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POLITICA

Se perde Napoli perde tutto: i due forni del Pd per costringere De Luca alla pace

Il commissario regionale inviato da Schlein a Salerno ha parlato chiaro: mediare, riconoscendo a De Luca tutto ciò che potrebbe pretendere, e contestualmente svuotare il governatore dei suoi principali riferimenti, a partire da Napoli, ovvero da Mario Casillo e Lello Topo, passando per il blocco riconducibile a Gaetano Manfredi. Piero, da buon pontiere, ha capito

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La partita tra Vincenzo De Luca e il Partito democratico è entrata nel vivo. E se lo sceriffo per il momento continua a mostrare i muscoli, proseguendo imperterrito nella sua campagna elettorale, il Nazareno è uscito finalmente allo scoperto. La variabile decisiva è il tempo, quello che manca di qui alla pronunzia della Corte Costituzionale sul ricorso presentato dal governo contro la legge elettorale campana, che dovrebbe arrivare entro la fine della primavera, quello necessario a costringere De Luca al passo indietro.

Giovedì pomeriggio, lo sapete, il commissario regionale del Partito democratico, Antonio Misiani, ha fatto visita al circolo Pd di Salerno dove ad attenderlo, tra gli altri, c’era anche Piero De Luca. In realtà il primogenito del governatore, di ritorno da Roma, è arrivato con leggero ritardo. In quella sede si è consumato un fatto politico di estrema rilevanza, perché Misiani ha abbandonato ogni tatticismo e se per un verso ha categoricamente escluso la possibilità di una retromarcia sul terzo mandato, ricordando ai presenti che sul punto il partito ha espresso la propria linea con il voto contrario in Senato a marzo scorso, ha poi chiarito che il gruppo dirigente del partito ha «un giudizio molto positivo del lavoro svolto in questi anni dal Presidente De Luca ed è da lì che vuole partire nella consapevolezza che le regionali in Campania sono forse l’appuntamento più importante del 2025».

Misiani è quindi andato oltre: «Vogliamo allargare la coalizione perché si vince solo se si è uniti, ed è questo il nostro obiettivo principale». Ragione per la quale – eccoci al passaggio decisivo – «apriremo presto il tavolo regionale con tutti i partiti della coalizione, senza veti e senza pregiudizi, con la massima apertura nei confronti di tutte le forze che hanno governato la Campania in questi anni, e anche forze che sono state all’opposizione ma che con noi sono alternative rispetto alla destra nazionale». Riferimento scontato al Movimento Cinque Stelle.

De Luca per il Nazareno è una preziosa risorsa e deve giocare un ruolo chiave sia nell’individuazione del suo successore, sia nella costruzione della coalizione. Allo stesso tempo, occorre accelerare sul piano politico, con l’apertura immediata del tavolo di coalizione, perché la Corte Costituzionale si pronunzierà solo prima dell’estate e l’alternativa, eventualmente anche a De Luca, va costruita ora. Anche e soprattutto per costringere tutti, in primo luogo i consiglieri regionali uscenti, a partire da quelli del Pd, ad uscire allo scoperto. A schierarsi. È la strategia dei due forni, della carota e del bastone.

Per un verso insistere con ostinazione sulla mediazione, riconoscendo a De Luca tutto ciò che potrebbe pretendere, per altro svuotare il governatore dei suoi principali riferimenti, a partire da Napoli, ovvero da Mario Casillo e Lello Topo, passando per il blocco riconducibile a Gaetano Manfredi, vero leader del centrosinistra in tutta l’area metropolitana, il cui fratello, Massimiliano, siede tra i banchi del gruppo Pd in assise regionale. Voti pesanti, pesantissimi a cui si andrebbero a sommare per inerzia quelli riconducibili al resto dei consiglieri regionali democratici e quindi, per logica, quelli dei riferimenti delle altre forze della coalizione, tanto più in considerazione del fatto che sui tavoli nazionali la Campania è parte di una contesa più ampia che coinvolge altre quattro regioni che andrà affrontata in ossequio ad un accordo unitario che non lascerà margini a distinguo.

Una strategia funzionale a costringere De Luca a scegliere tra due opzioni: andare avanti contro ogni logica pur di far perdere il centrosinistra, arruolando lanzichenecchi nel mare magnum dell’indistinto, ovvero rinunciare al terzo mandato per preservare la propria egemonia in Campania, indicando il candidato apicale, mettendo in campo le proprie liste nell’ambito del centrosinistra, blindando la nomina del prossimo assessore al bilancio. Passando, magari, per un congresso regionale unitario.

A Salerno, come detto, c’era anche Piero De Luca. Che a ben vedere, se le parole hanno ancora un senso, ha giocato di sponda con il commissario affermando che l’obiettivo deve essere quello di «costruire un progetto in grado di non disperdere il lavoro fatto e i successi ottenuti in questi anni, e di continuare a sostenere e ad aiutare i cittadini della Campania per evitare di consegnare la Regione alla destra». Nessun riferimento al padre, né in un senso né in un altro, nonostante le parole pronunziate in premessa da Misiani. Questo, d’altro canto, fanno i pontieri. Entrano in gioco quando la guerra è in bilico. Quando conviene preparare la pace.

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