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CULTURA

A lezione di anni ’90 da Max Pezzali

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Si può trasformare il monumentale Teatro Romano di Benevento in un cantiere aperto per vecchi nostalgici intenti a ricordare in musica i bei tempi andati? Certo che sì, se in cattedra sale il Prof. Max Pezzali, dell’Università di Pavia, matricola ministeriale 833, per la sua lectio magistralis sugli anni ’90. 

I suoi studenti chiassosi, benché forzatamente relegati sul posto dalla nuova normalità pandemica, fanno tutti o quasi parte di quella generazione apparentemente anonima e insipida. Una generazione, diciamolo francamente, un po’ sfigata.

Troppo giovani per aver vissuto il boom del dopoguerra, troppo poco politicamente impegnati rispetto alle pulsioni rivoluzionarie del ‘68, troppo poco sensazionali finanche in confronto ai favolosi anni ’80. Ci siamo sentiti il decennio di passaggio, quasi una statale di provincia, verso le promesse futuribili del nuovo millennio.

Max ci ha inoculato invece l’anticorpo della nostalgia. Ci ha riportato a quel senso di leggerezza, di evasione, di giri in motorino a perdersi e ritrovarsi al bar con gli amici di sempre, le chiacchiere, il viaggio, la scoperta, la possibilità di non essere reperibili, di sparire e ricomparire.

D’improvviso un senso di vissuto condiviso si è impossessato dei presenti: la consapevolezza che quell’adolescenza non sarebbe di certo durata a vita, sopraffatta dalla durezza dell’essere grandi, ma ci ha dato comunque la possibilità di vivere esperienze uniche nella loro semplicità.

Sensazioni ed emozioni veicolate dai nastri spesso aggrovigliati delle musicassette e dal rombo dei motorini truccati, dimenticate nella distanza di una vita sempre più digitale, abituata alle connessioni stabili, ma poco avvezza alle relazioni autentiche.  Dopo essere stati privati del contatto reale, avevamo proprio bisogno di riportare alla mente tempi lenti in cui ci si divertiva con poco e l’evasione era all’insegna delle cazzate al bar in serate interminabili e non della trasgressione forzata da movida…

Ne avevamo bisogno in questa Estate del 2021, carica di vittorie, dalla Nazionale di Calcio agli Europei alle recenti medaglie Olimpiche, ma forse ancora piena di timori indotti dalla situazione pandemica, ancora timorosa nel lasciarsi alle spalle tutto e ricominciare a concedersi momenti di svago. Ne avevano bisogno quei 90’s dal futuro incerto e dalle vite ancora irrisolte che cantando a squarciagola sulle note degli 883 si sono forse resi conto che, anche loro, hanno plasmato il mondo.

Se un millennial applica o subisce la friendzone è perché è esistita La regola dell’amico, se tempesta di like chi gli o le piace e poi strappa un appuntamento è perché, come tampinare un Mito, l’ha spiegato in musica il Profeta Max.  E se l’appuntamento dovesse finire con un nulla di fatto, con il classico due di picche anche dalla cassiera? Niente paura ascoltate Nella notte e vi sembrerà lo stesso il più bello dei weekend!

Sul palco del BCT Music Festival, Max insieme a Ernesto Ghezzi alle tastiere, Giorgio Mastrocola alla chitarra ritmica, Andrea Torresani al basso, Giordano Colombo alla batteria e Davide Ferrario a chitarre, sintetizzatori e programmazioni ci ha raccontato come si era giovani vent’anni fa. Ha riproposto, alle volte fedelmente, alle volte in nuovi arrangiamenti, praticamente quasi tutte le canzoni dei primi 4 album degli 883 (Hanno ucciso l’uomo ragno, 1992, Nord sud ovest est, 1993, La donna, il sogno & il grande incubo, 1995, La dura legge del gol! 1997).

I successi del quinquennio d’oro degli 883 hanno rappresentato e raccontato un’intera generazione, evidenziandone svaghi e paranoie, prerogative e contraddizioni.

In fondo, nonostante il tempo passi, viviamo ancora la “quotidiana guerra con la razionalità”, con nuovi pensieri e altre paure, ma forgiate dalle storie nate incontrandosi nello stesso posto, nello stesso bar.

È stata una serata nostalgica, un raduno di classe, in cui ci si tuffa nel passato non per farsi attanagliare dai ricordi e far riaffiorare qualche rimpianto, ma per darsi un po’ di coraggio, per dirsi che sebbene il mondo vada sempre più veloce non è detto che bisogna tenere il passo della Generazione Z, ma si può tranquillamente “tenere il tempo”. Il nostro tempo.

Ad oggi risulta difficile capire quali siano le nostre mete, ma sappiamo almeno quale sarà sempre il nostro ritmo: quello di un ragazzo della provincia italiana che con sole tre cifre ha segnato l’immaginario di un’intera generazione.

Marialaura Orlando – Guido Bianchini

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