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CRONACA

Rubavano sabbia e ghiaia dal Titerno per la loro attività edilizia: nei guai sei persone. Maxi sequestro della Finanza

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Tre aree a ridosso del torrente Titerno interessate da scavi e sottoposte a sequestro. Per un totale di 60mila metri quadrati. Non solo: sei denunce e sigilli per impianti di lavorazione e undici mezzi meccanici utilizzati per l’estrazione e il trasporto di materiale. E’ questo il bilancio di un’operazione di tutela ambientale e contrasto delle irregolarità nell’esercizio delle attività estrattive, svolta dalla Guardia di Finanza nelle località Cannaulino e Madonna delle Grazie di Faicchio, in provincia di Benevento.

Le Fiamme Gialle della Tenenza di Solopaca hanno lavorato avvalendosi della preziosa collaborazione dei colleghi della Sezione Aerea del Reparto Aeronavale di Napoli, con il coordinamento investigativo dei magistrati della Procura di Benevento.

A finire nei guai tre titolari delle ditte coinvolte e tre operai: i sei sono stati sorpresi all’alba mentre stavano estraendo la sabbia in totale assenza di qualsiasi autorizzazione necessaria.

LE INDAGINI – Le denunce sono scattate al termine di una complessa operazione di monitoraggio del territorio finalizzata ad individuare, sulle sponde del Titerno, le sedi di possibili sbancamenti operati clandestinamente da parte di operatori dell’edilizia alla ricerca di materiale da costruzione. Gli appostamenti delle Fiamme Gialle hanno permesso l’individuazione del traffico di camion che, inoltrandosi sulle sponde del fiume, facevano poi perdere le loro tracce. Proprio per poter seguire meglio gli spostamenti dei mezzi, sono intervenuti gli elicotteri della Sezione Aerea della Guardia di Finanza di Napoli.

Il monitoraggio effettuato sorvolando le rive del Titerno ha quindi permesso l’individuazione dei siti illegali, tutti ubicati nel comune di Faicchio, presso i quali venivano asportate abusivamente grandi quantità di materiali come sabbia, ghiaia e pietrisco.

Durante le operazioni, i militari della Guardia di Finanza sono riusciti a sorprendere due persone, nel primo sito, mentre stavano prelevando materiale inerte servendosi di una macchina escavatrice e un camion. Successivamente, sono stati individuati altri due siti con altri due lavoratori, i quali avevano organizzato una vera e propria attività di estrazione e deposito di materiale inerte di tipo alluvionale, avvalendosi di un impianto abusivo di trito-vagliatura e numerosi mezzi tra macchine escavatrici e camion.

Secondo quanto emerso da successivi accertamenti, condotti in collaborazione con personale dell’Arpac e Genio Civile di Benevento, le aree erano interessate da una importante attività di scavo fino ad una profondità di oltre 6 metri. Inoltre sono stati individuati accumuli di materiale inerte di origine fluviale e non, materiale di scarto di lavorazione riconducibili ad attività di costruzioni e demolizioni edili (conci di cemento armato, mattoni in cemento, mattonelle ecc.) che erano in procinto di essere interrate.

RIFIUTI SPECIALI – Nella stessa area sono stati individuati voluminosi cumuli di scarto di lavorazione del marmo, oltre a depositi di autocarri fuori uso non bonificato, lastre di ferro accoppiato a schiuma di poliuterano espanso ridotto in frantumi e traverse ferroviarie, tutto materiale in procinto di essere interrato.

L’area, inoltre, è stata ispezionata in modo più approfondito, attraverso la realizzazione di alcuni pozzetti ispettivi eseguiti a mezzo di una escavatrice. Lì si è scoperto che lungo la sponda del torrente sono stati sversati diversi quantitativi di rifiuti speciali, sui quali sono in corso ulteriori analisi dell’Arpac di Benevento.

PERICOLO INONDAZIONE – La pratica dello sbancamento abusivo che poi veniva camuffato e ricolmato con materiale di scarto e rifiuti speciali, ha causato danni all’ecosistema fluviale del Titerno, alterandone le sponde e determinando un abbassamento dell’alveo che rischia di esporre le zone circostanti al rischio inondazione.

Le indagini sono tutt’ora in corso per ricostruire il percorso del materiale estratto, individuare gli acquirenti e valutare il volume d’affari dell’operazione illegale. Il valore complessivo dei beni sottoposti a sequestro ammonta a circa 1 milione di euro.

La grande domanda di materiali e gli enormi profitti che il loro commercio consente, ha dunque cagionato un impoverimento progressivo dei torrenti e fiumi. Se si considera che il prezzo degli inerti è cresciuto il doppio rispetto al costo della vita e ancora di più rispetto ai prezzi all’ingrosso, si comprende come il prelievo di materiali dal letto dei fiumi costituisca una importante fonte di reddito, spesso illecito, per le imprese del settore.

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