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POLITICA

In ricordo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Azione: “Contro l’ipocrisia scegliendo da che parte stare”

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“Il 18 maggio 1939 nasceva il giudice Giovanni Falcone che la violenza stragista della mafia uccideva il 23 maggio del 1992. Con lui persero la vita la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo ed Antonio Montinaro. Paolo Borsellino veniva invece assassinato il 19 luglio successivo, insieme agli agenti di scorta Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli”. Lo scrive in una nota in segretario cittadino di Azione, Antonio Del Mese.

“Falcone – spiega -, in una delle sue espressioni più ricordate, affermava “La mafia è un fenomeno umano che ha avuto un inizio e avrà una fine” ma, oggi, dovremmo aggiungere che “quella fine arriverà solo se tutti lo vorremo”. L’anniversario delle stragi di Capaci e di Palermo non deve diventare occasione di retorica e banalità, anche perché l’accertamento della verità è ancora lontano e non è mai stata svelata l’identità di quelle “menti raffinatissime”, richiamate dallo stesso Giovanni Falcone in un’intervista, all’indomani dell’agguato fallito all’Addaura, tre anni prima della strage di Capaci. È proprio di questi giorni la notizia processuale di un “gigantesco depistaggio” sulla strage di via D’Amelio.

Alla mafia stragista – aggiunge -, che ha ucciso servitori dello stato, politici, giornalisti e inermi cittadini si è sostituita una mafia che mantiene un basso profilo, amministra patrimoni milionari e si infiltra nelle Istituzioni, avvolte da una corruzione strisciante con tanti burocrati che quotidianamente combattono contro pochi altri ben posizionati, per cercare di non venire sopraffatti dalla paura, dalla menzogna e dalla solitudine. Un sistemico disordine amministrativo fuori controllo. È un problema culturale. Dobbiamo combattere l’illegalità sostenendo i giusti, le loro battaglie e quelle di tanti giovani che, fortunatamente, non intendono arrendersi alla disillusione, né tanto meno assuefarsi al metodo mafioso, questo il punto fermo da cui ripartire. Il ricordo delle stragi di mafia deve suscitare una solidarietà attiva avversando chi ha favorito quell’isolamento, da parte della politica e della magistratura stessa, di tanti giudici che da soli contrastano i fenomeni mafiosi e, nelle Istituzioni locali, chi si “gira” dall’altra parte.

Non sarà un caso che solo una marginale minoranza degli italiani (8%) ritiene che sulle stragi di Capaci e via D’Amelio sia stata fatta piena giustizia: è il dato di un sondaggio che Ipsos ha donato alla Fondazione Falcone alla vigilia del trentesimo anniversario della strage di Capaci – conclude Del Mese -. Dobbiamo fare la differenza facendo semplicemente il nostro dovere di cittadini e di pubblici amministratori, e non è poco”.

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