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CRONACA

Benevento, disabile aggredito in un centro. La lettera: ‘Mio fratello non ha più futuro’

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“Egr. Sig. Sindaco di Benevento, Egr. Assessore ai Servizi Sociali, Gent.ma Responsabile Settore Servizi Sociali, non ho potuto fare a meno di voler condividere con voi l’esperienza brutale e disumana che purtroppo sta segnando la mia vita in questi giorni terribili. Sono la sorella di Vincenzo Sorice, la persona che ha subito, nei giorni scorsi, l’aggressione in un centro specializzato di accoglienza per disabili di questo Comune. 

Vi rassicuro subito sul fatto che questo mio atto non rappresenta la rancorosa volontà di addossare colpe e responsabilità, delle quali sarà l’Autorità Giudiziaria a valutare peso e consistenza. Lo scopo accorato di queste mie righe è quello di rispondere alla solita e scontata asserzione che accompagna i clamori e gli istinti momentanei di coloro che, investiti da quanto accaduto, rispondono laconicamente: “mi dispiace”. 

Attraverso quel “mi dispiace” sembra che si possa assolvere al proprio compito di umana comprensione mentre, appena un attimo dopo, ci si contraddice manifestando chiaramente la volontà di scrollarsi tutto di dosso, ricominciando come prima, come se nulla fosse successo, accantonando quanto accaduto nel solito fatalistico pensiero: “cose che succedono, è stata una disgrazia”. 

Quanto successo non è stata una disgrazia ed è qualcosa che si poteva evitare. Mio fratello non ha più un futuro, in questo momento combatte tra la vita e la morte. La sua fine è in ogni caso segnata: nella migliore delle ipotesi sarà un vegetale mentre si profila, sempre più insistentemente, l’eventualità di una fine ignobile per una persona che ha vissuto, certo, con difficoltà ma sempre circondata dagli affetti e dalle attenzioni di chi gli voleva bene e che ha fatto in modo da garantirgli una crescita sana, serena e autonoma. 

Questo non è un percorso scontato, ha comportato difficoltà immani e impensabili per chi è abituato a vivere una vita normale. La garanzia di assistenza, di cura costante, di stimoli indotti da esercizi continui hanno condotto Vincenzo a raggiungere risultati incredibili, giungendo fino all’inserimento totale e inclusivo nei contesti sociali, testimoniati dalla frequentazione della scuola pubblica senza dover imporre alcun significativo rallentamento sull’andamento naturale della didattica di classe per gli altri ragazzi. Un successo che, come sorella, mi rende orgogliosa. [….] Tuttavia, la costruzione di un tragitto simile ha al suo interno una caratteristica ben precisa, che chi opera in questi contesti, a qualsiasi titolo, deve considerare: la sacra fragilità di un essere umano che va difeso e protetto nella sua debolezza. [….] . Ognuno di noi deve sentirsi addossata la responsabilità, in coscienza, delle scelte fatte o mancate e delle azioni svolte o rimandate, che sono, esse sì, causa e motivazione del realizzarsi dell’evento. […..] Non chiediamo azioni simbolicamente punitive ma atti morali, attraverso una presa di coscienza ed un bagno di umiltà, in modo che chi non è all’altezza di un tale peso avverta la propria inadeguatezza. Questo deve valere in special modo per chi ha responsabilità superiori. Tante sono le domande che ci poniamo in queste ore: chi ha permesso la commistione di individui tanto dissimili tra loro per esigenze e bisogni? Come si è arrivati a valutare con così tanta negligenza la possibilità di riunire in modo così avventato persone fragili con altre dotate di così alti e potenziali rischi? Qual è il livello di vigilanza che le circonda durante la permanenza in queste sedi? [….] È necessario assumersi razionalmente il peso di questi fatti e trarre delle riflessioni, mettendosi con umiltà nell’idea di pensare che “qualcosa è sbagliato ed è il momento di rimediare, correggendo le manchevolezze precedenti”. Assumere un atteggiamento diverso, operare con attenzione e umanità, saper valutare i rischi, i pericoli e adottare comportamenti sensibili sono doti che possono non appartenere a tutti. Chi le deve valutare cosa fa? Quale tipo di espressione umana si produce in questi ambienti? Quale tipo di forza si mette in atto per difendere queste persone? Mio fratello non sarà più partecipe di tutto questo e la sua fine è segnata, ma queste domande restano vive ed è impossibile rassegnarsi fatalmente a quanto accaduto facendo decadere la cosa come fatto di cronaca. [….] Non chiediamo rivalse ma consapevolezza di ciò che si fa, a partire da chi ha le responsabilità più importanti. Questa sarebbe la giusta e concreta risposta verso chi soffre e verso chi si affida alle strutture pubbliche ponendosi ad esse con fiducia. Perdere questo patrimonio di credito significa ledere un rapporto tra Stato e cittadino e ciò che lo rappresenta, significa che la vita umana, la più fragile, è messa a repentaglio da un’organizzazione incapace di corrispondere ai suoi doveri, prima di tutto umani e solo dopo normativi.

È fondamentale un segnale d’azione, un cenno di attenzione. Un atto del genere, da parte Sua Signor Sindaco, sarebbe di grande conforto su ciò che è accaduto, affinché l’esperienza di mio fratello non rimanga un sacrificio inutile per lui e per tutti coloro che frequentano questi spazi – compreso il reo protagonista di questo dolore, vittima anch’egli – non esponendo questi cittadini inermi a rischi potenziali ed evitando il ripetersi su altri delle stesse conseguenze.

Qual è la misura del valore di un uomo? Lei da cristiano, come ha dimostrato più volte nel corso della Sua vita pubblica e privata, crediamo abbia consapevolezza di tutto questo, sapendo dare valore ai richiami della coscienza; il nostro intento è che questo appello arrivi al Suo cuore, comprendendo quanto il nostro sia inevitabilmente e profondamente spezzato e quanto noi, oggi, siamo nella condizione disperata di trovare una speranza e un sostegno. Questo grido di dolore vogliamo riproporlo anche in sedi pubbliche e non ci fermeremo fin quando non saremo ascoltati”. (Lidia Sorice)

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