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Salute

Dati Agenas e assistenza sanitaria in Campania: l’analisi di Boccalone

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“L’indagine Agenas, che si segnala per il suo clamore, si è occupata del segmento ospedaliero sul piano nazionale, comparando al suo interno i risultati operativi di ogni singolo servizio sanitario regionale. Per la Campania, l’esito non è stato di sicuro esaltante. Un’indagine questa ricompresa in quella più ampia e complessiva condotta dal Ministero della Salute che ha come principale obiettivo il monitoraggio dei LEA (Livelli essenziali di Assistenza) nelle varie Regioni italiane attraverso il Nuovo Sistema di Garanzia, costruito su specifici indicatori.
Dalla valutazione, imperniata su 22 indicatori – scrive l’ex manager dell’ospedale Rummo, Nicola Boccalone, oggi referente locale di Cittadinanzattiva -, è emersa la fotografia dello stato di salute del Servizio Sanitario Nazionale nel suo complesso. I dati e i fattori sottoposti a valutazioni hanno riguardato le risultanze operative datate 2021.

Gli indicatori del Nuovo Sistema di Garanzia hanno toccato diversi ambiti, quali: prevenzione collettiva e sanità pubblica; assistenza distrettuale; assistenza ospedaliera; stima del fabbisogno sanitario; equità sociale; monitoraggio e valutazione dei percorsi diagnostico-terapeutici.

A questo insieme di indicatori fa seguito un sottoinsieme di ulteriori indicatori che prende il nome di CORE, utilizzato per la misurazione dei LEA. L’analisi complessiva di tutti i dati è stata fatta confluire e suddivisa in tre macroaree: area prevenzione, area distrettuale ed area ospedaliera. Per ogni area il livello di sufficienza dei LEA dovrebbe corrispondere ad una valutazione non inferiore a 60/100.

Non sorprende che le prime cinque posizioni della classifica ministeriale siano ad appannaggio dell’Emilia Romagna, Toscana, Provincia autonoma di Trento, Lombardia e Veneto. In fondo alla classifica trovano posto consolidato Calabria, Sardegna, Sicilia, Molise, Campania, Provincia autonoma di Bolzano ed ultima è la Valle d’Aosta.

Pur in presenza di segnali di miglioramento del nostro sistema sanitario regionale, che hanno interessato l’area ospedaliera nel suo complesso, varcando da poco e di poco la soglia della sufficienza, con passaggio dal 59,08% del 2020 a 62,68% nel 2021, si è ancora ben distanti dai valori ottimali dell’Emilia Romagna che segna addirittura il 94,50%. La Campania risulta ancora in debito di servizi, soprattutto nell’area distrettuale.

Non vi è dubbio – prosegue Boccalone – che la dichiarazione di dissesto economico-finanziario del sistema sanitario campano, per oltre 10 miliardi di euro, datata 2009, ha avuto non pochi effetti inibendo l’attivazione di politiche di investimento e assunzionali, con l’avvio di una fase di forzata ed infelice decrescita dell’offerta sanitaria. Al danno per il cittadino campano si aggiunse la beffa dell’innalzamento della tassazione Irpef, con l’applicazione dell’addizionale regionale massima. Negli anni immediatamente successivi alla dichiarazione di default, alla gestione della sanità campana fu imposto normativamente il rientro dal deficit economico.

L’attività di rientro dal deficit cominciò ad avere i suoi primi effetti già dal 2016, con i dati gestionali relativi agli anni 2013 e 2014 che giustificarono i primi decreti di estromissione dal piano di rientro per non poche Aziende Sanitarie a firma dell’ex Commissario governativo dott. Polimeni. Già dal 2016, il nostro sistema sanitario, sia pur per gruppi aziendali, aveva in gran parte rimosso le pastoie del commissariamento della sanità campana, potendosi così avviare percorsi assunzionali e/o di investimenti. D’altronde, non si spiegherebbe come, già prima della dichiarazione di chiusura del dissesto del 2020, sia stato “possibile”, ad esempio, emettere decreti commissariali che già nel 2018 prevedano la creazione di un polo oncologico presso il P.O. Sant’Alfonso Maria De’ Liguori di Sant’Agata de’ Goti e, di lì a poco, la ristrutturazione dell’intera offerta ospedaliera attraverso una totale rigenerazione della struttura: linee programmatiche che richiedono specifiche previsioni negli atti aziendali, da supportare adeguatamente sul piano economico per la loro attuazione. Al di là della concretezza degli atti, questo e altro si è verificato in diverse aree territoriali campane, ancor prima della definizione dello stato di dissesto della sanità decretato nell’anno 2020.

L’indagine ministeriale ha evidenziato, sì, qualche miglioramento complessivo in ambito area ospedaliera, ma la risposta ai cittadini campani è ancora insufficiente sul piano dei Livelli Essenziali Assistenziali (LEA). Il livello di tassazione, però, sfiora ancora i livelli massimi, segnati nel 2021 (post chiusura commissariamento 2020) per una pressione fiscale al 2,03%, in relazione ad un minino dell’1,23% ed un massimo di 2,1%. Rimodulata per scaglioni di reddito, a decorrere dal 2022, dalla legge regionale n.7 del 30 marzo 2022, l’addizionale regionale Irpef mantiene saldo il primato tra le Regioni a tassazione più alta, unitamente al Lazio. “Tasse svedesi e servizi adeguati”?, conclude Boccalone.

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