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CULTURA

Cives, Mario Iadanza e Edoardo Patriarca ospiti della V lezione del Laboratorio di Formazione al Bene Comune

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Si è tenuto lo scorso 16 gennaio presso il Centro di Cultura “Raffaele Calabria” la quinta lezione di “CIVES – Laboratorio di Formazione al Bene Comune” che questa volta ha ospitato il Prof. Mons. Mario Iadanza (Direttore dell’Ufficio Cultura e Beni Culturali della Diocesi di Benevento) e l’On. Edoardo Patriarca (Presidente del Centro Nazionale per il Volontariato).

L’incontro, dedicato alla creatività e alla gratuità in quanto elementi generativi rispetto alla felicità pubblica, è stato introdotto da Ettore Rossi (Direttore dell’Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro della diocesi di Benevento): “Oggi riflettere sulla cultura e sul volontariato vuol dire recuperare l’identità di una comunità e i suoi valori, come punto di partenza per ricostruire il futuro con intelligenza. Ormai tante ricerche provano la propulsività di un contesto circondato dalla bellezza, e lo stesso vale per la gratuità: chi si impegna per l’altro vive una condizione soggettiva di maggiore positività e felicità”.

Subito dopo è intervenuto don Mario Iadanza, da diversi anni impegnato nel lavoro di coordinatore delle attività e dei numerosi beni culturali di cui dispone la diocesi beneventana: “Il modello di Europa nel quale abbiamo creduto non è quello che vediamo oggi. Questa Europa dei banchieri non ci piace e non ci interessa.

Dobbiamo avere il coraggio di dire che libertà non va intesa come licenza e mettere in discussione il modello economico al quale siamo assoggettati. Quando parliamo di modelli di sviluppo siamo sempre vittime di un discorso eurocentrico secondo il quale il nostro sistema culturale è più valido degli altri. E se invece cominciassimo a fare l’elogio della decrescita e della sobrietà, coltivandoci in altri ambiti come quello culturale, relazionale e spirituale?”.

Invitando poi a riprendere ed approfondire testi come l’enciclica Caritas in Veritate di Benedetto XVI, leggendone alla sua luce i segni del nostro difficile presente, don Mario ha insistito su una salda auto-formazione capace anche di tessere legami comunitari: “Il nostro impegno è quello di mettere al servizio delle comunità spazi nei quali coltivare il proprio animo. Se riportiamo le persone nelle biblioteche a leggere e a confrontarsi forse facciamo qualcosa di costruttivo per noi stessi e per le nostre comunità, proponendo un miglioramento spirituale, come antidoto in questo difficile tempo”.

Successivamente la parola è passata all’on. Edoardo Patriarca, impegnato da sempre nel mondo del volontariato e amico dell’esperienza CIVES, il quale ha introdotto il suo intervento sui paradigmi che abbiamo silenziosamente accettato e che hanno, di fatto, decretato il fallimento del nostro attuale modello economico come l’egoismo sfrenato e lo scambio degli equivalenti, i quali hanno mutato tutti gli aspetti della nostra vita. “Le difficoltà che viviamo – ha dichiarato, – sono dovute soprattutto alla carenza di dono e di gratuità; il tentativo che cerchiamo di compiere è dunque quello di riscrivere il modello economico attuale attraverso prospettive e valori culturali diversi che sappiamo ormai capaci di influenzare concretamente e positivamente il sistema economico, come l’Economia Civile e di Comunione ”.

Patriarca ha sottolineato le difficoltà di discutere oggi di gratuità senza relegarla necessariamente all’esperienza del volontariato, e di quanto il settore dell’impresa possa invece rappresentare un luogo privilegiato nel quale sperimentare questi valori: “Valorizzare le persone in quanto ricchezze e le loro competenze, rappresenta il nocciolo di una impresa che sa stare sul mercato e riuscire a dimostrarlo è un traguardo che va sostenuto. Si tratta di ricostruire un ciclo civile fondato sulla creazione di legami, sulla fiducia. Dietro il tema della gratuità c’è, dunque, una sfida molto importante e cioè quella di un’economia che riscopra i Beni Comuni come strumento di crescita umana integrale”. Un discorso che per Patriarca è valido allo stesso modo nel settore sociale, sul quale vanno innestate forme imprenditoriali serie che non lo sviliscano ma che, anzi, lo valorizzino: “Dobbiamo recuperare l’arte del donare, del bene comune, dello stare insieme con un assetto strategico che ponga al centro le persone e le comunità.”

Contrapponendo tale modello a quello del centro, dedito all’opposto all’usa e getta, il docente ha identificato nel capitale immateriale la vera risorsa di cui dispongono le città e nelle quali investire: “Capitale umano e capitale sociale sono fertilissimi nelle nostre periferie e devono essere messe a disposizione della città tutta, per la sua ricivilizzazione. Il nuovo paradigma al quale tendere è quello di una città rigenerativa di relazioni (umane, ecologiche, sociali…), all’interno della quale i processi siano circolari, e fondati su sinergie o, meglio ancora, su simbiosi”.

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