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Crisi agricola nel Sannio, De Leonardis: “Senza interventi urgenti, rischiamo di assistere a collasso di diverse aziende del settore primario”

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Nel cuore del Sannio, il comparto agricolo è alle corde. A lanciare un accorato grido d’allarme è Nicola De Leonardis, presidente regionale di Confcooperative FedAgriPesca Campania e Presidente della cooperativa zootecnica Terramadre, che descrive per moltissime aziende una realtà al limite del collasso.

“Stiamo assistendo a un progressivo impoverimento di molte aziende agricole: quasi la metà di quelle attive nella cerealicoltura e nell’allevamento è al limite della sostenibilità”.


Le cause della crisi sono molteplici, ma una in particolare spicca su tutte: la ridotta dimensione delle imprese agricole, in particolare nei territori del Fortore, dell’Alto Tammaro e del Medio Calore. Si tratta per lo più di aziende a conduzione familiare, costrette a fronteggiare l’aumento esorbitante dei costi di gestione e un mercato che non sempre riconosce il giusto valore al loro raccolto e alle loro produzioni.

A questo si aggiunge la situazione di quelle imprese schiacciate dal peso di mutui e prestiti, ormai incapaci di sostenere i crescenti costi di produzione.

«Senza i premi comunitari della PAC – avverte De Leonardis – molte avrebbero già chiuso i battenti. Se l’Unione Europea dovesse ridurre i sostegni, sarebbe un colpo mortale».

A parità di superficie, le piccole e medie aziende specializzate in colture arboree, come vigneti e oliveti, riescono – pur tra molte difficoltà – a resistere meglio all’impatto. Al contrario, per le aziende dedicate alle coltivazioni a seminativo e all’allevamento di bestiame, la situazione appare ben più critica. Gli allevamenti, spesso costituiti da pochi capi, non producono ricavi sufficienti per sostenere investimenti e adeguamenti strutturali. «Senza incentivi pubblici – spiega – sarà impossibile conformarsi alle nuove normative europee in materia di benessere animale e standard igienico-sanitari. Questo comporterà la chiusura di molte stalle e la perdita di un importante patrimonio zootecnico locale.»

A gravare ulteriormente sul settore, una cronica carenza infrastrutturale. “L’assenza di collegamenti efficienti – sottolinea De Leonardis – incide pesantemente sulla competitività e sui costi di gestione.” Anche il problema dell’irrigazione è cruciale: vaste aree del Tammaro e del Calore restano inutilizzate o sottosfruttate a causa della scarsa qualità delle acque.
La proposta è chiara: “Servono investimenti in depuratori comunali, invasi e bacini idrici, per immagazzinare e migliorare la qualità delle risorse e favorire la diversificazione produttiva. Solo così si potrà introdurre una reale riconversione e una valida rotazione colturale, elementi chiave per la sostenibilità economica.”

Oltre alle difficoltà materiali, De Leonardis denuncia un limite culturale che frena lo sviluppo del settore: la scarsa propensione alla cooperazione.

“Negli anni ’60 e ’70 fu proprio lo spirito collettivo a far decollare la viticoltura e il tabacco. Come negli inizi del 2000 la crisi della “mucca pazza” stimolò l’aggregazione per cogliere mercati nuovi alle carni sannite. Oggi, l’individualismo è un ostacolo che non possiamo più permetterci. Senza una visione comune, rischiamo di lasciare sole a se stesse troppe aziende agricole.”

De Leonardis chiude con un appello forte e chiaro: “Occorre un piano d’intervento per il nostro agroalimentare. Senza un’iniziativa concordata e strutturata tra produttori e Istituzioni, rischiamo di perdere non solo una parte del nostro comparto produttivo, ma anche un pezzo di identità culturale e territoriale del nostro Sannio.”

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