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Cortesia e professionalità, il ringraziamento al reparto di Neurochirurgia del ‘San Pio’

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“È passata ormai una settimana dall’intervento e non avendo punti e segni evidenti dell’operazione sembra quasi di non averlo fatto. E invece sono stata sottoposta ad un’operazione neurochirurgia per l’asportazione di un adenoma ipofisario, tumore benigno nella parte finale del cervello. Non avevo sintomi, né mal di testa né problemi alla vista eppure lui era lì, e la tempestiva diagnosi della Dott.ssa Ventre, endocrinologa molto competente, ha evitato il peggio”. Inizia così la lettera di una cittadina, Francesca Gerardo, che ha voluto ringraziare i medici del San Pio per un intervento al quale si è sottoposta.

“Mi sono affidata a lei ne sono molto contenta perché il suo consulto è stato provvidenziale – scrive -. La dottoressa Ventre mi ha consigliato una visita neurochirurgia con il prof. Parbonetti, primario presso il reparto di Neurochirurgia del San Pio di Benevento, il quale ha ritenuto opportuno intervenire chirurgicamente per l’asportazione dell’adenoma. Ho trascorso quasi quindici giorni nel reparto di neurochirurgia dell’ospedale San Pio di Benevento. Un reparto eccellente, dove, grazie ad un equipe medica straordinaria guidata dal prof. Giovanni Parbonetti e al personale sanitario sempre disponibile e attento, tutto è andato benissimo. In un momento storicamente così delicato per la sanità, in un ospedale del Sud che vanta solitamente una cattiva fama mi è sembrata veramente un’utopia e sfatare questo mito ha quasi dell’incredibile, visto che solitamente abbiamo la tendenza ad andare altrove a curarci, alla ricerca di medici competenti e ospedali che funzionino. Dunque, voglio ringraziare vivamente per la loro professionalità, competenza e soprattutto umanità, il prof. Parbonetti, il Dott. De Notaris e la Dott.ssa Iorio, inoltre la Caposala e le infermiere del reparto di neurochirurgia e della sala operatoria, che con grande umanità si sono prese cura di me, nonostante fossero in una situazione precaria in quanto costrette a lavorare in un reparto che non era il loro a causa dell’emergenza Covid.

Sono stati giorni difficili perché non potevo vedere nessuno della mia famiglia, nessuno esterno poteva entrare in reparto, per cui l’assistenza del personale è stato di fondamentale importanza per me. L’unica pecca è stato il cibo che ha confermato il famoso luogo comune del cibo dell’ospedale immangiabile, scotto e per di più, servito in contenitori di plastica che ne peggiorano ancor più la qualità, oltre che produrre una quantità cospicua di rifiuti non riciclabili. La domanda nasce dunque spontanea: com’è possibile che nel posto dove l’obiettivo primario sia la Cura del corpo, non si provveda a fornire del buon cibo? Gli amministratori dell’azienda ospedaliera dovrebbero rispolverare la massima del famoso Ippocrate, il padre della medicina, nel nome del quale prestano giuramento i medici: “Fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo”.

Mai come adesso dovremmo tutti ispirarci a questa massima e mi aspetterei che, soprattutto in un luogo di cura, si prendesse in seria considerazione la qualità del cibo servito, perché mangiare sano è un modo fondamentale per agevolare la guarigione di qualsiasi patologia. Il diritto alla salute che la nostra sanità nonostante tutto riesce ad assicurarci, dovrebbe prendere in considerazione anche il cibo come fondamento per garantire il benessere psico-fisico del malato e degli essere umani”.

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