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CULTURA

Il pranzo per Ciampi, la Montalcini, il catering al San Carlo. Pascalucci si racconta: “Gli inizi? Un ristoro per cavalli e contadini”

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Cento anni fa lungo il tratto dell’Appia che collega San Giorgio del Sannio e Benevento di automobili ne passavano poche, sempre se ne passavano. Il mezzo di trasporto più utilizzato non aveva le quattro ruote me quattro zampe. E proprio per dar ristoro ai cavalli e ai loro cavalieri – contadini nella stragrande maggioranza dei casi – in una casa di campagna una coppia del luogo decise di organizzarsi, trasformando la propria abitazione in una sorta di area sosta. E’ il 1927. “Un po’ di roba casereccia, qualche panino, un bicchiere di vino. E l’acqua per i cavalli”. Funzionava. E così Pasquale e Alessandrina si convinsero del grande passo: la trattoria. Non potevano neanche immaginare cosa sarebbe accaduto nei decenni successivi. Perché quel luogo nel tempo è diventato IL ristorante. Con il determinativo. Dove lo porti l’amico importante? Dove è andato a mangiare Totti? Chi ha preparato il catering per il Presidente della Repubblica ? La risposta è sempre la stessa: Pascalucci. “Io ci sono entrato che avevo 9 o 10 anni. Per lavorarci, intendo. Perché nel ristorante ci sono proprio cresciuto, abitando al piano superiore. Ora di anni ne ho sessanta” – racconta Pasquale Ucci.

Però si va avanti

“Questo è un lavoro che fai se ce l’hai dentro. Dopo tutto questo tempo non è per i soldi che si va avanti ma per il piacere di farlo. Mia moglie mi prende anche in giro per questo, dice che sono troppo sensibile ai complimenti. Ma è così: mi rende felice sapere che un cliente ha apprezzato”.

I primi ricordi che hai del ristorante?

“Ricordo il lavoro da matti, il via vai delle persone. I profumi del sugo, le carni. Mia madre e le mie zie in cucina. La nostra è sempre stata una gestione prettamente familiare. Lo è tuttora. Poi abbiamo anche dei collaboratori, ovviamente”.

Ha funzionato

“La differenza la fa l’esperienza centenaria. E poi la passione. Senza è inutile cominciare. Perché qui si lavora dalla mattina fino alla notte. Non esistono feste. E’ una vita di sacrifici. Ma anche di soddisfazioni”.

Quella più grande?

“Tanti premi ricevuti, diverse citazioni. Ma la prima cosa che mi viene in mente è un ricordo di venti anni fa: la visita a Benevento, nel 2002, del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Organizzammo il catering in Prefettura. Il presidente volle conoscerci, per complimentarsi: “Lo facciamo Cavaliere del Lavoro” – disse al Prefetto. E così è stato: nominato Cavaliere del Lavoro. Come mio nonno”.

Cosa preparaste? Lo ricorda?

“Antipasto con bufala e culatello del Sannio, scarponcino di melanzane, fusillo fatto in casa con ragù e arista di maialino nero casertano”.

Ciampi non è stato l’unico Capo di Stato ad assaporare la cucina di Pascalucci

“No, per Napolitano abbiamo cucinato tre volte. Ma a Napoli. Ecco, se parliamo di soddisfazioni, non posso non citare il San Carlo: per anni abbiamo gestito il catering del Teatro. Una esperienza meravigliosa, indimenticabile. E che ci ha aperto le porte di una realtà bellissima: matrimoni a Capri, Sorrento, sulla Costiera. Proprio lo scorso 30 settembre abbiamo lavorato per una cerimonia a Positano, sulla spiaggia grande”.

Un impegno importante anche dal punto di vista logistico

“A Capri c’era un’azienda che veniva a ritirare la roba e poi con dei carrellini trasportava il tutto fino alla villa, posta proprio in cima. Ma anche a Benevento ricordo catering complicati: ai giardini della Provincia ne organizzammo uno da mille persone. E poi quelli al ristorante: uno ero ancora bambino, ti parlo di 45 anni fa. Il giorno di San Pietro e Paolo: 500 persone e il ristorante ancora non era stato ampliato. E allora mio nonno fece sgombrare casa per allestire le altre sale. E poi di notte a rimontare e sistemare”.

D’altronde qui siete conosciuti come il ristorante dei Vip: non basta una parete a contenere tutti i ricordi

“E’ una storia cominciata quando ero ancora un bambino. Ricordo i pranzi organizzati dal questore, dal prefetto. E così in tanti, trovandosi a ospitare autorità o personalità importanti, hanno iniziato a portarli qui. E ora abbiamo tanti ricordi piacevoli”.

L’incontro che proprio non può dimenticare?

“Rita Levi-Montalcini. Per due volte abbiamo cucinato per lei, una proprio qui al ristorante. Una persona eccezionale, di una umiltà incredibile. Volle regalarmi un libro, con dedica. Lo conservo come uno dei ricordi più cari”.

Qualche richiesta che non si aspettava, che le ha creato delle difficoltà?

“Dobbiamo tornare alla visita di Ciampi. Volevamo portare dei distillati, dei liquori, degli amari. Ci assicurarono che non serviva: “Non prendono niente dopo il pranzo”.

E invece?

“E invece la signora Ciampi ci chiese un Averna. Riuscimmo a recuperarlo nella dispensa della Prefettura. Il problema è che voleva anche del ghiaccio: “Che ghiaccio avete? Vorrei del ghiaccio Uliveto”. Diciamo che alla fine riuscimmo a risolvere in qualche modo”

Per restare in tema vip: poi come è finita con Inzaghi?

“Lo scherzo de ‘Le Iene’? Quanto si arrabbiò! Con noi e con Angela, sua moglie. La storia del pesce avvelenato lo avevo spaventato tantissimo. E comunque noi c’entravamo poco. Fummo colti di sorpresa. Ricordo che era di domenica ed eravamo a pranzo: arrivarono queste cinque persone tutte vestite in scuro, con borse e valigie. “E mo questi chi sono?” – ci domandammo. “Il signor Pasquale? Possiamo allontanarci un attimo, che dobbiamo parlare?”.

Torniamo alla cucina: la qualità è il vostro tratto distintivo, ma c’è qualche piatto che vi rappresenta meglio di altri?

“Ti cito i classici: scarponcino di melanzane, scarpariello, minestra maritata e la tagliatella Manfredi, con la ricetta di mia nonna e dunque ragù di maiale, tracchiolelle e ricotta di pecora”.

C’è un altro aspetto, però, che vi ha reso un riferimento assoluto per il territorio: le vostre serate, a cominciare da quelle del 31 dicembre

“Un’altra idea di mio padre. Fu lui a ristrutturare il ristorante, ad ampliarlo. E volle uno spazio dedicato al piano bar. A Benevento non ne esistevano. Aperti dal giovedì alla domenica: cocktail e musica live. Serate indimenticabili. Ricordo un 31 dicembre con Ornella Vanoni. E ancora Franco Califano, i Pooh, Peppino Di Capri,  Carosone. Serate incredibili. E poi le cene spettacolo, Pippo Baudo. Ora mio figlio Ennio ha rilanciato ‘La Perla’. Dj set, musica: sta andando bene e ne sono contento. Ma quei tempi non tornano, tutt’altra gente, tutto un altro clima”

Quando è cominciato a cambiare qualcosa?

“Dopo l’entrata in vigore dell’Euro. Non subito: anzi i primi tempi sembrava le cose potessero andare per il meglio. E invece no. E si è fatta più difficile. Soprattutto per chi vuole continuare a offrire qualità al cliente”.

Benevento, però, non vi ha mai abbandonato

“No, mai. La cosa più bella è questa: i clienti di oggi sono i nipoti dei clienti di ieri. Mi piacerebbe continuasse a essere così”.

 

 

 

 

 

 

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