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CULTURA

La Strega proiettata al cinema e in negozio, i Mondiali da fotoreporter e uno slogan famoso: Arturo Russo e una storia lunga 50 anni

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A Benevento c’è stato un tempo in cui avevi solo due possibilità per goderti le immagini della partita giocata il giorno prima dalla Strega: o acquistavi il giornale o andavi in via Perasso. E tanti sceglievano la seconda opzione. Lo facevano i tifosi, certo. Ma anche i calciatori. Capitava pure di fare la fila, il lunedì mattina, su quel marciapiede, dinanzi a un centro ottico. Tutta un’altra storia. Da allora il Mondo è cambiato, il calcio è cambiato. Arturo Russo no. È rimasto fedele a se stesso, alla sua professione e alle sue passioni: “Un beneventano a tutto tondo”. Non è cambiato, come non è cambiato quel suo slogan che ogni singolo abitante di questa provincia conosce. Fino al punto che se “l’occhio non vede” esiste una sola soluzione possibile: “Russo provvede“. Funziona così, da cinquant’anni: “Avevo aperto da poco, era il 1973. Un mio amico di Milano continuava a dirmi “da quest’occhio non vedo”.  E io: “Ora provvedo”. L’idea è nata così, per gioco”.

E la tua passione per la foto, invece, dove nasce?

“Le prime foto già da bambino, alle scuole. Poi a Napoli per studiare giornalismo e quindi le prime collaborazioni con le riviste e i giornali. Tanto sport ma non soltanto sport. Anche moda. Per dirla tutta: la prima sfilata, a Benevento, l’ho organizzata io”.

Anno?

“Anno 1974, alla Fagianella. Serata presentata da Mariolina Cannuli, annunciatrice e conduttrice storica della Rai. Poi tante esperienze, dieci anni in giro per l’Italia e all’estero fino al 1973 quando apro il primo centro ottico in via Perasso. Cinquant’anni fa. Oggi i punti vendita sono due, gestiti dai miei figli Stefania e Roberto. Da una decina di anni facciamo parte del consorzio GreenVision. Anche in questo settore sono intervenuti tanti cambiamenti così come molti sono i sacrifici che abbiamo dovuto fare. Anche per via della situazione di crisi nella nostra Città, tra le più belle e antiche d’Italia ma oggi avrebbe bisogno di una nuova spinta”.

In cinquant’anni di attività hai avuto modo di vivere e vedere la Città cambiare: i tempi migliori?

“Quelli di Pietrantonio e delle prime ‘Città Spettacolo’. Gli anni Ottanta e un po’ di anni Novanta. Ricordo che via Perasso era una sorta di via Condotti per Benevento, oggi – dopo anche la chiusura del President – è una strada anonima. Ma bisogna resistere”.

Cosa non ha funzionato più?

“L’avvento della grande distribuzione e i colossi dell’online hanno dato una spallata enorme al commercio e all’artigianato. E a noi non resta che difenderci con la professionalità e la qualità, con la cura del cliente. Ma il contesto si è fatto decisamente complicato”

Da un lato la tua passione per l’ottica, dall’altro quella per la foto e il Benevento Calcio

“Anche qui si inizia dal 1973. Mezzo secolo di Benevento, da Lojacono ad Andreoletti. E nel mezzo il Napoli di Maradona e cinque campionati del Mondo. Ho la foto di Diego che alza la coppa all’Azteca, in Messico, e quelle delle due finali vinte dagli azzurri: Madrid ’82 e Berlino 2006. E poi la JuveCaserta e lo scudetto del 1991, il primo e unico scudetto del basket vinto da una squadra del Sud”.

Il Benevento più bello da fotografare?

“Quello più brutto è più facile perché è quello durante il Covid, con gli stadi vuoti. Quanto ai belli, ne potrei ricordare diversi. A me piacque tantissimo quello di Santin, che perse la Serie B per un solo punto. Calciatori come Penzo e Franceschelli che poi sono andati anche a giocare in A. Penzo anche con Maradona, per qualche mese e sempre grazie a Santin. Un attaccante magnifico, quanti sogni. Ancora ricordo quello che si diceva a Benevento: “già Penzo alla Serie B”. E poi il Benevento di Auteri e Dellisanti. Con quello di Dellisanti, in particolare, eravamo una sorta di famiglia. Un gruppo fortissimo che infatti riuscì a vincere contro tutto e contro tutti. A quella squadra dedicai anche un poster: il totem della vittoria”.

Il tuo centro ottico, d’altronde, era un punto di riferimento per i calciatori

“Non c’era internet e non esistevano i siti di informazione. E dunque il lunedì e il martedì passavano tutti per il negozio a vedere le foto della partita e anche i filmati. Lo facevano anche i tifosi e allora iniziai proprio con le proiezioni”.

Racconta

“Al cinema Massimo, al Comunale e anche al Vittoria – che oggi non c’è più – facevo vedere i filmini delle partite in trasferta. Utilizzavo ventiquattro televisori perché non mi concedevano il prestito dello schermo gigante. E le sale erano sempre piene. Prima ancora, però, li proiettavo dalla mia vetrina”.

Qualche calciatore con cui hai legato particolarmente?

“Ghigo Gori, Emiliano Dei, Bertuccelli, Tiribocchi, Sasà Marra, Pippo Fichera, Carletto Luisi. Sono tanti quelli con cui sono rimasto in contatto. Un legame particolare, però, è quello con Raffaele Palladino. La prima volta che venne da me aveva sedici anni, posso dire che ce lo siamo cresciuti in negozio. Una sorta di affido. E lui ancora oggi se passa da queste parti viene a salutare”.

Chiudiamo con un pensiero sulla Città: di cosa ha bisogno?

“Dalle nostre parti si diceva: è bella ma non balla. Bisogna far decollare l’industria del turismo. Nell’attesa, per citare Bellavista: guagliò fuimm. E noi corriamo”.

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