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CRONACA

Benevento celebra la Repubblica tra speranze per il futuro e il ricordo dei caduti del covid

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Benevento celebra il 75° anniversario di proclamazione della Repubblica. Anche quest’anno a causa del Covid, la manifestazione si è tenuta in forma ridotta con la consueta lettura del messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, da parte del prefetto del capoluogo, Carlo Torlontano, e la deposizione della corona di fiori in memoria dei caduti.

Una festa particolare che come nel 2020 si è tenuta nel rispetto delle distanze di sicurezza e con le mascherine a ricordare la battaglia che stiamo combattendo contro il virus, ma anche l’importanza delle libertà personali che la Repubblica garantisce e che sono state messe a dura prova nella lotta al covid.

Se lo scorso anno era stato il ricordo dei balconi e dell’unità nazionale della prima fase del lockdown ad animare lo spirito delle celebrazioni, quest’anno lo sguardo è rivolto al futuro alla speranza di ripresa, crescita e al ritorno alle normali attività quotidiane.

Alla celebrazioni hanno preso parte tutte le principali cariche civili, militari e religiose della provincia. Tra queste anche il sindaco del capoluogo, Clemente Mastella, che nel suo discorso ha voluto sottolineare l’importanza “del momento storico che stiamo vivendo”. Infine uno sguardo alla ripartenza economica: “I dati – ha concluso il primo cittadino – dicono che cresceremo in termini di pil e ricchezza, è un momento cruciale per il nostro Paese”.

In onore delle celebrazioni, la Prefettura e l’Arco di Traiano saranno illuminati questa sera con il tricolore. Un omaggio anche per il 160esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Nei prossimi giorni, invece, saranno consegnate al Palazzo del Governo le onorificenze concesse ai cittadini sanniti.

“E’ il 75° anniversario per la Festa della Repubblica celebrata per la prima il 2 giugno del 1947 in ricordo dell’esito della consultazione referendaria del 2 e il 3 giugno 1946 allorché il popolo volle la forma repubblicana”. Lo ha dichiarato il presidente della Provincia, Antonio Di Maria.

“Quel 2 giugno, dunque, segnò simbolicamente un nuovo inizio dell’Italia ed un punto di ripartenza per il popolo italiano. La Seconda Guerra Mondiale si era da poco conclusa e quegli anni terribili si caratterizzarono per la devastazione delle nostre Città e dei nostri borghi, insieme a lutti e dolori inenarrabili: non furono solo gli uomini in armi a cadere, ma anche civili inermi, insieme a donne e bambini. E’ accaduto in questa Città, come in tanti Comuni del Sannio, come a San Pietro Infine, come a Cassino, come a Sant’Anna di Stazzema, come in tantissimi altri piccoli e grandi centri per stragi o eccidi talora dimenticati.

Il Paese era ricoperto da profonde piaghe, fisiche e morali; non c’era di che sfamare il popolo; non c’erano case per ospitare gli sfollati; la lira non aveva valore.

Ma non c’era solo la fame a segnare quell’epoca.

Per delineare l’atmosfera di quei mesi basti ricordare che il Presidente del Consiglio dei Ministri, Alcide De Gasperi, si rivolse con queste parole al Congresso dei Rappresentanti delle Potenze vincitrici della Guerra: “Sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me”.

Per oltre 12 milioni di italiani, dunque, la Repubblica sembrò la scelta giusta per cambiare radicalmente pagina.

E a simboleggiare quel passaggio epocale furono le donne finalmente ammesse al voto e che elessero una loro sia pur piccola, ma qualificata pattuglia nell’Assemblea Costituente.

Tra contraddizioni, inefficienze, mancanze, dimenticanze, pagine oscure e cedimenti di diversa natura, la Repubblica ha tuttavia garantito in questi 75 anni uno straordinario cambiamento delle condizioni di vita del popolo e l’affermazione dei principali diritti civili, sociali e politici.

Eppure, mai come in questo 2021, il Paese sembra che si trovi a rincorrere in qualche misura una ricostruzione quasi come quella di 75 anni or sono: la colpa, stavolta, non è imputabile alla guerra, ma ad una pandemia che ha piegato attività economiche e commerciali, ha bloccato il turismo, la libertà di movimento e, persino, la manifestazione più naturale e consuetudinaria dell’incontro tra le persone e cioè la stretta di mano.

La pandemia ha ucciso quasi 140mila connazionali e ne ha aggredito 4 milioni; ha portato dolore, angoscia e solitudine ed ha privato il Paese di tante intelligenze, professionalità, capacità. Tanti uomini e donne, dediti al dovere, sono infatti stati contagiati mentre assolvevano ai propri compiti e manifestavano la loro solidarietà verso gli altri. 

Su queste macerie morali occorre, dunque, ancora una volta ripartire.

Proprio in questi giorni le Autorità di Governo hanno concesso il via libera per allentare molte delle restrizioni imposte dalla pandemia; ma certamente in questo momento il nostro Paese è chiamato all’ennesima sfida: secondo molti analisti è quella decisiva.

Nel Sannio la pandemia ha acuito le criticità e le difficoltà in cui era costretto da tempo: la battaglia che deve vedere impegnata la nostra comunità, nessuno escluso, è quella di interrompere finalmente il trend dello spopolamento e della desertificazione sociale e determinare le condizioni per una crescita finalmente della occupazione, specialmente giovanile, dopo tanti decenni di segni assolutamente negativi in questa Classifica.

In verità, si colgono all’orizzonte molti segnali positivi dovuti, in particolare, ad importanti e qualificati investimenti di spesa pubblica in materia soprattutto di infrastrutture materiali ed immateriali che possono creare le condizioni per la rinascita.

Ma occorre una corretta e qualificata pianificazione dello sviluppo e soprattutto una trasparente e corretta concretizzazione nella realizzazione delle opere.

Perché si possano garantire le condizioni della rinascita del nostro Paese dobbiamo tornare allo stesso spirito che animava il cuore degli italiani di 75 anni fa e che può essere sintetizzato con queste semplici, ma bellissime parole della sen. Liliana Segre: “La Repubblica non è un’identità lontana: siamo noi, tutti noi”.

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