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Per il lavoro giovanile nel Mezzogiorno: l’esito del convegno diventa un appello

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Nei giorni scorsi si è tenuto in città, a Villa dei Papi, il seminario nazionale di studio sul tema: ”Il lavoro giovanile nel Mezzogiorno d’Italia”. L’iniziativa è stata promossa dalla Diocesi di Benevento e dal Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani. Sulla base dei principali contenuti sviluppati dagli autorevoli relatori intervenuti al seminario è stato redatto un Appello sul lavoro giovanile nel Mezzogiorno d’Italia, che intende sintetizzare l’esito delle riflessioni svolte e offrire proposte, indicazioni di azioni da intraprendere e piste d’impegno. E che, tratto dal sito diocesano, riproponiamo integralmente di seguito:

***
"Dalle riflessioni svolte nell’ambito del seminario nazionale di studio “Il lavoro giovanile nel Mezzogiorno d’Italia” (Benevento, 5 novembre 2011) promosso dalla Diocesi di Benevento e dal Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani, praticando la virtù del realismo cristiano, abbiamo avuto la conferma di quanto già le maggiori agenzie di ricerca ci dicono da alcuni anni sul Sud: alti tassi di inoccupazione e disoccupazione giovanile, soprattutto tra le donne; un andamento demografico paurosamente invertitosi negli ultimi quindici anni, per cui il Mezzogiorno sta diventando un territorio per vecchi; una dissipazione crescente della ricchezza intellettuale costituita dai giovani, a beneficio del Nord ed oggi, di nuovo, anche di paesi stranieri; da una tendenziale convergenza tra le due aree del paese, sotto l’aspetto dello sviluppo, si è passati ad una drammatica divergenza; una qualità ambivalente del sistema formazione nelle regioni del Sud, in un contesto per cui la scuola non è più funzionale all’inserimento lavorativo. Sul piano più generale, ma con manifestazioni ancora più forti al Sud, non possiamo sottacere che la società italiana è organizzata inconsapevolmente contro i giovani.

Il Mezzogiorno, fortunatamente, non è però solo un problema ma anche un’area territoriale in cui si stanno coltivando eccellenze, iniziative imprenditoriali di successo, buona formazione universitaria, forme di resistenza civile all’illegalità che il Nord non è abituato a praticare.

Affrontiamo questi temi alla luce del Vangelo, attingendo a radici solide: Dio, la Chiesa e il Magistero. La crisi che stiamo vivendo, inoltre, va vista anche come opportunità di un nuovo pensiero e di nuova cultura. Per questo non ci rassegniamo allo stato attuale delle cose e come comunità cristiana del Sud intendiamo stare al fianco dei giovani ed accompagnarli in questa difficile stagione. Oggi i giovani, ed in particolare quanti non hanno lavoro e prospettive, sono la nostra priorità. Partiamo per il nostro impegno, da questa consapevolezza e da una convinta speranza per un futuro possibile, che si fonda su un’antropologia positiva. Per fare questo è importante attingere alle testimonianze cristiane esemplari del passato, mettendoci in umile ascolto della santità sociale tra ’800 e ‘900, cioè di quegli uomini santi che hanno fatto l’Italia e la sua unità sostanziale. Il motivo ricorrente di quella santità è la centralità dell’educazione e dell’attenzione ai giovani.

Attraverso il metodo dello stare insieme e adottando lo strumento agenda, proponiamo di:

– creare servizi di sostegno che accompagnino l’intrapresa personale e associata;

– ripartire dai territori e dalle micro realtà del Sud, anche per non farsi schiacciare dai numeri pesanti che fotografano le questioni, per nuove assunzioni di responsabilità che non significa negare l’interdipendenza e la solidarietà tra persone e aree geografiche diverse del paese;

– incrementare le buone pratiche ma soprattutto metterle tra loro in rete;
ricreare una sana connessione tra economia umana e di mercato, riattivando processi di integrazione sociale tra famiglia, scuola e lavoro;

– offrire una formazione alle vocazioni imprenditoriali più realistica e smitizzata;
di coltivare le competenze e le attitudini dei giovani, in uno spirito di lavoro insieme, non accettando come irreversibile la condizione dei NEET;

– indagare con più accuratezza nuovi settori da esplorare per iniziative imprenditoriali giovanili: ambiente, turismo , agroalimentare, welfare, comunicazione;

– di propagare ancor di più il modello del Progetto Policoro, rafforzando la leva dell’impresa, nel quadro della nuova cultura del lavoro che, attraverso di esso, si sta diffondendo nel Mezzogiorno da ormai sedici anni.

 

Sul versante delle politiche c’è bisogno di scelte rivolte a:

– creare occasioni di lavoro buono e dignitoso, corrispondenti alle attese dei giovani e delle loro famiglie;
instaurare un’alleanza profonda tra imprese e un territorio, quello meridionale, che non va saccheggiato ma valorizzato nelle sue tante risorse;

– mettere in atto un’offerta formativa in grado di preparare i giovani rispetto a profili artigianali, tecnici e professionali sempre più richiesti ma a cui non corrisponde una sufficiente offerta;

– predisporre un sistema di orientamento che aiuti le scelte di istruzione delle ragazze e dei ragazzi;

– fornire un’assistenza efficace nella transizione scuola lavoro;

– realizzare un uso corretto, evitandone gli abusi e le distorsioni, degli strumenti oggi a disposizione: stage, tirocini formativi e apprendistato per il quale di recente è stata varata una nuova normativa che, auspichiamo, possa far venir fuori tante occasioni lavorative;

– intervenire, per correggerle, sulle circolarità viziose oggi in atto: chi è disoccupato ha in generale meno opportunità; la disoccupazione genera dequalificazione; la disoccupazione determina demotivazione;

– attivare, quindi, canali per allagare le opportunità di “farsi vedere e conoscere” per i giovani senza lavoro del Mezzogiorno;

– alimentare, nelle risposte ai problemi, una logica di sussidiarietà multistakeholder: collaborazione tra istituzioni pubbliche, organizzazioni del terzo settore, famiglie, fondazioni bancarie, soggetti economici profit.

 

Pur essendo consapevoli che non sarà semplice, siamo fermamente convinti che è possibile riaprire le porte del lavoro ai giovani, soprattutto a quelli del Sud. I giovani, però, non devono aspettare, né sentirsi oggetti di politiche più o meno avvedute ma cittadini a tutto tondo capaci di protagonismo nella definizione delle scelte che riguarderanno il futuro del Mezzogiorno e del nostro paese. E, soprattutto, deve crescere una solidarietà tra i giovani stessi oltre quella tra le generazioni.

 

 

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