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La lettera della Rete Sociale: “In ricordo di Mafalda, una mamma guerriera”

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“Ieri c’è stato il funerale di Mafalda Siano. I giornali non ne hanno parlato perché pochi sanno chi è. Eppure la sua è una storia che vale la pena far conoscere. Almeno per alimentare la speranza di quanti combattono per ottenere una cura giusta e dignitosa per chi è affetto da disagio psichico: perché Mafalda è il simbolo delle donne povere, in lotta per chiedere attenzione e giustizia per i propri familiari. Se suo figlio Alfredo, infatti, fu tra i primi ad ottenere un Progetto Terapeutico Riabilitativo Individualizzato (PTRI) grazie al quale oggi è salvo, lo si deve a questa piccola ed esile guerriera che andava avanti indomita a parlare con psichiatri e amici, chiamandoli anche decine di volte al giorno. E poiché spesso riceveva risposte frettolose o inadeguate, un giorno scrisse una lettera alla nostra associazione – quella con cui l’ho conosciuta – ponendo l’interrogativo di sempre: perché è così difficile dare ad una persona con disagio mentale la cura giusta nel posto giusto, senza spostarla “come un pacco” da una “casa-di-cura-manicomio” all’altra?

“Carissima Serena Romano – scriveva Mafalda su un foglio da quaderno di terza elementare con calligrafia esile e sbilenca come lei – chiedo il tuo aiuto perché mio figlio sta male. E’ stato ricoverato al C.I.M. di Benevento per 8 giorni dove gli hanno fatto sempre la stessa terapia; poi è andato a Villa… per altri 8 giorni; successivamente è stato spostato come un pacco a Villa…. dove gli hanno dato 20 giorni di ricovero. Ma Alfredo sta male, mentre quando è stato nella struttura di Chianche, stava bene. Quando lo vedo trema e vuole tornare nella Casa di Chianche. Cara Serena, perché mio figlio è stato mandato in altre strutture dove lo hanno rovinato? e perché non lo hanno rimandato a Chianche dove stava bene? Alfredo oggi fuma 80 sigarette al giorno, fumando anche per tutta la notte e io non ho i soldi per comprargliele. A Chianche gli operatori erano riusciti pure a fargli fumare 20 sigarette al giorno. Chiedo di essere aiutata e sostenuta dalla Rete Sociale….”

In questa lucida richiesta sta tutto il senso della battaglia avviata dalla Rete Sociale con la Caritas, le associazioni e cooperative senza scopo di lucro e quanti credono nella necessità di strappare le persone con disagio psichico dal giro delle onerose e inutili “pseudo cure”, per dare loro un vero inserimento sociale attraverso Progetti “a misura di paziente”. Se Alfredo, dunque, ha ottenuto un PTRI, lo deve alla sua “mamma guerriera” che ha combattuto con forza, sempre con il sorriso sulle labbra: anche quando le staccarono in modo indegno l’indennità di accompagnamento per Alfredo con cui la famiglia tirava avanti…. Forse a molti Mafalda sembrava la vedova importuna di cui parla il Vangelo che chiede ed ottiene ascolto dal giudice solo per la sua insistenza: che poi è vera fede.

Oggi Alfredo vive sereno nella Fattoria Sociale Villa Mancini, donata da Clara Mancini alla Diocesi di Benevento. E tocca a noi, come comunità solidale, continuare l’opera di Mafalda sorvegliando sul suo futuro e realizzando il progetto avviato quando era viva: per Alfredo e altri come lui è pronta una casetta a Foglianise regalata dallo psicologo Angelo Possemato alle persone disabili, attraverso la rete della Caritas Diocesana. Un luogo accogliente per “il dopo di noi” denominato “Casa Teresa” in nome di sua madre.

Certo, non ci saranno strade intitolate a Mafalda. Ma queste poche righe forse lasceranno un angolo dedicato a lei nella nostra memoria: una fiammella che alimenta la speranza”. (Serena Romano, presidente Rete Sociale onlus)

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