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CULTURA

Bambole, trenini e vetrine a festa…quando il Natale era ‘Ievolella Giocattoli’: “Sul corso sembrava la Madonna delle Grazie”

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A ogni sguardo un sospiro. Per tanti e tanti anni la vetrina più ammirata e desiderata dai bambini di Benevento era sul corso Garibaldi. Un negozio che quasi formava un corpo unico con la Chiesa di Sant’Anna. Con l’avvicinarsi del Natale diventava una sorta di bottega dei sogni. Per cento anni lo è stata davvero. Tra luci e presepi, tra bambole e trenini in movimento. Una storia lunga, che viene da un altro mondo. “Tutto parte nel 1907, quando mio nonno Giovanni decise di aprire il Bazar Universale. Universale perché vendeva davvero di tutto”. A raccontarlo è Silvana Ievolella. Un pezzo importante di questo racconto: “Ci ho trascorso una trentina di anni, nel negozio. Perché a mio nonno subentrarono i suoi tre figli: mio padre Roberto, Ennio e Gaetano”.

L’arrivo dei giocattoli?

“Col tempo. Piano piano il negozio è andato a specializzarsi nei giocattoli, anche se si continuava a vendere anche altro”.

Perché la scelta di questo settore?

“Era un settore completamente scoperto. Faccio affidamento alla memoria ma fino agli anni Settanta altri negozi di giocattoli non ne ricordo”.

I suoi ricordi del Natale vissuto dall’interno del negozio di giocattoli?

“Ricordi gli anni Sessanta. A quei tempi non esisteva Babbo Natale, c’era soltanto la Befana. Noi ne esponevamo una in altezza naturale, dinanzi al negozio, fatta di cartapesta. E davanti aveva una sorta di cassetta postale dove i bambini potevano lasciare le proprie letterine. E i doni arrivavano la notte tra il 5 e il 6 gennaio, assieme alle calze. Calze ripiene di cioccolate e caramelle. E cenere – quando avevamo qualcosa da farci rimproverare -. Ma non la cenere di zucchero di oggi, cenere reale”.

Con l’entrata in scena di Babbo Natale è cambiato tutto?

“E’ cambiato tanto dal punto di vista commerciale. I regali anticipati a dicembre, per la vigilia di Natale. E la Befana piano piano ha perso centralità”.

Come vi preparavate?

“Il negozio veniva completamente trasformato, si allestiva tutto in funzione del Natale. Ricordo gli alberi e soprattutto i presepi. Anche perché trattavamo una ditta fiorentina specializzata nei pastori. Tutti colorati a mano, creazioni completamente diverse da quelle che potevi trovare sulle bancarelle. Più ricercate, particolari. Di qualità. Le racconto un aneddoto”.

Prego

“Avevamo dei clienti americani, innamorati di questi pastori fiorentini. Solitamente tornavano a Benevento nel periodo di agosto. E passavano sempre da noi per rifornirsi. Pure perché gli ordini per il Natale arrivavano già agli inizi dell’estate, tra giugno e luglio. E loro il presepe, negli Stati Uniti, lo tenevano installato tutto l’anno”.

Continuiamo col Natale

“Un altro ricordo indelebile è dato da un nostro collaboratore. Per molti anni, infatti, abbiamo organizzato il servizio di consegna a casa. E così le sere del 24, vestito da Babbo Natale, le trascorreva girando per Benevento con la sua sacca”.

Non proprio una vigilia di relax, insomma

“Era così per tutti noi. Il 24 sera l’unica cosa che volevamo fare, una volta tornati a casa, era togliere le scarpe e andare a dormire”.

Però non deve essere male per un bambino crescere in un negozio di giocattoli

“Non è proprio come si può pensare. Mica ci facevano scegliere il giocattolo! Si aspettava prima la chiusura delle vendite per la Befana, poi si distribuivano quelli rimasti tra noi nipoti. Però sì, dai: sempre bei giocattoli”.

I giocattoli più amati? Più richiesti?

“L’arredamento casa, sicuramente. Tutti pezzi in miniatura, ovviamente, in legno e dipinti a mano. Dei veri e propri gioiellini. Poi – parlo sempre degli anni Sessanta/Settanta – le prime bambole parlanti, giravano il volto e chiamavano la mamma. E per le bambine ancora carrozzine, passeggini. Per i maschietti, invece, il top era il trenino: andava tantissimo. E ovviamente pistole, fucili. Ma è in generale che andava tutto bene. Un percorso strepitoso fino agli Novanta, sotto ogni punto di vista”.

Quando è cambiato qualcosa?

“A Benevento con l’entrata in scena delle multinazionali, l’apertura dei centri commerciali e la pedonalizzazione del corso Garibaldi. Le abitudini dei clienti sono cambiate totalmente. E il corso ha progressivamente perso importanza. Per capirci: nel periodo di Natale, sul corso Garibaldi c’era una fiumana di gente. La stessa che abitualmente caratterizza la Festa della Madonna delle Grazie. E ancora, durante il resto dell’anno, c’erano sempre persone”.

Voi intanto avevate cambiato location

“Fino al 1974 il negozio è rimasto vicino la Chiesa. Mio nonno, con sua moglie Concetta e 8 figli abitava lì. C’era anche una finestrella che dava sull’interno della Chiesa e mio nonno – devotissimo a Sant’Anna – la messa l’ascoltava così tutte le mattine. Con mio padre, poi,  ci trasferimmo a palazzo Bosco Lucarelli, dove il negozio è rimasto fino a qualche anno fa”.

Il ricordo di Ievolella Giocattoli è comunque rimasto vivo nella memoria dei beneventani

“E’ vero, tanti ne parlano ancora. Penso sia merito  di quelle vetrine così curate, così belle. Generavano un impatto emotivo che è rimasto impresso nell’immaginario della comunità”.

Non solo nell’immaginario: siete entrati anche nel linguaggio dei beneventani. “Me par na maschera ‘e Ievolella”…

“E sì, vero. E’ che vendevamo anche rossetti, cipria, prodotti per gli occhi che non so neanche dire più di cosa si trattava – ma certo non era mascara. E così quando una donna esagerava nel truccarsi, beh, qualcuno glielo faceva notare: Me par na mascher ‘e Ievolella”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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