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POLITICA

Rintocchi funebri per ‘Il Campanile’ di Mastella

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Sul Fatto Quotidiano qualche giorno fa è apparso un articolo che ha ripercorso l’accidentato iter, dalla nascita all’attualità stringente, che ha interessato il quotidiano di partito “Il Campanile”, emanazione diretta della vulgata dell’Udeur e del suo leader, il deputato Clemente Mastella di Ceppaloni (Benevento). Di seguito riportiamo il ‘pezzo’ di Fabrizio Colarieti.

 

***

(di Fabrizio Colarieti) – C’era una volta il Campanile. Fino al 2009, il fu quotidiano dell’Udeur di Mastella suonava puntuale come un orologio svizzero a colpi di contributi pubblici. Ma da marzo dell’anno scorso ha smesso di scampanare e ora l’ultimo rintocco (a morto) potrebbe essere davvero molto vicino. Una settimana fa, su mandato di un gruppo di ex dipendenti della cooperativa Il Campanile Nuovo, editrice dell’omonima testata, che sperano di recuperare stipendi arretrati e tfr, gli avvocati Giorgia Loreti e Raffaele Nardoianni hanno depositato al Tribunale civile di Roma l’istanza di fallimento (R.G. 1487/2011) della società.

 

E adesso una sentenza potrebbe scrivere la parola fine su una vicenda iniziata nel 2000 con la fondazione del giornale del partito di Mastella, passata per la cessione, nove anni dopo, a una cordata che aveva il proprio riferimento nell’imprenditore Fabio Caso, e poi avviata verso l’inglorioso finale da gennaio 2010 con l’assunzione di nuove vesti sotto il nome de Il Clandestino.

 

Il declino del Campanile inizia con i guai di Clemente Mastella: dopo l’ascesa al soglio di ministro della Giustizia nel 2006 è arrivata la caduta, un anno e mezzo dopo, seguita agli arresti (domiciliari) della moglie, Sandra Lonardo, all’epoca presidente del Consiglio regionale della Campania. Gli eventi precipitano rapidamente: Mastella prima si dimette da ministro, poi ritira la fiducia al governo, caduto qualche giorno più tardi al Senato al termine della drammatica seduta finita con il celebre sputo di Tommaso Barbato (rimasto fedele a Mastella) a Nuccio Cusumano (in rotta con l’Udeur decise di sostenere Prodi).

 

Spazzato via dallo scenario parlamentare nelle successive elezioni, il partito di Mastella inizia a maturare l’idea di liberarsi della zavorra. A cominciare proprio da Il Campanile, che il 25 ottobre del 2007 aveva ricevuto, nell’ambito dell’inchiesta “Why Not?”, la visita della polizia giudiziaria, interessata ad acquisire l’elenco fornitori del giornale. L’accelerazione definitiva la diede una nuova perquisizione, ordinata dal pm di Napoli, Francesco Curcio, due anni dopo, il 29 ottobre 2009 ed eseguita il giorno seguente nell’ambito della stessa inchiesta che aveva portato all’arresto, tra gli altri, della moglie di Mastella. Il giornale era già in smobilitazione: già da mesi i giornalisti lavoravano da casa. Facile immaginare la sorpresa degli ufficiali di polizia giudiziaria che quel 30 ottobre di due anni fa credevano di dover perquisire una redazione e invece si ritrovarono in uno scantinato sulla Tiburtina dove, dopo il trasloco forzato da Largo Arenula, la cooperativa Il Campanile Nuovo aveva accatastato le sue cose (mobili e documenti contabili).

 

È in questo clima che, nel dicembre del 2009, la cooperativa Il Campanile Nuovo viene ceduta. Nonostante i dubbi sollevati da alcuni soci uscenti. Dubbi che hanno un nome e un cognome: Fabio Caso, già celebre alle cronache per il tentativo di acquisto nel 2008 de L’Unità, l’avventura (brevissima) di Dieci e il naufragio de Il Globo nei primi anni 2000. Ma di tutte le trattative intavolate quella con Caso è l’unica a resistere. Perché? Forse perché è l’unico ad accettare e sottoscrivere il punto “h” delle premesse del contratto di cessione: “L’imprenditore Fabio Caso ha manifestato il proprio interesse a partecipare all’operazione complessiva anche, eventualmente, omettendo di assumere formalmente la qualità di socio della cooperativa, ma assumendo comunque gli obblighi derivanti dal presente contratto, a carico dei soci entranti, quale loro partner imprenditoriale e finanziario di riferimento”.

 

Insomma, è lui di fatto la chiave dell’operazione, che viene chiusa proprio in concomitanza dell’accredito del contributo 2009 (relativo al 2008): una somma compresa tra i 600 e i 700 mila euro. E una cooperativa che beneficia del contributo pubblico è una manna per il suo ultimo progetto editoriale.

 

“Il Clandestino, un giornale non a Caso”, recitava lo slogan di lancio della nuova testata, già in edicola da qualche mese al momento dell’acquisizione della cooperativa il Campanile Nuovo, che da gennaio 2010 diventerà editrice proprio de Il Clandestino.

 

Ma l’avventura dura poco. Fino al 18 marzo, quando anche Il Clandestino chiude i battenti dopo un’escalation di tensioni interne che fecero saltare ben quattro direttori: David Parenzo, Pierluigi Diaco e i fratelli sondaggisti Luigi e Ambrogio Crespi. Emblematico, al riguardo, il telegramma (al presidente della cooperativa e per conoscenza a Fabio Caso e al presidente del collegio sindacale) anticipato via fax, arrivato in redazione al Clandestino a Piazza Barberini il 19 marzo, a firma Ambrogio Crespi, con il quale l’ex direttore editoriale rassegnava le dimissioni dalla carica di consigliere di amministrazione del Campanile. Due i passaggi più significativi: “Sono stati effettuati dal conto corrente della cooperativa Il Campanile Nuovo, dalla Bnl presso il Senato, dei prelievi di importi rilevanti senza alcuna forma di consultazione preventiva, condivisione di strategia e, non ultima, valutazione di opportunità”. E ancora: “I contratti di lavoro del personale giornalistico sono stati regolarmente trasferiti in data 1° febbraio da Edizioni Clandestine (la precedente editrice del quotidiano, ndr) alla cooperativa Il Campanile Nuovo, ma le buste paga distribuite a marzo riportano ancora le Edizioni Clandestine”.

 

È l’epilogo. Poi quasi due mesi di silenzio, prima del fragoroso arresto per ordine della Procura di Roma, il 20 aprile 2010, di Fabio Caso e del padre Gian Gaetano, accusati di reati gravissimi (riferiti ad altre vicende) tra i quali abusivismo bancario per oltre 200 milioni di euro, falsa fatturazione e bancarotta fraudolenta. Ma per chiudere definitivamente la storia del Clandestino, fu Campanile, resta l’ultimo capitolo. E a scriverlo sarà il giudice fallimentare di Roma.

 

Fonte | www.ilfattoquotidiano.it

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