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CULTURA

Cives, incontro con Giuseppe Sottile: “La finanza etica ci salverà”

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“La finanza etica al servizio dei poveri e dei giovani” è stato il tema al centro del secondo incontro dell’undicesima edizione di Cives – Laboratorio di formazione al bene comune promosso dall’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della Diocesi di Benevento in collaborazione con il Centro di Cultura “R. Calabria” e l’Università Cattolica del Sacro Cuore. “La finanza è una leva fondamentale per generare sviluppo umano integrale e coesione sociale nei territori – ha affermato Ettore Rossi, Direttore dell’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della Diocesi di Benevento nell’introdurre i lavori – ma purtroppo accade che essa non riesca a raggiungere soprattutto quelli che avrebbero più necessità di sostegni finanziari e cioè i poveri e i vulnerabili. Essi non entrano in banca e quindi non riescono ad avere accesso a servizi importanti (come aprire un conto corrente, ottenere un prestito, ecc.) perché sono definiti soggetti non bancabili, in quanto non possono offrire garanzie reali, non sono solvibili, non hanno un lavoro”.

“La finanza etica ci salverà”: questo è il messaggio lanciato dal relatore dell’incontro Giuseppe Sottile, direttore della Banca Etica, sede di Napoli. Nonostante l’Istat registri un aumento di fiducia nella ripresa economica, i dati per il 2016 riportano valori della povertà assoluta in aumento, del 26,8%, più alti dunque rispetto al 2015, quando erano del 18,3%. La nuova povertà sbarra l’ingresso all’ascesa sociale e, quel che è peggio, ha una ricaduta sull’accesso alle cure sanitarie. Il fenomeno dei ”working poors” (coloro che pur avendo un lavoro non riescono a garantirsi una vita dignitosa) suggerisce che le responsabilità sociali sono superiori a quelle individuali. Il passaggio dalla finanza reale, che produce beni e servizi, a quella speculativa ha contribuito al dissesto della dignità degli individui. “La finanza virtuale non dorme mai”, ha denunciato Sottile “e mentre noi dormiamo, il denaro produce altro denaro, che solo per il 40% è investito nell’economia reale. Occorre recuperare il principio che il denaro sia solo uno strumento e non il fine ultimo”. Il dirigente di Banca Etica abbraccia la tesi sostenuta da Papa Francesco nella “Laudato si’”, ma condivisibile dal mondo laico, che invita a guardare oltre il mero interesse di pochi. Fare finanza etica vuol dire salvaguardare le persone e non forzatamente le banche, operazione quest’ultima, che si è rivelata sterile in più occasioni.

Siamo tutti operatori di finanza secondo Sottile, che invita a riflettere come, da consumatori, siamo in grado di orientare eticamente i nostri acquisti e, dunque, a orientare la politica. Si fa un uso virtuoso del denaro anche solo scegliendo di bere un caffè in un bar che non ospiti slot machine o depositando i risparmi in banche che non si occupino, per esempio, di finanziare il mercato della produzione e del commercio delle armi. Trasparenza nel pubblicare i nomi delle organizzazioni cui si concedono prestiti; sobrietà, anche nell’assegnare stipendi ai dirigenti (in Banca Etica il top manager guadagna 3,5 volte di più lo stipendio dell’operatore medio, a differenza delle altre banche dove il rapporto è 120 volte di più); sollecitare la partecipazione dei soci all’elaborazione del piano strategico della banca, sono alcuni dei principi cui ogni banca non dovrebbe derogare, pena i disastri cui abbiamo assistito a proposito di salvataggi di banche e suicidi dei risparmiatori. Banca Etica, ha spiegato ancora Giuseppe Sottile, ha deciso per i prossimi di anni di avere quattro riferimenti prioritari: le famiglie che mostrano una riduzione della capacità di risparmio e un crescente indebitamento; i giovani che vogliono mettere su delle imprese, avendo lasciato alle loro spalle il mito del posto fisso; i migranti con cui il nostro paese avrà sempre più a che fare; i poveri che lavorano, fenomeno in qualche modo nuovo, per trovare risposte ai loro bisogni, soprattutto al Sud. Non mancano esempi di buone prassi: basti guardare all’esperienza di Muhammad Yunus, l’ideatore e realizzatore del microcredito moderno, che con piccoli prestiti ha risollevato in Bangladesh le sorti di tanti poveri che non avrebbero avuto accesso al credito dalle banche tradizionali. Banca Etica è molto impegnata, con tante esperienze positive, sia sul microcredito che su progetti di microfinanza.

La finanza etica è, quindi, capace di assumersi la responsabilità civile di dare fiducia a soggetti “non bancabili” e “invisibili”, come i giovani che rispetto al lavoro sono poveri ma pur nelle difficoltà economiche sono ricchi di idee e di voglia di cimentarsi e i migranti che, invece, dimostrano di contribuire, dati alla mano, alla costruzione delle nostre pensioni.

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