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CULTURA

Ad Airola tappa per la docu-serie Rai “Boez- andiamo via”– Il cammino come riscatto

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A partire dal 2 settembre fino al 13 settembre alle 20.20 su RaiTre andrà in onda “Boez, andiamo via” , sei ragazzi in regime di detenzione – tra carcere, semilibertà, comunità – percorrono a piedi in due mesi 900 km della via Francigena, da Roma a Santa Maria di Leuca, accompagnati da una guida e da un’educatrice, presentato in anteprima al 49° Giffoni Film Festival alla presenza del Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.

Una docu-serie di grande impatto sociale, la cui funzione pubblica è stata riconosciuta proprio dal Ministero di Giustizia che ha creato i presupposti indispensabili alla sua concreta realizzazione.

“Mi è piaciuto veramente molto, la capacità del film è quella di tirar fuori le storie, ti arriva dritto al cuore. La società deve essere sensibile nei confronti di chi nella vita non ha avuto possibilità di scegliere. Si è delinquenti per lo Stato prima ancora di avere la possibilità di sentirsi uomini e questo è un fallimento per lo stesso Stato. La rieducazione è fondamentale, è un obiettivo per gli adulti e lo deve esser ancor più per i giovani” – ha sottolineato il ministro.

Il progetto “Boez”, che prende il nome dalla firma di un writer ”nel nome del quale raccontiamo una storia di speranza e rinascita”, è nato con l’obiettivo di ”portare in Italia il metodo del cammino come strumento di rieducazione e reinserimento sociale di giovani con trascorsi criminali. Una misura già praticata in Belgio e Francia da quasi quarant’anni”.

Il viaggio, il cammino come strumento di recupero, una pena alternativa già praticata in altri Paesi Europei e che abbatte le percentuali di recidiva. Un cammino che fa tappa anche nella cittadina sannita di Airola (BN), coinvolta nel progetto “Boez” dalla regista Roberta Cortella tramite l’Associazione Artistico Culturale Sociale “In Wall We Trust”, da anni attiva nel sociale con un protocollo di intesa con il Ministero di Giustizia e l’Istituto Penale Minorile di Airola, vedendo impegnati i sei giovani in un momento di aggregazione e socializzazione, accolti con calore ed entusiasmo dal sindaco Michele Napoletano e ospiti dei frati minori del convento di San Pasquale Baylon di Airola (BN).

“Boez, andiamo via” – il cammino come riscatto – firmata alla regia da Roberta Cortella e Marco Leopardi, scritta da Paola Pannicella e dalla stessa Roberta Cortella è ispirata al documentario “La Retta Via” realizzato nel 2009, nel quale due giovani in Belgio dovettero seguire un analogo percorso di rieducazione, percorrendo oltre 2.500 km a piedi tra Belgio e Spagna, seguendo l’antico Cammino di Santiago de Compostela. A percorso compiuto, seguendo le regole, il ritorno alla libertà grazie a uno sconto di pena.

La docu-serie in 10 puntate da 30 minuti, racconta così la realizzazione di un sogno: quello di sperimentare il metodo in Italia, ma anche il sogno di sei giovani che per due mesi hanno lasciato il loro contesto sociale per ripartire verso una nuova consapevolezza di se’ e del mondo. Il cammino diventa infatti un percorso di conoscenza, un gesto quasi rivoluzionario in un quotidiano comune sempre più sedentario, ancora più per chi è vissuto ristretto nei limiti di un contesto marginale e deprivato.

Un viaggio pieno di meraviglie, dagli incontri alla sorpresa di dormire sotto le stelle, con la libertà che fa quasi paura. Ma anche di ostacoli, brusche frenate: il caldo asfissiante, lo zaino che pesa tantissimo, momenti di sconforto personale, dinamiche interpersonali (e sentimentali) tutte da imparare.

In questo caso la televisione interagisce con quello che è il percorso esistenziale delle persone che narra e lo fa con una modalità che è l’opposto di quella del reality, cioè non ostentandolo, spettacolarizzando quello che è la vita ma anzi con grande pudore, entrando in punta di piedi all’interno della storia che si sta svolgendo, in cui questi sei ragazzi si sono messi in gioco. La troupe diventa parte di una comunità in cammino, azzerando la distanza dai “protagonisti”.

La fatica, la stanchezza azzerano ogni tipo di barriera, tutto diventa solo un rapporto tra persone. “Sulla strada si diventa tutti parte dello stesso gruppo”.

“E’ ovvio che in due mesi non si può cambiare esistenza, ma si può gettare un seme, interrompere un circolo vizioso, imparare a porsi e a essere percepiti diversamente. Per le persone incontrate lungo il cammino, e in tanti ci hanno accolto e aiutato, anche immigrati extracomunitari, i ragazzi erano semplicemente persone in marcia, camminatori. Dopo il viaggio ci sono state cadute, si sono rialzati, hanno avuto dubbi e paure ma hanno imparato che esiste altro da ciò che conoscevano e che erano. Sono cambiati. Il seme del cambiamento è piantato. E chissà che una volta arrivati al mare, cominci a germogliare.”

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