da una gestione superficiale di un caso di infezione sono derivati 126 tamponi su personale sanitario, lo stesso Direttore Generale ha dovuto chiarire con i Sindacati la vicenda, ma nessuno, finora, ha fatto un riscontro per capire se gli operatori sanitari risultati dopo contagiati e che ancora oggi si continua a non comunicare, abbiano contratto il virus per quelle superficialità.

Al fine di assicurare una adeguata assistenza sanitaria era fondamentale tutelare medici e personale sanitario, ma con questa superficialità ed incompetenza, la nostra paura e che l’ospedale da presidio di cura si sia trasformato in focolaio.

Bisogna assolutamente appurare quanti operatori sanitari siano contagiati e in che modo sono stati contagiati. In ultimo: i cittadini hanno bisogno di essere informati in una situazione difficilissima. Non è possibile e neppure minimamente accettabile che diversamente da tutte le altre province campane non venga emesso un bollettino giornaliero dalla Prefettura che ha anche istituito un’Unità di Crisi. Non è all’acqua di rose e tappandosi gli occhi che si gestiscono emergenze difficili come questa”.

Per questi motivi, comunichiamo che inoltreremo una formale richiesta di intervento alla Procura della Repubblica, alla Prefettura, al Sindaco della città di Benevento nella sua forma di rappresentanza anche dell’assemblea dei Sindaci, ed ai NAS, evidenziando tutti gli aspetti che stanno generando ansia e preoccupazione ai Cittadini.

Lo ribadiamo ancora una volta, il nostro intervento non vuole rappresentare una polemica ma una constatazione in merito alla gestione organizzativa sanitaria che sta caratterizzando questa importante e delicata emergenza, pretendiamo chiarezza di informazioni, imploriamo che si possa garantire sicurezza, efficienza ed assistenza sanitaria e valutando gli accadimenti, preghiamo le Autorità competenti ad intervenire con immediatezza ed autorevolezza per tutelare e assicurare la salute umana.

Rivolgiamo il nostro più sentito senso di gratitudine, solo ai medici che con abnegazione stanno operando con tutte le evidenti e palesi difficoltà.

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