POLITICA
Elezioni, dal fioretto di De Caro e l’emorragia Pd ai coltelli in FI. Veleni anche nel M5S
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La campagna elettorale è finalmente entrata nel vivo: entro il prossimo 4 marzo gli italiani sceglieranno il nuovo Parlamento che sarà poi chiamato a vidimare la formazione del nuovo Governo incaricato di guidare il Paese.
Il rischio che nessuno raggiunga i numeri per governare è abbastanza alto, e quindi tutto potrebbe tradursi presto in un “abbiamo scherzato” e in tal caso si andrebbe incontro alla necessità di riaprire le urne.
L’equilibrio corre sul filo e a contrapporsi ad un centrodestra dato in grande ascesa fino a qualche settimana fa, c’è il Movimento 5 Stelle che avanza inesorabilmente nei sondaggi e cattura man mano che i giorni passano orde di scontenti e indecisi. Questo perché la guerra tra bande che si è scatenata per l’aggiudicazione di un seggio sicuro o dell’investitura per giocarsela ha penalizzato agli occhi dell’opinione pubblica principalmente il Pd e Forza Italia. Non che non ci siano stati scontri e malcontenti nelle fila grilline (Benevento, tanto per fare un esempio, è l’esempio lampante di come un territorio possa essere mortificato ripetutamente da numeri e rapporti: vedi il posizionamento dei due candidati sanniti al proporzionale per Camera e Senato), ma le lame che si sono incrociate nei restanti due schieramenti hanno finito con il rendere scettici parecchi potenziali elettori, nauseati dalle solite lotte intestine in nome di una poltrona.
Il riferimento ovviamente è a quanto si è registrato sul piano nazionale. Perché il Pd, almeno sul piano locale, ha scongiurato sorprese dell’ultim’ora, scontri fratricidi e delegittimazioni. Il lavoro di fioretto fatto da Umberto Del Basso De Caro nell’ultimo anno e mezzo sul territorio irpino, ha evitato lo sguainare delle sciabole mettendo nelle migliori condizioni il vertice romano per la ratifica di quanto Piazza Guerrazzi aveva già stabilito da tempo. Ovvero un seggio blindato per il sottosegretario uscente e la corsa nell’uninominale alla Camera per il fido scudiero Carmine Valentino. Come tradizione vuole, non è mancato il solito blitz sul beneventano del presidente della Regione De Luca, che ha spuntato la candidatura nel maggioritario al Senato per la fedelissima Giulia Abbate. A quanto pare le caselle, a dispetto delle previsioni, si sono incastrate che meglio non si poteva. E così perlomeno da quelle parti, fino al 4 marzo, vissero tutti felici e contenti. Pazienza se poi, dal giorno successivo, ricominceranno a cantarsele di tutti i colori: aver limitato i danni, per un partito in piena emorragia di consenso e già pronto ad indossare la corazza onde meglio incassare le bastonate, è già una grande vittoria. Come lo sarà il nulla di fatto, l’unico risultato a cui il partito di governo uscente, nella migliore delle ipotesi, potrà aspirare.
Dalla parte opposta la notte dei lunghi coltelli (o per meglio dire delle grandi sforbiciate) ha contribuito non poco ad agitare le acque. Nunzia De Girolamo dalle cinque potenziali candidature in diversi circoscrizioni è passata alla battaglia di testimonianza nel collegio di casa (al secondo posto dietro Sibilia nel listino proporzionale alla Camera) e ad un raffazzonato paracadute nel collegio Bologna-Imola. Cosa sia successo quella notte, non è ancora del tutto chiaro. Tanto più che l’unica versione è quella dell’ex Ministra dell’Agricoltura che parla a chiare lettere di congiura ai suoi danni all’insaputa di Berlusconi. Ordita da chi? La signora Boccia esclude Mastella, ma l’impressione è che lo faccia al solo scopo di non farlo apparire troppo potente agli occhi della gente, e punta il dito contro De Siano, omettendo, volutamente, che il coordinatore regionale è sempre stato in totale sintonia sulle scelte con Francesca Pascale. Che aveva sponsorizzato per l’uninominale alla Camera il rampollo beneventano Leonardo Ciccopiedi, suo amico devoto e imprenditore di finanza e sostanza: profilo ideale per una candidatura calata dall’alto. Alla quale Nunzia si è opposta (possiamo solo immaginare quali motivazioni avrà addotto) spuntando il collegio per il suo braccio destro Fernando Errico. Sembrava l’ennesima dimostrazione di forza della De Girolamo, in realtà è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Scatenando un effetto domino che ha travolto Nunzia e le persone a lei più vicine, politicamente parlando, a cominciare dal casertano Gianpiero Zinzi, in odore di candidatura ma impallinato ad un passo dal traguardo.
Chi ha fatto la parte del leone è stato invece Mastella, abilissimo a far fruttare in maniera esponenziale la sindacatura del capoluogo consegnatagli su un vassoio d’argento dal Pd circa due anni orsono. La moglie Sandra Lonardo è pluricandidata al Senato in vari collegi alla stregua di una big: capolista al proporzionale nel collegio Caserta-Avellino-Benevento, seconda a Napoli Nord-Napoli città, seconda a Napoli Sud-Salerno e in campo anche sull’uninominale nel collegio Benevento-Santa Maria Capua Vetere. La recente adesione a Forza Italia del primo cittadino ha peraltro generato un botta e risposta con la stessa De Girolamo, che ora vede vacillare la sua leadership sul territorio: dopo una serie di reciproche stilettate all’arsenico, hanno seppellito l’ascia di guerra con dichiarazioni alla camomilla “nell’interesse del partito”: riprenderanno a scannarsi dal 5 marzo in poi.
Nel Movimento 5 Stelle se la passano meglio solo apparentemente. Il regime grillino impone il silenzio su taluni argomenti. In tutte le città dove non c’è un unico meet-up c’è sempre un conflitto in atto. Benevento non ne è esente, ma in superficie emerge solo il dualismo Sguera-Presta. In realtà sotto c’è molto altro, con finti pontieri che rimestano nel torbido allo scopo di depotenziare i litiganti. C’è chi osserva compiaciuto Presta nel tentativo di delegittimare Sguera, immaginando di poter fare le scarpe ad entrambi. E semmai arma l’uno o l’altro contro il rivale. Quanto alle candidature, il malcontento viaggia sotterraneo. Nel Movimento i panni sporchi non si lavano neppure in casa, ma nel chiuso di uno stanzino con le pareti insonorizzate. Il doppio terzo posto al proporzionale da qualcuno è stato digerito male, per qualche altro è invece il naturale “ben ti sta” a chi ha pensato di fare l’asso pigliatutto. Ma la rabbia più grande cova per i nomi imposti sull’uninominale.
La Ianaro fa mugugnare meno rispetto alla De Lucia. Se non altro perché ha un curriculum di spessore, è riconosciuta come elettrice e si è fatta notare in qualche occasione, anche se la sua partecipazione alle attività del Meet-Up è stata per lo più di rimessa. La giornalista candidata al Senato, dalle parti di via Vanvitelli prima e via dei Mulini poi, giurano di non averla mai vista. Qualcuno sussurra anche di legami forti con pezzi dell’attuale Giunta comunale. Ma lo fa a bassa voce, tra sorrisi e abbracci che dispensa dinanzi a telecamere e taccuini. D’altro canto come si dice: tutto il mondo (della politica) è paese.