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‘Fatebenefratelli’, nuova tac innovativa con poche radiazioni e ad alta definizione

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Per la prima volta a Benevento, presso l’Ospedale Sacro Cuore di Gesù Fatebenefratelli, è operativa una TAC a 160 strati che accelera il flusso di lavoro e riduce fino al 75% la dose di radiazione a cui viene esposto il paziente. La nuova apparecchiatura radiologica cattura le immagini ad altissima definizione e cancella la paura delle radiazioni.

I pazienti traggono vantaggio dai tempi di esame estremamente brevi del nuovo scanner a 160 sezioni, ad esempio perché non devono trattenere il respiro troppo a lungo.

fatebenefratelli-nuova-tac-dott-carmine-manganiellounadjustednonraw_thumb_601c“Per ogni rotazione del complesso tubo radiogeno-detettori, della durata di 350 millisecondi, vengono ricostruite 160 sezioni di 0,5 mm. Ciò comporta che in un secondo vengono studiati 16 cm di superficie corporea. L’elevata velocità di scansione è di particolare beneficio dei pazienti traumatizzati perché non devono trattenere il respiro per troppo tempo,” spiega Carmine Manganiello, primario dell’Unita Operativa Complessa di Radiologia del Fatebenefratelli.

Le prestazioni di questa nuova TAC spaziano dall’intero spettro degli esami di routine radiologici a scansioni TAC cardio e neuro a risparmio di dose.

“Oggi sottoporsi all’esame delle coronarie con la TAC 160 strati è molto più facile perchè l’acquisizione elicoidale prospettica può adattarsi automaticamente alla frequenza cardiaca dei pazienti, superando anche una aritmia inaspettata.

Non solo, grazie all’alta velocità questa TAC è accessibile anche per i pazienti “difficili” come bambini ed anziani, perché non si deve ricorrere alla sedazione.

E nei casi di utilizzo del mezzo di contrasto la dose somministrata è dimezzata. L’ampio gantry unito ad una capacità del tavolo porta pazienti di 300 kg rende la TAC 160 strati la piattaforma di esame ottimale per i pazienti bariatrici.

Il metodo SEMAR, inoltre, utilizza una tecnica di ricostruzione per ridurre gli artefatti metallici, migliorare la visualizzazione degli impianti protesici (artroprotesi d’anca), rendendo visibile l’osso e i tessuti molli adiacenti la protesi là dove prima esisteva solo un “vuoto” d’immagine.

Tutto ciò a vantaggio di una diagnosi più chiara e sicura. Questa TAC, dice l’esperto, la utilizziamo a bassissimo dosaggio (la dose di radiazioni viene ridotta fino al 75% rispetto alle precedenti TAC) perché ci dà enormi risultati in termini di qualità di immagini ma potrebbe essere spinta molto più in là”.

“Adesso i medici sanno che possono prescrivere la TAC senza il timore di sottoporre il paziente a dosi eccessive di radiazioni – conclude Manganiello – e non solo ai pazienti oncologici che eseguono questo esame con periodicità, ma anche a tutti quei casi in cui c’è bisogno di un occhio più dettagliato di quello che una radiografia potrebbe offrire”.

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