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Frana la strada vicino la discarica di Sant’Arcangelo Trimonte
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Sant’Arcangelo Trimonte, contrada Nocecchie, in provincia di Benevento. Questa volta al centro della nostra attenzione non sono solo i rifiuti sversati copiosamente in una discaricata costruita, su un versante collinare, per “ospitare” circa 750mila tonnellate di immondizia, ma lo stato dell’impianto e in particolare delle zone limitrofe all’invaso. Nel reportage fotografico che vi mostriamo si possono vedere chiaramente i danni provocati anche delle forti piogge degli scorsi mesi.
La strada che costeggia la discarica regionale e che da contrada Nocecchie porta al centro del paese è franata. Spezzata a metà, collassata. Ad inibire il transito della auto in questa strada solo un cartello di divieto di accesso, che però non comunica bene il grave pericolo che rischia di correre, percorrendo questa via, un automobilista incauto. A meno che non si voglia interpretare come una comunicazione di pericolo il cartello posizionato sotto il divieto di accesso, che riporta la scritta “pronto soccorso”. Bando all’ironia, vista la gravità della situazione, manca all’inizio della strada una transenna, un cartello idoneo a segnalare la strada impercorribile e ogni altra precauzione per salvaguardare l’incolumità dei passanti.
Intanto la frana di quella strada è segno tangibile, l’ennesimo, del dissesto idrogeologico della zona. Per cercare di mettere una pezza alla sciagurata idea di costruire un invaso di quelle dimensioni sul versante di una collina in dissesto, si sta proseguendo con la costruzione delle palificate di ferro e cemento, per un costo di svariati milioni di euro. L’obiettivo è quello di evitare che tutto frani e che tonnellate di rifiuti e veleni scendano a valle, dove scorre un torrente, affluente del fiume Calore.
Proprio per cercare di tamponare i danni all’ambiente e il rischio per la salute pubblica, nel marzo del 2011 la Forestale appose i sigilli di sequestro alla discarica. Sequestro ancora in corso, scaturito dalle indagini che hanno portato alla luce l’inquinamento causato dall’illecito smaltimento del percolato, il pericolo di frana e il rischio di disastro ambientale.
La discarica è arrivata a saturazione dopo pochi anni dalla sua apertura, avvenuta nel 2008. L’unica vasca però del sito ancora non coperta, come si può vedere, è il lotto numero tre. I rifiuti sono ricoperti solo da terra e la puzza continua ad ammorbare l’aria.
Fuori dal perimetro della discarica rifiuti dei lavori e terreno convivono in una forzata armonia. E poi ci sono sempre le due vecchie discariche, quella comunale e quella consortile, in attesa di una bonifica che sembra essere destinata a non arrivare mai. Cosa c’è sepolto, in particolare nelle discarica gestita in passato dalla Fibe? Con certezza i cittadini non lo sanno. Di certo si sa solo che i due siti sono sotto sequestro della magistratura da anni e che, a differenza da quanto previsto dal progetto per la realizzazione della discarica regionale, la bonifica dei due vecchi invasi non porterà alla rimozione dei rifiuti, ma saranno solo ingabbiati e lasciati lì per sempre.
In attesa della bonifica, che al momento ancora non parte, le vecchie discariche sembrano avere ancora un’utilità: ad esempio come deposito di materiale con cui sfidare, ancora una volta, le leggi di Madre Natura.
Erika Farese