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I cento passi di Peppino Impastato nel ricordo del fratello Giovanni

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Cento passi per ripercorrere la storia di un giovane giornalista, che nella Sicilia degli anni ’70, dai microfoni di radio AUT combattè la mafia, denunciandone pubblicamente i soprusi e le ingiustizie. Cento passi per ricordare Peppino Impastato, eroe della lotta all’illegalità, ucciso per mano della mafia il 9 maggio 1978, lo stesso giorno del ritrovamento del corpo di Aldo Moro. Cento passi rivissuti attraverso la testimonianza del fratello Giovanni, oggi in visita alla città di Benevento, grazie all’iniziativa promossa da Libera, in collaborazione con Rete Arcobaleno e l’Agesci, intitolata “Antimafia nella crisi delle coscienze…cento passi di memoria ed impegno”.

Giovanni Impastato è stato ricevuto nella sala giunta di Palazzo Mosti da una delegazione dell’amministrazione comunale, che ha patrocinato l’evento. “Indignazione”, la parola ripetuta più volte dal fratello di Peppino Impastato. Indignazione contro la mafia che sembra mancare nei giovani. Nei loro occhi Giovanni Impastato vede uno sguardo rassegnato, di chi non ha bisogno di verità. Ma così, senza indignazione si finisce solo con lo spalancare le porte alla mafia, che muta, proprio come la società.
Ormai il vero identikit del mafioso non lo possiamo più riconoscere nella figura di Totò Riina, Provenzale, ma oggi si parla di borghesia mafiosa”, ha commentato Giovanni Impastato, “I nuovi mafiosi sono quelli che all’interno della cupola sono gli imprenditori, i professionisti riconosciuti come avvocati, medici”.

Peppino Impastato non era solo un giornalista che parlava di mafia, ma molto di più. Perchè lui la malavita organizzata l’aveva conosciuta da vicino, dentro le mura di casa.
“Nella storia di mafia quello di Peppino è l’unico caso vero di rottura”, continua Giovanni Impastato, “perchè la rottura non è avvenuta solo all’interno della società dove lui viveva, ma all’interno della nostra famiglia. La nostra era una famiglia di origine mafiosa. Mio padre era mafioso, mio zio era il capo della cupola negli anni ’60. Questi sono segnali importanti che dimostrano che, se vogliamo, possiamo rompere con la cultura mafiosa, anche se si vive all’interno di una famiglia mafiosa.”

Se il sindaco di un paese di Brescia due anni fa ha fatto rimuovere una targa dedicata al giornalista siciliano dalla biblioteca comunale con una motivazione che il fratello di Peppino Impastato ha definito un po’ razzista, oggi il sindaco di Beneveneto ha omaggiato Giovanni Impastato proprio con una targa dedicata al fratello. Un segno dell’indignazione contro un episodio mai stigmatizzato dalla Lega Nord, partito del sindaco bresciano. Una presa di posizione contro il secessionismo che Peppino Impastato, impegnato anche in politica, avrebbe condiviso pienamente.
“Il problema delle mafie è del nord come del sud Italia", ha dichiarato il sindaco Fausto Pepe, “quello che cambia è la cultura, come a volte si affrontano questi argomenti, come quando qualcuno tenta di cancellare in questo paese anche gli esempi migliori che il sud può dare, come un eroe contro la mafia.”

Ma dalla morte di Peppino Impastato ad oggi sono cambiate molte cose. Grazie anche ad una legge che mette a disposizione della comunità i beni sequestrati ai boss mafiosi, la casa di Tano Badalamenti, quella struttura che nel paese di Cinisi distava solo 100 passi da casa Impastato, oggi è gestita dall’associazione dedicata al giornalista che combatté la malavita. 100 passi che non portano più verso l’illegalità, ma al contrario verso l’emblema della legalità, come racconta Giovanni Impastato:“la famosa casa dei 100 passi è stata definitivamente confiscata e data all’associazione. Questa è stata una grande vittoria.”

Giuseppe Impastato si è poi recato nel corso della mattinata alla facoltà di scienze economiche dell’Unisannio, dove ha incontrato gli studenti, per portare loro il ricordo della vita del fratello, spesa per combattere la mafia. E se oggi Peppino Impastato non è più con noi fisicamente, il suo ricordo, grazie anche al lavoro del fratello, e soprattutto il suo esempio di amore per la legalità vivranno per sempre.


Erika Farese

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