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Opinioni

Nella terra dei veleni e dei rifiuti tossici fare il contadino non è “figo”

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Fare gli agricoltori in Campania non è “figo” per niente. Forse giocare al piccolo contadino con forca e stivaloni che fanno tanto vecchia fattoria può essere divertente. Per 15 minuti. Forse anche una mezz’ora. Ma per chi si sveglia alle 5 della mattina, tutti i santi giorni, per andare a lavorare nei campi, con sudore della fronte, il dolore nelle braccia, non c’è nulla di “figo”. Alla fatica fisica che il lavoro nei campi comporta, si unisce poi una ferita difficilmente sanabile nel cuore dell’agricoltura in Campania.

Ieri dalle pagine di “Chi” il ministro all’Agricoltura del governo Letta, la sannita Nunzia De Girolamo, in una foto esplicativa che la ritraeva in una fattoria di bufale a Casal di Principe, commentò: “Fare il contadino è figo”. Parole pronunciate sicuramente in buona fede, che condividiamo nell’ottica in cui volessero sottintendere che il lavoro dell’agricoltore deve affrancarsi dal comune sentire che lo relega a qualcosa di poco edificante, agli ultimi posti della scala sociale, rasente la vergogna. In questo senso si, il lavoro dell’agricoltore deve recuperare la dignità perduta. I contadini devono essere fieri del loro lavoro e la società dirgli anche grazie.

Eppure quel “figo”, pronunciato in quella terra, suona come uno sfottò.

Da Casal di Principe, dove il Ministro è stata in visita, percorrendo 18 chilometri si arriva a Caivano, provincia di Napoli, dove c’è l’”anticamera dell’inferno”, come è stata definita dal Comandate della Forestale l’area di 7 ettari sequestrata ieri. La terra che mostrava alla vista rigogliosi broccoli e cavoli, nascondeva fino a 4 metri di profondità veleni nel suo ventre. Sotto il campo coltivato erano stati occultati rifiuti tossici, che hanno sciolto anche i guanti di gomma degli uomini della forestale, fusti di scarti industriali che vomitavano “presumibilmente un misto tra solventi e colle di derivazione industriale altamente tossiche, dall’odore inconfondibile e molto forte”. Tra i solventi tossici e gli scarti nascosti in quella che una volta era la terra più fertile d’Italia, anche tantissimo amianto.

Le radici delle coltivazioni affondavano proprio nei rifiuti tossici. Uno dei fusti ritrovati poi era praticamente appoggiato alla falda acquifera. Acqua con cui vengono irrorati i campi coltivati della zona. Il contadino sapeva di lavorare in quelle condizioni? Chi ha comprato quei broccoli sapeva che erano pieni di veleni? Domande dalla risposta forse scontata.

La Campania dei veleni, ci dicono le inchieste della magistratura, è piena, purtroppo, di queste drammatiche situazioni: di rifiuti tossici occultati nei campi coltivati, oppure di fanghi di depurazione, provenienti anche dall’Ucraina, smaltiti illegamente nei terreni o peggio venduti ai contadini come compost. Penso all’inchiesta Cernobyl, condotta dal PM della procura di Santa Maria Donato Ceglie, che ha interessato anche il Sannio, precisamente Ceppaloni. Riversate nell’ambiente, senza alcun trattamento, tonnellate di sostanze altamente cancerogene spacciate per compost. Perfino liquami derivanti dalle fosse settiche delle navi in transito nel Porto di Napoli o materiali tossici di risulta degli ospedali. 

Una delle terre più fertili d’Italia, la Campania Felix, è stata distrutta da criminali senza scrupoli, ma soprattutto ignoranti, che a prezzi “competitivi”, si offrono di smaltire rifiuti speciali nei campi. Spesso nelle stesse terre dove vivono. Come quel boss impegnato nel traffico illecito di rifiuti che a chi gli chiedeva: non ha paura di mettere a rischio anche la sua salute? rispondeva: ma io bevo acqua in bottiglia. Oltre questi veleni industriali, ci sono poi i veleni di tutti i giorni, a cui spesso gli agricoltori si espongono, come i pesticidi.

Ecco, Ministro, perchè, soprattutto in Campania, soprattutto a Caivano, ma anche a Ceppaloni e nelle altre zone intrise di rifiuti tossici, il lavoro del contadino non può essere definito “figo”. In qualità di Ministro all’Agricoltura sarebbe opportuno un suo interessamento anche ai problemi dell’inquinamento delle nostre campagne, spingendo per la realizzazione delle necessarie bonifiche, anzi pretendendole.

Ecco, questo sarebbe “figo”!

Erika Farese

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