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Opinioni

La deluchizzazione del partito di Mara Carfagna e la saggezza di Clemente Mastella

Il congelamento dei congressi territoriali di Azione in Campania, per presunti brogli nel tesseramento partenopeo, non può meravigliare. Il partito rappresenta un approdo estremamente ambito, sia in ragione dell’agonia irreversibile di Italia Viva che della guerra tra il governatore e il Nazareno. Meraviglia, piuttosto, la decisione della Commissione nazionale di salvare Avellino e di bloccare tutte le assisi, non solo a Napoli. Un commissariamento preventivo per scongiurare un epilogo già scritto e molto poco gradito. Scontato, invece, l’immobilismo del sindaco di Benevento

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In tutta la Campania, fatta salva la provincia di Avellino, i congressi territoriali di Azione sono stati congelati. Lo ha deciso la commissione nazionale sulla base delle segnalazioni di Piero Sabbarese, membro della direzione nazionale del partito e candidato a Napoli per la segreteria provinciale, e di Marco Plutino, docente di Diritto Pubblico, tra i primi a lasciare il Pd per aderire al progetto terzopolista, oggi riferimento di Azione.

Segnalazioni che denunciano anomalie nelle procedure di tesseramento, mail di certificazione delle iscrizioni indirizzate a cittadini ignari, ovvero mail inventate segnate all’anagrafe: «Io stesso – ha affermato Sabbarese ai taccuini di Orticalab – sono stato contattato da parte di persone che nonostante non si fossero iscritte ad Azione ricevevano mail come tesserati. A qualcuno sono state recapitate ricevute di pagamento della tessera senza averla mai fatta».
Nulla di cui ci si possa stupire, perché è del tutto evidente che oggi, soprattutto in Campania, Azione rappresenta un ambito approdo per molti, tanto in ragione delle trasformazioni intervenute sul piano politico nazionale, con la virata solitaria di Renzi e la rigenerazione del progetto terzopolista, tanto in ragione della guerra in essere tra il governatore De Luca e il suo partito.

Banale considerare che oggi Italia Viva è un partito in via di estinzione ma che in Campania, fino a prova contraria, può contare su di una folta ed agguerrita pattuglia in Consiglio regionale, su di un considerevole numero di sindaci ed amministratori. Da queste parti il partito è stato plasmato e costruito dal governatore, che alla vigilia delle ultime regionali compose personalmente le liste renziane, provincia per provincia, piazzando riferimenti irrinunciabili alla ricerca di una collocazione. È del tutto evidente che oggi quei riferimenti, quei consiglieri regionali, terminali di sindaci e amministratori, depositari di un cospicuo consenso sui territori, hanno tutto l’interesse a ricercare una nuova prospettiva, una nuova casa in vista delle regionali che verranno. Azione è la scelta più ovvia.

In questa prospettiva avrebbero interesse a muoversi anche pezzi di apparato direttamente riconducibili a Palazzo Santa Lucia, in ragione delle incognite che gravano sul futuro del governatore: consiglieri regionali, sindaci e amministratori senza tessera di partito, eletti e candidati nelle liste del Presidente, riferimenti che rispondono solo ed esclusivamente a Salerno, il cosiddetto partito di Nello Mastursi, mandati dal capo a presidiare la nuova formazione centrista per poterne orientare le scelte al momento opportuno. Vuoi per assumere la funzione esercitata in questi anni da Italia Viva, nell’ambito di un centrosinistra ancora raccolto attorno a De Luca, vuoi per spaccare l’asse con il Pd nel momento in cui il veto sul terzo mandato dovesse essere confermato e il governatore dovesse decidere di correre in solitaria, contro tutto e tutti.

Ma è del tutto evidente che in Campania Azione è soprattutto il partito degli ex forzisti, in primis di Mara Carfagna e dei suoi, ma anche, perché no, dei vecchi apparati che nel corso di questi dieci anni sono stati traditi ed abbandonati tra le macerie, ovvero sedotti da De Luca, inglobati nel suo sistema di potere, e oggi sono alla ricerca di una collocazione riconoscibile anche sul piano nazionale.

Nulla di cui ci si possa meravigliare, dunque. Che si sarebbero mossi gli apparati, che il congresso di Azione avrebbe rappresentato una imperdibile opportunità per consorterie e notabilati alla ricerca di nuove prospettive era scritto. Meraviglia, però, che sulla base di sole due segnalazioni, per di più fatte da riferimenti chiaramente riconducibili all’area Carfagna ed esclusivamente relativi a Napoli, la commissione nazionale abbia deciso di congelare tutti i congressi territoriali al netto di quello della provincia di Avellino, dove a conti fatti il tesseramento ha premiato l’ex Presidente della Provincia, Mimmo Gambacorta, uomo vicinissimo proprio alla ex Ministra per la Coesione Territoriale del governo Draghi.
A prescindere dal merito delle segnalazioni, dalle presunte irregolarità denunciate, la sensazione è che Roma abbia deciso di far saltare il tavolo, di cogliere l’occasione per congelare una contesa che avrebbe restituito equilibri poco graditi, molto probabilmente troppo favorevoli al governatore e ai suoi uomini, in primis a quelli che si muovono sotto le insegne di Azione, fuori e dentro il Palazzo, da tempo.

Una sorta di commissariamento preventivo del partito per evitare la deluchizzazione del partito di Mara Carfagna. Un rischio tutt’altro che imprevedibile, un rischio che Clemente Mastella, sulla carta il più interessato ad incidere sul percorso costituente di Azione in vista delle regionali, ha evidentemente previsto, rimanendo al suo posto, in attesa del tempo delle scelte definitive. Che non è questo.

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