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La riflessione di Rapuano: Benevento e le luci spente della cultura

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“Benevento, la città dell’Unesco lasciata in penombra per troppi anni, ha dato il via all’evento natalizio “Streghe in luce”. Il sorriso dei bambini del coro ha contagiato tutti, anche se rimane la macchia di un’interazione con il Conservatorio disattesa. Un’idea carina che avrebbe potuto arricchire i sensi e lo spirito dei giovani partecipanti, se avessero avuto l’occasione di cantare con un’orchestra dal vivo, e non con l’ausilio di basi arricchite da voci guida armonizzate, ma che ha sortito solo un effetto scenografico buono per i selfie e le cartoline”. Lo spiega in una nota Antonello Rapuano, esponente del Meetup “Grilli Sanniti”.

“Ci sarebbero voluti dedizione e impegno maggiori, ingredienti necessari per lavorare con serietà e lungimiranza alla salvaguardia del nostro patrimonio (emblematico è il mancato restauro degli affreschi di piazza Sabariani), e che sono mancati anche per sostenere la candidatura di Benevento a Capitale italiana della cultura per il 2018.

Prima ancora che sul bagno di folla, sui nomi roboanti, sulle belle parole, sulle leggi e sui fondi, – spiega Rapuano – il nostro patrimonio culturale potrà essere difeso e valorizzato in base al ruolo che gli assegneremo nella nostra vita. Sarà maggiore il peso riservato al consumo e alla produzione, o quello dedicato alla crescita morale, all’educazione e all’esercizio intellettuale? Insomma: le arti servono per fare numero o per far crescere il nostro spirito?

Il rapporto con il patrimonio artistico, così come con la musica, la storia, la poesia, è l’unico antidoto capace di contrastare la dittatura narcisistica e sterile del presente, capace di rassicurare e divertire un pubblico concentrato su se stesso. Io preferisco la strada umanistica del passato, della bellezza salvifica come ci ricorda Dostoevskij, capace di indurci a cercare ancora per evitare che la “regina ignoranza” dilaghi.

Mantova, Pistoia e Matera, le ultime capitali culturali italiane, ci mostrano esempi di cittadinanza attiva che scaturisce dall’amore per un patrimonio culturale sentito come proprio. E invece a Benevento assistiamo a operazioni di marketing immobiliare, con le ennesime acquisizioni ad opera dell’Università e del Conservatorio di quei pochi spazi culturali ancora fruibili e vitali per le associazioni di cittadini capaci di costruire cultura sperimentando cose nuove.

Una città in dissesto economico e ancora peggio una città in crisi di identità, incapace di puntare sul suo patrimonio, in modo da accrescere e sviluppare la nostra humanitas. Ma per fare ciò occorrono impegno e fatica. Questa è la vera libertà. Questo è imparare a pensare. Altrimenti ci rimane la modalità predefinita, la corsa al successo e al marketing.

Da qui – conclude Rapuano – bisogna ripartire se vogliamo innescare quella rivoluzione democratica culturale e umanistica che ci consenta di riaprire gli occhi e di accendere il cervello. Il patrimonio è come un grande repertorio musicale: se nessuno lo esegue rimane perduto”.

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