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CULTURA

Il boom per Tony Manero, le file per Pino Daniele. Top Dischi, 50 anni di musica in città: “Shazam? Prima c’ero io…”

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In “Midnight in Paris” Gil Pender sogna di scrivere un romanzo sul proprietario di un negozio nostalgia. Mille e trecento chilometri più giù, non all’ombra della Senna ma del Calore, ‘Top Dischi’ potrebbe rientrare nell’accezione cara al personaggio nato dalla penna di Woody Allen. Merito di Luigi “Gino” Minicozzi, titolare dell’unico negozio di dischi a Benevento sopravvissuto ai masterizzatori, a Napster e ai suoi eredi, a Spotify e fratelli. Un viaggio lungo, il suo, alimentato da una sola fonte di energia. Ma inesauribile: “La passione per la musica”. La stessa che quasi cinquant’anni fa lo spinse a convincere suo padre a cambiare strada. “Di mio padre il primo negozio, nel 1974, a corso Dante: si vendeva materiale elettrico, tutto un altro settore merceologico. Il mio ingresso nel 1975, dopo il diploma. Iniziai ad aiutarlo e cominciammo ad inserire la musica: 45 giri, cassette e vinili. Nel 1980, poi, l’apertura in via Ennio Goduti”.

Una sua idea, dunque, quella di aprire un negozio di musica?

“ Il settore dell’elettronica mi annoiava, non era il mio campo. La passione per la musica, invece, era già forte”.

Passione nata da?

“Nell’adoloscenza. A quell’epoca anche le radio trasmettevano ancora poca musica. E allora ci riunivamo in più ragazzi: compravamo insieme i vinili e i 45 giri e poi li ascoltavamo”.

La sua musica preferita di allora?

“Il rock dei Led Zeppelin e dei Pink Floyd e il blues”.

E la musica che ascoltavano i beneventani all’epoca dell’apertura del negozio?

“A quei tempi si ascoltava di tutto. E si vendeva di tutto. Anche tanto reggae oltre al rock e al blues. Ma avevamo cassette di ogni genere musicale. Poi con gli Anni Ottanta arrivarono i cd. E alla lunga possiamo dire che sono stati proprio loro a rovinare i nostri negozi”.

Perché?

“Perché poi uscirono duplicatori, masterizzatori. Pirateria ovunque, anche sui marciapiedi, dinanzi ai bar. Vere e proprie bancarelle, tutto tollerato. Cd venduti a prezzi stracciati, non concorrenziali”.

Non era già cominciata con le cassette?

“Sì, vero. Ma era più laborioso duplicare una cassetta. L’avvento dei cd ha reso tutto più semplice, veloce”.

E oggi chi sono i suoi clienti?

“Per fortuna c’è stato il ritorno del vinile: ha riportato nei negozi gli appassionati, i vecchi collezionisti. E a vendere sono sempre i soliti gruppi: i nomi storici del rock e i cantautori”.

Quasi un paradosso: ha iniziato con i vinili e ora ai vinili è ritornato

“Ci ha restituito un po’ di ossigeno. In tanti si sono avvicinati a questo mondo e molti altri hanno rispolverato il vecchio impianto dello zio, del genitore”.

Con l’industria musicale sempre in movimento a voi tocca reinventarvi continuamente?

“Più che reinventarci è la passione che ti porta ad andare avanti, che ti spinge a resistere anche quando lo scoraggiamento subentra. Perché arrivano quei periodi in cui le vendite diventano davvero poche. Tutto è legato alle uscite. Proprio in questi giorni c’è stata la pubblicazione dell’ultimo dei Rolling Stones che ha vivacizzato la situazione”.

E la musica di oggi, diciamo così: quella degli artisti attuali, più ascoltati dai ragazzi?

“Segue altri canali. Con Spotify i ragazzi la musica l’hanno già in casa, o sul proprio telefonino. Non sentono l’urgenza di andare al negozio per comprarla la musica. Se entrano, il più delle volte è per fare un regalo”.

Volgiamo lo sguardo al passato: c’è un’uscita musicale che ricorda in modo particolare?

“Ricordo che uno dei primi vinili che vendemmo molto – eravamo aperti da poco, parlo del 75-76 – fu la colonna sonora della “Febbre del sabato sera”. Forse il nostro primo successo di vendite. Poi, più in là nel tempo, potrei citare “Sotto il segno dei pesci” di Venditti, “Breakfast in America” dei Supertramp. E quindi il boom di Vasco Rossi e Zucchero. E gli album di Pino Daniele: il giorno dell’uscita i ragazzi facevano ore di fila per acquistarlo”.  

Oggi il suo è l’unico negozio di dischi specializzato a Benevento

“Fino a dieci-dodici anni fa c’era ‘La casa del disco’, ‘Musica Russo’ in via Gaetano Rummo. Eravamo tre o quattro negozi in Città. Avrei preferito continuare così, con altri colleghi come concorrenti piuttosto che lo streaming”.

E lei come ha fatto a resistere?

“Con la passione. Senza quella non potrei essere qui, dopo tutti questi anni. Perché faccio quello che mi piace fare ma a volte è davvero dura. Fortuna ci sono gli amici, i clienti storici affezionati al vinile e che hanno trasmesso questo interesse ai propri figli, gli appassionati, i vicini”.

Di cambiamenti ne ha visti davvero tanti

“Le racconto una cosa. Oggi per scoprire il titolo di un disco mentre passa una canzone si va su Shazam. Negli anni Ottanta, avendo io il negozio a fronte strada, si fermavano le auto e le persone – con la radio accesa – mi chiedevano: “Mi sai dire chi è questo che canta? E come si  chiama la canzone?”. E poi magari l’album lo acquistavano”.

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