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CRONACA

Ricordate l’Upim al Duomo? La commessa storica Infantino: ‘Punto di ritrovo per tanti. Bello sentirsi parte di qualcosa di importante per Benevento’

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In Italia parli di ‘Grandi Magazzini’ e il pensiero va subito alla commedia di Castellano e Pipolo, pellicola cult degli anni Ottanta. Un successo figlio, innanzitutto, della presenza di tanti volti noti del piccolo e grande schermo. Ma è anche vero che nell’immaginario collettivo i centri commerciali incarnavano l’idea di un Paese felice. In ripresa. Un percorso cominciato nei decenni precedenti. E che a Benevento ci riporta all’aprile del 1955, il tempo dell’inaugurazione – al corso Garibaldi, a pochi metri dal Duomo – dell’Upim. U’ Pim nell’accezione locale. E no: non è stato soltanto commercio. Lo dimostra il trasporto con cui ne parla Lucia Infantino, una delle “signorine dell’Upim”. Ecco, per tornare all’incipit cinematografico: anche lei è un volto noto. Perché per quattro decenni i beneventani ne hanno apprezzato cortesia e gentilezza, tanto da premiarla più volte – al concorso ‘Sterlina d’Oro’ che veniva bandito dal quotidiano ‘Il Roma’ – come “Commessa dell’anno”. “Non mi crederà, ma da bambina restavo incantata entrando all’Upim. “Voglio lavorare qui”, mi dicevo”.

Cosa l’affascinava così tanto?

“Le luci. E la gente: mi piaceva vederne così tanta girare per i reparti. Per me è sempre stato importante il rapporto con le persone. E lo è tuttora. Infatti non mi sono mai affezionata ai social proprio perché non ritengo sostituibile il contatto diretto, viso a viso”.

Il suo sogno da bambina, poi, lo ha realizzato

“E anche presto. Ho iniziato il 2 maggio del 1968. Neanche avevo compiuto sedici anni. Il mio primo e ultimo lavoro. Prelevata direttamente dalla scuola”.

Come accadde?

“Erano gli anni del boom. Il commercio andava benissimo e l’Upim decise di aprire un sottopiano. La dirigenza si rivolse direttamente alla scuola per reclutare ragazze da inserire in organico. Conservo ancora un ricordo nitido di quel giorno: il preside, Adolfo Pironti, mi chiamò e mi spiegò tutto. E aggiunse: “Abbiamo fatto soltanto un nome, il tuo. Perché sappiamo che ci farai fare bella figura”.

E così è stato

“Ricordo che un giorno, ero all’Upim ormai da un po’ di tempo, il direttore mi fermò e mi disse: sei diventata la carta d’identità di questo magazzino”.

Gli inizi: cosa ricorda?

“All’epoca si faceva l’apprendistato. Scuola e lavoro. Ci facevano studiare materie inerenti ciò che poi avremmo fatto: un assistente personale per ognuna di noi, tre ore di lezioni al giorno. Si organizzavano anche i colloqui con i genitori, come in qualsiasi altro istituto. L’Upim non mi ha dato soltanto un lavoro, mi ha formato come persona. Ne vado orgogliosa”.

Le ha dato anche una certa notorietà

“Un po’ di tempo fa, nel rientrare a casa, mio figlio mi prende e mi dice: “Ma’ sei diventata famosa anche sui social. Parlano tutti di te’. Qualcuno sul gruppo ‘Benevento c’era una volta’ aveva postato la foto di un vecchio articolo di giornale: venivo premiata come commessa”.

Racconti

“’Il Roma’, quotidiano molto letto a quei tempi, organizzava un concorso: ai lettori era chiesto di indicare – su un coupon – il nome della commessa preferita. Vinsi per due anni. Una sorta di Oscar per la cortesia. Ricordo che la premiazione avveniva all’Hotel Italiano. Qualche anno dopo  vinsi anche un altro premio, un concorso interno: ‘Il cliente misterioso’”.

Come funzionava?

“Da Milano l’azienda inviava in giro per l’Italia questo ‘cliente misterioso’:  muovendosi in incognito per tutto il Paese doveva individuare la commessa ideale. Entrò nel negozio – parlo degli anni Novanta perchè ci eravamo trasferiti a Cretarossa – e mi chiese il rossetto indelebile della Deborah. Glielo mostrai ma sponsorizzai anche rossetti analoghi prodotti dalle nostre due  case di cosmetici. La mia dedizione alla causa aziendale lo colpì. Vinsi l’orologio Swatch, che andava tanto di moda a quei tempi”.

Ci teneva davvero tanto

“Ci tengo ancora. Lavorare all’Upim è stato bellissimo. Non era un posto come gli altri. I beneventani si davano appuntamento da noi prima di fare altro: “Andiamo al cinema? Facciamo prima un giro all’Upim”, “andiamo a scuola, passiamo prima per l’Upim”. Era bello sentirsi parte di qualcosa a cui la Città teneva tanto. E anche dal punto di vista lavorativo: trattate benissimo, come fossimo al Ministero”.

Tra i tanti e piacevoli ricordi che i beneventani conservano dell’Upim una sottolineatura la merita la vostra notte della Befana

“Facevamo le ore piccole la sera del cinque. Una notte magica. Allestivamo dei tavoli pieni di giocattoli –all’epoca si regalavano per la Befana, Babbo Natale ancora non c’era – con trenini elettrici, bambole, macchine per bambini. E poi davanti all’Upim si posizionavano tante altre bancarelle: era una festa. A volte tiravamo fino a oltre mezzanotte. Ricordo che una notte, tanta della nebbia che c’era, a fine turno trovammo la Polizia ad attenderci, come protezione e scorta nel caso si presentasse qualche malintenzionato”.

Per molti anni l’Upim è rimasto l’unico grande magazzino in Città

“Sì. Poi aprirono i magazzini Santamaria e ricordo che assunsero le nostre lavoratrici ‘saltuarie’, ovvero  ragazze in servizio con noi durante periodi particolari dell’anno. Una scelta che ci fece piacere perché rappresentava un riconoscimento alla nostra professionalità”.

A proposito di riconoscimenti: è riuscita a conquistarsi uno spazio anche al Bct, raccontiamo?

“C’è questa serie Tv: ‘Il paradiso delle signore’. La vedo da sempre perché rispecchia il nostro vissuto all’Upim. Due anni fa, il cast era ospite a Benevento, in piazza Torre, per partecipare al Bct. Mi sono presentata con tantissime foto e individuato il produttore ho iniziato a raccontargli tutto, spiegandogli quanto fosse centrata bene la sua serie. Ha iniziato a presentarmi tutti gli attori e nel giro di qualche minuto mi sono ritrovata io a essere la protagonista della serata. Un ricordo bellissimo”.

Si è più ritrovata con le altre colleghe?

“Siamo sempre rimaste unite. Deve immaginarsi la storia di un gruppo di ragazzine che insieme iniziano a lavorare e insieme crescono, si fidanzano, si sposano, hanno dei figli. Abbiamo fatto tutto insieme. Nel 2015, quando ho avuto la sfortuna di perdere mio marito, a casa c’erano tutte: non mancava una sola commessa. E tre anni dopo una mia ex collega mi ha chiamato per invitarmi alla sua festa di settant’anni. “Da quando Lucio non c’è più non vado da nessuna parte”, le ho ricordato. Ma alla sua festa sì, ci sono andata”.

Sarete sempre le ragazze dell’Upim

“Le racconto questa: tre o quattro mesi fa ero a ristorante per i cinquant’anni di matrimonio di mio fratello. Al tavolo di fronte al nostro noto un certo confabulare. “Vedì mà, ti hanno riconosciuto” – mi fa mio figlio. “Ma figurati” – gli rispondo, d’altronde non conoscevo nessuno a quel tavolo. Ma prima di andare via una signora si avvicina da noi: “Mi scusi, lei era quella dell’Upim?…”.

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