POLITICA
Il treno del futuro fa acqua
Il 2024 è stato un anno complicato per la Campania e per le nostre aree interne. Ma è stato anche un anno salvifico, perché abbiamo smesso di credere in una narrazione tanto mendace quanto rassicurante che ci ha accompagnato per almeno due lustri
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I giorni a cavallo tra un anno e l’altro sono sempre giorni di bilancio. E questo 2024, per la Campania, è stato un anno come sempre complicato, è stato l’anno dell’emergenza bradisismo nell’area flegrea, l’anno nel quale abbiamo cominciato a misurare le conseguenze devastanti della turistificazione della città di Napoli, l’anno dell’emergenza idrica nelle aree interne, l’anno della crisi dell’automotive, un anno segnato da un’esplosione di violenza senza precedenti, slegata dalle consuete logiche criminali, che ha portato alla morte di tanti, troppi giovanissimi, l’anno del presunto modello Caivano. Un anno lungo e velocissimo, un anno difficile. Come sempre.
In punto politico il 2024 è stato l’anno di De Luca contro tutti, l’anno in cui si è consumato uno scontro sanguinosissimo sul terzo mandato del governatore, uno scontro ben lontano dal trovare il suo epilogo. È stato l’anno della battaglia contro l’autonomia differenziata, l’anno della pantomima sui fondi di coesione, l’anno in cui i fatti hanno consumato la propria implacabile vendetta sulla retorica deluchiana, report dopo report, dalla sanità ai trasporti sino al lavoro.
Ma è stato anche l’anno delle inchieste che hanno minato le fondamenta del sistema di potere regionale, l’anno in cui è andata consolidandosi la leadership di Gaetano Manfredi, sintesi vincente dell’unico centrosinistra possibile, quello che non concede margini alle ambizioni dello Sceriffo, l’anno in cui il centrodestra di governo ha misurato la propria debolezza, persino la propria impotenza sui territori.
Un anno passato che ci dice molto di quello che verrà, un anno, per quel che riguarda le aree interne, il Sannio e l’Irpinia, che non restituisce speranze nuove, ma sicuramente una maggiore consapevolezza di ciò che questi territori sono in questo tempo. È stato, come detto, l’anno della crisi idrica permanente nelle terre dell’acqua, una crisi per certi versi salvifica, grazie alla quale siamo usciti dal torpore che ci accompagnava da almeno due lustri, in ossequio ad una narrazione rassicurante quanto mendace secondo cui sarebbe bastato il treno, tutt’al più qualche container, a riportare questi territori nella modernità. La consapevolezza, d’altro canto, è il presupposto di ogni soluzione, ovvero di ogni ragionevole resa al cospetto di un futuro già scritto e compiuto.