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Scusate, ma il centrodestra?

Oggi, proprio come sei mesi fa, in Campania la coalizione non esiste. Ed è proprio nelle nostre aree interne, nel Sannio come in Irpinia, che questo vuoto politico emerge in tutta la sua evidenza, in ragione di una rappresentanza parlamentare distante ed incapace di incidere sull’agenda di governo e maggioranza, troppo leggera persino per imporre una linea sui territori, per costringere amministratori e riferimenti a superare livori, distanze e veti incrociati

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Il futuro del Pd e del centrosinistra, in Italia come in Campania, è tutto da scrivere. Con la vittoria di Elly Schlein alle primarie dello scorso 26 febbraio, d’altro canto, è nato un Pd nuovo, che accetta la sfida della radicalità, che unisce diritti sociali e civili, che si propone al Paese con le parole forti di una sinistra moderna, europea, plurale e di governo. Un Pd libero dall’ossessione del moderatismo, un Pd, eccoci alla Campania, che va rifondato in primo luogo sui territori, nella riscoperta della vera militanza, fuori dai Palazzi, anche a costo di sfidare la logica del consenso militarizzato, ovvero il potere costituito che da queste parti ha il volto del governatore De Luca. E’ dunque logico che ci sia grande attenzione per la vicenda interna al Partito democratico, è dunque logico che a queste latitudini, nonostante manchino circa tre anni alle prossime regionali, si discuta quotidianamente del terzo mandato di De Luca, delle alleanze possibili in vista delle amministrative del prossimo anno in chiave regionale, del rapporto con i Cinque Stelle piuttosto che con il variegato universo centrista, della sintesi possibile e necessaria tra le ragioni del rinnovamento e quelle della continuità.

Ma cosa si muove dall’altra parte del campo? Conquistato il governo del Paese il centrodestra sovranista coltiva l’ovvia ambizione di consolidare la propria egemonia, puntando, anche attraverso la riforma delle Province, a ridefinire i rapporti di forza sul piano territoriale, soprattutto in quei contesti, come la Campania, dove la grandissima maggioranza delle amministrazioni è riconducibile al Pd e al centrosinistra. Insomma, l’obiettivo dovrebbe essere quello della rigenerazione sui territori sfruttando al meglio le leve del governo, attraverso il protagonismo di una rappresentanza parlamentare credibile, capace di promuovere e garantire gli interessi delle comunità e di gruppi dirigenti riconoscibili, in grado di spingere sul terreno del radicamento, di ricercare nuove connessioni con il tessuto sociale e produttivo, di recuperare il dialogo con mondi, interessi e soggetti che nel corso di questi anni hanno trovato asilo all’ombra di Palazzo Santa Lucia. Non sta accadendo nulla di tutto questo.

Oggi, proprio come sei mesi fa, il centrodestra campano continua sostanzialmente a non esistere. Ed è proprio nelle nostre aree interne, nel Sannio come in Irpinia, che questo vuoto politico emerge in tutta la sua evidenza, in ragione di una rappresentanza parlamentare sostanzialmente latitante, ovvero del tutto incapace di farsi carico delle aspettative delle comunità, troppo leggera in termini politici per poter incidere sull’agenda di governo e maggioranza, per orientare processi e decisioni, troppo leggera persino per imporre l’unità sui territori, per costringere amministratori e riferimenti a superare livori, distanze e veti incrociati.

L’incapacità di incidere sull’agenda del governo e della maggioranza la stiamo verificando in queste settimane in relazione al Pnrr, segnatamente sul terminal logistico di Valle Ufita e sui Fondi Sviluppo e Coesione, ma l’abbiamo verificata anche nei mesi precedenti su molti temi, sull’autonomia differenziata, sulla sanità, sulle proposte di riforma della pubblica istruzione. L’incapacità di incidere sul terreno della riorganizzazione territoriale la verifichiamo, invece, ogni giorno. Nelle divisioni interne agli stessi partiti, nell’asimmetria delle collocazioni dei vari riferimenti e delle varie fazioni sul piano della rappresentanza istituzionale, nella totale incapacità di esprimere una linea unitaria, di stare sulle questioni che gravano sul presente e sul futuro dei territori, nella litigiosità che caratterizza il confronto interno alla coalizione, nella moltiplicazione delle linee politiche su ogni singola questione qualificante, nell’assenza di gruppi dirigenti legittimati, di partiti riconoscibili e strutturati.

Se dunque per un verso c’è il Pd con tutte le sue contraddizioni ma anche con la sua forza, dunque il centrosinistra con i suoi perimetri variabili, per altro verso non c’è la destra di governo ma c’è, innanzitutto, il civismo dell’indistinto, costituito da sindaci ed amministratori che nel vuoto si muovono in massima libertà per capitalizzare al meglio l’utilità marginale di cui sono portatori, vuoi in chiave anti governatore vuoi per ricercare sintesi proficue con il sistema di potere regionale.

In tale quadro, evidentemente, non c’è margine per immaginare che fra un anno, quando saremo chiamati al voto per le europee e per le amministrative, e con tutta probabilità anche per le provinciali, il centrodestra si presenterà coeso sui territori per puntare a vincere con l’ambizione di lanciare la volata per le regionali. Con ogni probabilità ci ritroveremo a fare i conti con tanti centrodestra, con una coalizione polverizzata che, soprattutto nei centri più grandi, si spaccherà in molteplici opzioni, ovvero, nella migliore delle ipotesi, con una coalizione unita sulla carta ma strutturalmente incapace di proporsi per la vittoria, costretta a percorrere la via della desistenza con la sola ambizione di concorrere alla sconfitta del fronte del governatore.

Insomma, l’unica strategia che il centrodestra di governo sembra essere in grado di adottare in Campania è quella di assecondare l’inerzia, ovvero di giocare di rimessa scommettendo sul progressivo declino di De Luca, sulla scomposizione di quel sistema di potere e sul fallimento di Elly Schlein, dunque sulla capacità di allargare il più possibile i perimetri della coalizione attorno ad un candidato apicale sufficientemente credibile. Per conquistare la Campania, dunque, la destra di governo si affida al Pd.

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