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Luigi Ruscello: ‘Dopo la sentenza della Corte Costituzionale sul Principato di Salerno rimane solo il Molisannio’
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Luigi Ruscello torna sulla questione del Molisannio all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale che nega la costituzione del Principato di Salerno. Si tratta di una decisione significativa anche per i beneventani in quanto ugualmente satà impossibile dare vita ai Due Principati, ossia l’unione di Benevento, Avellino e Salerno. Rimane in piedi così solo l’ipotesi del Molisannio.
"La Corte Costituzionale ha stroncato le aspirazioni dell’On. Cirielli tese alla costituzione della ventunesima regione italiana. Il Principato di Salerno, dunque, non si farà.
La Corte Costituzionale, infatti, contro ogni previsione e contro la stessa richiesta della Cassazione, con la sentenza n. 278 del 17 ottobre 2011, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352, sollevata dall’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, in riferimento all’art. 132, primo comma, della Costituzione, ed ha dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, secondo comma, nella parte in cui prevede che la richiesta debba essere, altresì, corredata delle deliberazioni «di tanti Consigli provinciali o di tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della Regione dalla quale è proposto il distacco delle Province o Comuni predetti».
Secondo la Corte, quindi, è pienamente legittimo prevedere il coinvolgimento delle popolazioni della restante parte della Regione originaria anche nella fase di iniziativa della procedura referendaria volta al distacco di determinati territori da una Regione ed alla creazione di una nuova Regione. Ciò significa che, per il Principato di Salerno, sarebbe stato necessario allegare alla richiesta di referendum anche il parere favorevole di tanti Comuni delle province di Avellino, Benevento, Napoli e Caserta rappresentanti almeno il 30 per cento degli abitanti.
Mi dispiace dirlo, ma la sentenza ha poco di giuridico e molto di “politico”. Sono convinto, infatti, che i costituzionalisti di professione criticheranno sicuramente la sentenza in più parti.
In questa sede mi preme evidenziare una motivazione che appare invero singolare e che giova riportare integralmente: «Non può, infatti, disconoscersi che, dovendo la nuova Regione, avere un numero minimo di abitanti non inferiore ad un milione di unità, lo scorporo da una o più preesistenti Regioni di una così ingente quantità di cittadini è destinato ad avere rilevanti conseguenze sul tessuto politico, sociale, economico ed amministrativo non della sola porzione di territorio che si distacca dalla Regione ma, inevitabilmente, anche su quello della residua parte di essa.
Basti osservare che, nel caso di creazione di una nuova Regione, non solo si porrebbe come necessaria la gravosa istituzione della completa struttura politico-amministrativa di quest’ultima, ma, certamente, si verificherebbe un sensibile ridimensionamento della analoga struttura della Regione “cedente” e, comunque, si avrebbero nuove o maggiori spese per la cui copertura potrebbero determinarsi effetti anche sulla popolazione non soggetta alla modifica .».
Sono valutazioni, queste, che mi sembra esulino fortemente dal diritto in senso stretto, oltre che ingiustificate. I Costituenti, infatti, posero un limite molto elevato di abitanti proprio per rendere più difficile, da un lato, la realizzazione di nuove regioni e, dall’altro, attribuire una congrua dimensione alla nuova entità. Si consideri che nel 1946 la popolazione italiana si attestava tra i 43 e i 44 milioni di abitanti.
L’assurdità dell’assunto della Corte è dimostrato d’altronde da una semplice constatazione. La provincia di Salerno, infatti, se volesse abbandonare la Campania lo potrebbe fare tranquillamente mediante la procedura prevista dal secondo comma dell’articolo 132 della Costituzione, ossia chiedendo il referendum per l’aggregazione alla Regione Basilicata.
In buona sostanza, ritengo che tale sentenza, mutuando quanto la stessa Corte scrisse nel 2004 a proposito della legge 352/70, si risolve nella frustrazione del diritto di autodeterminazione dell’autonomia locale, la cui affermazione e garanzia risulta invece tendenzialmente accentuata dalla riforma del 2001, come dimostrato ampiamente, tra l’altro, dall’inserimento del principio di sussidiarietà nell’articolo 118.
Ma che rilevanza ha per noi beneventani tale sentenza? Ebbene, essa è notevolissima, in quanto i sostenitori della regione dei Due Principati, ossia l’unione di Benevento, Avellino e Salerno, possono tranquillamente abbandonare ogni speranza. Infatti, già nella fase di richiesta di indizione del referendum è ora necessario che si esprimano favorevolmente tanti Comuni delle province di Napoli e Caserta che rappresentino almeno il 30 per cento dei rimanenti abitanti. Ciò significa che, secondo i dati al dicembre 2010, ci vogliono circa un milione e 332mila abitanti. Il che equivale a dire che non basterebbero tutti i Comuni della provincia di Caserta. Napoli, quindi, è e sarà sempre più “padrona”.
A questo punto, rimane in piedi solo l’ipotesi del Molisannio o della Regione Sannio, cioè dell’aggregazione della sola nostra Provincia al Molise, oppure anche di quella di Avellino.
Al riguardo, tuttavia, devo purtroppo constatare che poco o nulla si muove nel concreto.
A livello personale ho aderito a tutte le iniziative di cui ho avuto notizia in rete e, in particolare, partecipo attivamente alle iniziative del Comitato spontaneo “Salviamo il Sannio”, promosso dal Prof. Verga.
Da quanto mi risulta, è l’unico che fino ad ora ha organizzato manifestazioni pubbliche: Benevento, Pietrelcina, Cautano e San Bartolomeo in Galdo, ed altre ne ha in programma (martedì 25 a Montesarchio). Inoltre, sempre il Comitato ha sollecitato l’Amministrazione Provinciale, chiedendo anche di essere ricevuto.
Con ciò, non si vogliono certo accampare effimeri diritti di primogenitura. L’idea è così vecchia che preesiste alla stragrande maggioranza degli attuali sostenitori. Pertanto, si vuole solo spronare il maggior numero possibile di persone ad agire concretamente, da un lato, propagandando l’idea stessa, e, dall’altro, premendo sull’Ente Provincia affinché affronti l’argomento pubblicamente.
In definitiva, ci vuole una forte spinta dal basso perché, se aspettiamo i «politici», non si partirà mai".