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CULTURA

Nello Pinto, il collezionista di ricordi e tradizioni beneventane: ‘Il Natale del passato? Dal torrone ai giochi, era la festa dello stare insieme’

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Mannaggia, la memoria! Nell’era di internet, dell’automatizzazione e della IA, dove l’uomo riesce a farsi aiutare dalle macchine nei più svariati campi, è difficile arrendersi al fatto che i ricordi scappino così facilmente dalle nostre teste. Abbiamo il terrore di perdere le tracce del nostro passato e anche di dimenticare i momenti felici della nostra vita. I nostri ricordi di bambino, delle persone a noi care o semplicemente dei luoghi speciali che oggi non ci sono più. Nello Pinto fa proprio questo grazie ad un hobby che è un vero e proprio servizio alla comunità sannita: ci aiuta a ricordare il nostro passato, quello che siamo stati,  in una sorta di ‘brain training’ che alimenta soprattutto  emozioni e nostalgia. Una passione, quella per la  storia beneventana, nata grazie al suocero: Agli inizi degli anni ’80 conosco mia moglie Liliana e quindi suo padre, che era un grande appassionato della storia di Benevento e collezionava cartoline d’epoca, libri antichi e materiale riguardante la nostra città. Tutto nasce da lì”.

Il gruppo facebook ‘Benevento c’era una volta’ è dunque una naturale conseguenza…
Nel 2012, con l’avvento di Internet, decidemmo di creare il blog “Benevento c’era una volta”, interamente dedicato alla città di Benevento. Uno spazio ricco di foto storiche e attuali, notizie utili, ricette con prodotti tipici, antichi proverbi, miti, leggende, curiosità e tanto altro. Il Blog ebbe subito un grande successo e oggi conta più di un milione di visualizzazioni da tutto il mondo. Successivamente, mia moglie Liliana ed io decidemmo di creare una pagina Facebook omonima dove pubblicavamo più o meno le stesse cose e anche in questo caso ci fu molto seguito. Vedevamo, però, che le persone avevano desiderio di interagire e di condividere a loro volta i propri ricordi, quindi ci è sembrato naturale creare un Gruppo in modo da intensificare il contatto diretto con le persone tramite uno scambio reciproco che ha contribuito presto a far sentire gli iscritti parte integrante di una vera e propria comunità. Questo accadeva nel 2018. Nel 2024, purtroppo, arrivati al bellissimo traguardo di oltre trentamila iscritti, il Gruppo è stato hackerato. Non ci siamo persi d’animo e abbiamo creato immediatamente un ulteriore Gruppo che, con un po’ di ironia e un po’ di amarezza, abbiamo ribattezzato “Benevento c’era 2 volte”. I nostri amici non ci hanno abbandonati e, a distanza di pochi mesi, abbiamo già raggiunto dodicimila iscrizioni.

Avete in archivio fotografie vecchissime che sono un vero e proprio patrimonio storico. C’è qualcuna alla quale si sente più legato? Quale la più antica e la più particolare che possiede?
La foto alla quale mi sento più legato raffigura la chiesa del Gesù, che affacciava sul Corso Garibaldi e aveva il retro su piazza Roma, all’epoca chiamata Largo Giannone. La chiesa fu abbattuta nel 1927 per ordine del podestà Donisi. La foto più antica, invece, penso sia quella di Porta Gloriosa, situata all’imbocco del Ponte Vanvitelli. Considerando che fu abbattuta nel 1867, credo che la foto sia stata scattata agli inizi del 1860. Abbiamo, però, anche molti dipinti che sono antecedenti all’avvento della fotografia, tra cui uno meraviglioso di Labruzzi grazie al quale possiamo vedere il sagrato del Duomo recintato con all’interno l’Obelisco Egizio di Iside (oggi situato a piazza Papiniano). Abbiamo un altro dipinto molto bello, di Achille Vianelli, dove si può ammirare la Porta Somma che stava accanto alla Rocca dei Rettori. La foto più particolare, invece, ritrae la Rocca dei Rettori come era nel 1864 vista da piazza Castello. Ci sono ancora le torrette basse e, chiaramente, non era ancora stato costruito il Palazzo del Governo. Del campanile di Santa Sofia, invece, si vede a malapena la punta, poiché era circondato da tante casupole, eliminate in seguito quando la vecchia via Magistrale fu ampliata e le fu cambiato il nome in Corso Garibaldi.

Come fa a reperire il materiale fotografico che poi mostra sui social?
Oggi possiamo dire di avere un fornitissimo archivio di foto d’epoca e molti libri che parlano della Benevento Antica. Molti li abbiamo comprati in negozi e mercatini anche in parti d’Italia insospettabili, altro materiale ci è stato invece donato. Tramite un paziente lavoro di scannerizzazione, oltre alla versione cartacea di foto e cartoline, adesso abbiamo anche la versione su pc in file divisi accuratamente per zone, monumenti e periodi storici. Abbiamo fatto lo stesso anche con le immagini dei comuni della provincia. Ciò rende tutto disponibile nell’immediato, basta solo decidere cosa pubblicare. Per quanto riguarda le foto attuali, sono scatti che effettuiamo di persona anche semplicemente durante una passeggiata nella nostra città. Come ormai sicuramente sapete, non pubblichiamo solo fotografie, ma anche piatti tipici, parole in dialetto, proverbi, leggende, usi e costumi, racconti di ricordi e tradizioni che ugualmente stimolano il dibattito e lo scambio tra gli iscritti.

Il segreto del successo è l’effetto nostalgia che fa rivivere emozioni ai beneventani o la capacità ‘social’ di coinvolgere anche sanniti che vivono altrove aprendo cassettini della memoria?
Sicuramente entrambe le cose. La nostalgia c’è sicuramente nelle persone più anziane, ma si iscrivono sempre più giovani e, in questo caso, riscontro molta voglia di conoscere come era la nostra città in epoche lontane. Anche perché, con i bombardamenti del ’43, il centro storico di Benevento fu quasi interamente distrutto e alcuni luoghi oggi si possono vedere soltanto in cartolina. Il Gruppo, allo stesso tempo, è caratterizzato da una forte componente social. Le persone che vivono lontano si sentono molto coinvolte, perché tramite noi rivivono la città che hanno dovuto lasciare e, sempre tramite i post che pubblichiamo, hanno la possibilità di rimettersi in contatto con persone che conoscevano ma che non sentivano più da molto tempo. Leggendo i commenti, mi è capitato diverse volte di assistere a persone che si ritrovano ed è sempre qualcosa di molto potente. Siamo molto onorati del fatto che avere tanto seguito comporti anche questo tipo di emozioni.

Manca poco più di una settimana al Natale. Come era quello del passato qui a Benevento?
Ricordo con nostalgia le festività natalizie di quando ero bambino e si andava a far visita ai parenti. In ogni casa in cui andavamo trovavamo sempre un clima di festa e c’era sempre qualcuno che si preoccupava di offrirci qualcosa di buono che era stato preparato da loro. Durante quelle visite facevo sempre delle grandi scorpacciate di torrone e non disdegnavo neanche di bere un pochino di liquore. Oltre allo Strega, presente in tutte le famiglie, c’era l’abitudine di offrire il liquore fatto in casa, come il Verdolino, il Mandarinetto, il Rosolio, il Nocino e altri ancora. Alcuni parenti o conoscenti, nelle loro case, preparavano in modo artigianale persino i fuochi d’artificio per la sera della Vigilia di Natale e per quella di Capodanno. Ho il ricordo di queste persone intente a costruire i famosi tric-trac. Tutto avveniva senza osservare minimamente una qualche buona norma di sicurezza. Lo si faceva pure accanto ad un camino acceso, vicino al quale si lasciava tranquillamente il cesto pieno di “botti”. Non mancava mai il solito buontempone che, per goliardia e per scatenare un po’ di panico, lanciava nel fuoco qualche miccetta per godersi tra le risate il fuggi fuggi generale. Veramente cose di altri tempi.

Grande protagonista era il torrone beneventano…
Le feste di Natale, in quegli anni, si trascorrevano in famiglia e con grande allegria. Mio nonno ci deliziava con i suoi rifornimenti di torrone artigianale che acquistava nei vari negozi specializzati della città, tra cui Mario Rosa, Sifo, le Fabbriche Riunite e altri. C’era l’imbarazzo della scelta, dalla “còpeta” formata da mandorle e miele, a quello con il cioccolato, con le nocciole, i torroncini-cassatina, che insieme al torrone del Papa potevano essere mangiate anche dalle persone che non avevano i denti, in quel periodo parecchie. I vari tipi di torrone, di grandezze diverse, erano contenuti in scatolette di cartone leggero con sopra delle figure, a volte leoni, a volte il Papa e a volte i monumenti di Benevento, che già allora guardavo affascinato. Il torrone del Papa, invece, era avvolto nelle inconfondibili confezioni verde chiaro, rosa o celestino. Un impasto di zucchero con canditi, striato di venature verdi o rosa … il sapore era buonissimo. Da bambino ricordo che dopo il cenone della Vigilia, era sempre il turno dei torroni e della frutta secca, insieme allo Strega ed altri liquori. Tutti dicevano che lo Strega si accompagnava benissimo al torrone, in particolare a quello bianco con le mandorle. Io, però, di liquore ne potevo bere ben poco, perché mi era giustamente vietato. Di torroni, invece, ne facevo una grande scorta. Mia nonna mangiava solo il torrone del Papa, per mancanza di denti, ma molte volte non si dava per vinta e avvolgeva i pezzi di torrone duro in un candido tovagliolo da cucina, rompendolo poi con un martelletto. Dopodiché apriva il tovagliolo e lo raccoglieva con un cucchiaino per mangiarlo avidamente, quasi a volersi vendicare per la sua bocca ridotta senza denti. 

Giocare a carte e la processione con il bambinello erano un ‘must’…Dopo la cena iniziavano ad arrivare i primi parenti e vicini per giocare a tombola. Il tavolo si riempiva di carte e i pezzetti di bucce di mandarino coprivano i numeri estratti da chi si occupava del cartellone. Fra le risate dei presenti, ogni numero veniva accompagnato dal significato che la cabala o la consuetudine popolare gli aveva assegnato. Dopo la tombola si passava al gioco del sette e mezzo o a quello della “menechella”. Intanto c’erano sempre alcuni che formavano un tavolo per giocare a “Stoppa”.  Allo scoccare della mezzanotte, dopo un grande brindisi, si andava tutti in processione cantando “Tu scendi dalle stelle” per posizionare Gesù Bambino nella culla del presepe. Poi tutti fuori a sentire gli spari, dico sentire perché all’epoca fuochi colorati se ne vedevano pochi, si sentivano più che altro i botti.  In quelle sere della Vigilia di Natale sembrava che svanisse ogni sofferenza ed ogni malanno. Tutti ci sentivamo ricchi e contenti, gli anziani tornavano fanciulli e si mischiavano alla gioia dei giovani. Erano davvero dei bei momenti che, visti con i miei occhi di bambino, mi apparivano irripetibili.

Tra le tante foto che pubblicate quotidianamente, c’è qualcosa di speciale legato al periodo natalizio che è tra le più amate dai beneventani e che ogni volta suscitano tante interazioni?
La foto e la ricetta del Cardone, pubblicate da mia moglie Liliana, sono tra le più gettonate. I beneventani amano questo piatto della nostra tradizione e ne vanno fieri. È bello anche assistere alle dispute che si creano nei commenti circa le varianti o il giorno in cui va consumato. C’è chi lo mangia tassativamente il giorno di Natale e chi a Santo Stefano, ma di sicuro c’è che sulle nostre tavole non manca mai.

Da grande esperto del passato e delle tradizioni cittadine, come vede invece il futuro della nostra città?
Il futuro non lo vedo molto positivamente, soprattutto per quanto riguarda molte tradizioni che si sono perse o che si vanno perdendo. In passato, ad esempio, il 13 dicembre si portava alla fidanzata la “mappata” con la prima “còpeta”, il classico torrone beneventano che veniva messo in commercio proprio in quella data. Gli zampognari andavano per le case a cantare la novena. Oggi non si vedono quasi più. Il 17 gennaio si usava accendere dei fuochi nei vari rioni della città, la famosa “lampa di Sant’Antuono”, che oggi per motivi di sicurezza è stata cancellata. Negli anni ’60 si organizzava un bellissimo Carnevale con la sfilata dei carri allegorici lungo il Corso. Non si fa più nemmeno quella. Potrei citare tanti altri esempi, ma il problema è che la città si sta svuotando sempre di più. Le persone anziane non sanno a chi tramandare le nostre vecchie tradizioni perché i giovani vanno a cercare fortuna altrove o comunque hanno altri interessi e altri modi di vivere la città.

Un’ultima domanda: lei è un riferimento da decenni come personale scolastico all’istituto Mazzini di piazza Risorgimento. Come è cambiato anche il mondo della scuola da quando ha iniziato?
Nella scuola ormai ci lavoro da circa quarant’anni, sempre alla scuola Mazzini di Piazza Risorgimento. Ho visto passare molte generazioni. È molto bello rivedere gli alunni anche in veste di genitori e, in alcuni casi, persino in quella di nonni. Ritrovarsi è sempre come una festa. Sono cambiati i tempi e, di conseguenza, è cambiata anche la scuola. Un tempo si finiva un po’ prima e i bambini avevano tutto il tempo di fare i compiti e di scendere in strada a giocare e socializzare…erano altri tempi.

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