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Città Spettacolo, Alessio Masone: “Gli spettacoli popolari stanno al supermercato come il teatro sta al Carrefour”

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Riceviamo e pubblichiamo la riflessione del libraio Alessio Masone su Città Spettacolo e sulle polemiche che hanno accompagnato il programma e lo spot di presentazione del festival.
“Molte polemiche per il video promo di Città Spettacolo 2017 girato all’interno di un supermercato in quanto la rassegna è destinata all’intera popolazione. Sicuramente qui non si configura una comunicazione responsabile, agevolando consumi poco etici, ma è ancora più preoccupante che le critiche sulla scelta scenografica del video vengano dai sostenitori di una Città Spettacolo che sia più impegnata ed elitaria.

Non risulta affatto che i fruitori di eventi colti poi evitino la grande distribuzione: semmai i fruitori di jazz e teatro, nel quotidiano, fruiscono, non dei supermercati noti per il risparmio, ma del Carrefour, “teatro” colto ed elitario dei consumi irresponsabili. Gli attivisti dell’economia solidale, p’artigiani che contrastano i consumi seriali e delegati a danno del territorio e dell’ambiente, sono tolleranti con i consumatori che si rivolgono alla grande distribuzione se spinti dal risparmio monetario, viste le ristrettezze economiche a cui sono costretti. Ma non si può essere comprensivi con chi, da benestante, frequenta il comparto elitario dei consumi e delle fruizioni: Carrefour, teatri, musei, musica colta (ma anche librerie di catena e online).

Ogni epoca è caratterizzata dalle sue emergenze e dalla rivoluzione culturale che ne consegue. Non si può definire culturale quell’attività che poi non produce cambiamento, risultando complice di una crisi economica e climatica che colpisce il cittadino medio e i territori: spettacolo popolare o colto, resta solo intrattenimento se non mette in discussione il fruitore e il sistema. E’ come parlare di sesso degli angeli mentre i turchi sono alle porte. Non mi risulta che il cantante Enzo Savastano, per i suoi concerti, eviti i luoghi che non utilizzano i bicchieri monouso in plastica (sostituendoli con quelli di cellulosa, cosiddetti di carta): ogni suo concerto forse resta intrattenimento fine a sé stesso, se è complice del cambiamento climatico.

Se il modello di sviluppo che viviamo è collassato, la responsabilità è della classe dirigente e intellettuale, quella della cultura elitaria. Anzi ogni volta che ci esprimiamo a favore di artisti elitari stiamo diffondendo, come costo occulto in termini esperienziali, competizione ed esclusione, quelle stesse attitudini che ricadono sui migranti, sugli individui svantaggiati e anche sui piccoli esercizi commerciali che, se sopravvivessero, genererebbero economia territoriale e felicità diffusa.
Paradossalmente, se parliamo di stile di azione culturale, ci tocca ipotizzare che sia alquanto sostenibile lo stile di Renato Giordano (e dell’assessorato) nella progettazione della Città Spettacolo. Con i rivolgimenti globali in corso abbiamo perso ogni coordinata: necessitiamo di nuovi parametri a cui appellarci evitando pregiudizi e approcci di parte.

In base ai parametri del “PoeCivismo, stili di azione culturale responsabili” (vedi il libro di Carmela Longo, “Avere a cuore il mondo. Prendersi cura di sé, degli altri, del bene comune”, edizioni La Meridiana, 2013), bisogna ammettere che la Città Spettacolo del 2017, nei confronti di altre rassegne calata dall’alto, sia avanti in termini di inclusione, di incentivo all’economia territoriale, di felicità diffusa, di sostenibilità ambientale.

Mentre gli intellettuali sanniti sono ancora fermi alla qualità del contenuto, bisognerebbe puntare ai metodi, agli stili con cui si veicolano i contenuti: in termini di cambiamento, il fruitore di un’opera recepisce soprattutto “l’esperienza” tramite cui si interfaccia ad essa. Si parla di “turismo esperienziale”: visto il tema devo specificare che non si tratta di un mio neologismo ma di un recente articolo de “L’inkiesta (Filosofia, borghi abbandonati e programmi d’autore: ecco la guida all’estate dei festival impegnati). L’articolo prende in considerazione le manifestazioni culturali delle aree interne dove il fruitore è più attivo ed è coinvolto nell’utilizzo di stoviglie biodegradabili visto che la plastica monouso è qui bandita.

Tornando a Benevento e alla sua rassegna, Giordano è avanti in quattro punti, secondo i parametri del PoeCivismo. Primo. Il suo metodo è inclusivo dei gusti dell’intera popolazione nella scelta degli spettacoli. Secondo. Rende centrale il cibo e l’indotto economico a favore degli esercenti locali: questo è atto politico, una scelta culturale forte, stante l’attuale crisi economica. Sulle sovranità alimentari, sulla responsabile filiera agroalimentare e sull’economia fisica (territoriale) si combatte il terzo  conflitto globale: noi siamo in guerra per opporre resistenza al nazismo economico che ci sta portando in un genocidio silenzioso perché  attuato con armi finanziarie, non con le armi convenzionali.

Terzo. L’inclusione economica del vicino di casa (i piccoli esercenti) e l’aggregazione, che scaturiscono dal comparto cibo, innescano coesione territoriale e felicità diffusa. Quello che appare volgare agli intellettuali, è il cibo che rende centrale la figura del fruitore a scapito dell’artista. Questo nuovo baricentro tra fruitore e opera è sintomatico della rivoluzione culturale del XXI secolo, un’esperienzialità diffusa che si fenomenizza come cittadinanza artistica ed economica non delegata.

Quarto. Almeno nell’edizione 2016 di Città Spettacolo, gli esercizi commerciali coinvolti durante la rassegna erano tenuti (almeno in teoria) a utilizzare bicchieri e piatti di carta, quindi biodegradabili. Certo, se si vogliono approfondire i fermenti che stanno portando verso una riformulazione dei metodi degli eventi culturali, si frequentino a Benevento le attività dal basso proposte dal GASb Arcobaleno, Circolo Bukó, Janara Squat, Lerka Minerka e Banda del Bukó”.

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