CRONACA
Sannio, inquinamento ambientale e frode: sequestrati impianti di depurazione
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Sequestro preventivo di numerosi depuratori comunali recapitanti reflui fognari nei fiumi Calore e Sabato della provincia sannita. Questa l’operazione portata a segno nella mattinata di oggi, a completamento di una complessa indagine coordinata dai magistrati della Procura della Repubblica di Benevento per contrastare i reati ambientali.
Il provvedimento, emesso dal Gip nell’ambito di un procedimento penale nei confronti di tre amministratori di alcune società di gestione dei servizi di depurazione a Benevento, Moiano, Melizzano, Apollosa e Arpaise, è stato eseguito dal personale del NIPAF presso il Gruppo Carabinieri Forestale del capoluogo sannita in collaborazione con la Capitaneria di Porto di Torre del Greco – N.O.D.M.. I reati ipotizzati sono inquinamento ambientale e frode in pubblica fornitura nell’esecuzione del contratto di appalto del servizio di gestione e manutenzione dei depuratori.
L’INDAGINE – Dall’attività investigativa, iniziata nel 2016, è emerso infatti che, a cagione del malfunzionamento dei depuratori, derivante dalla cattiva gestione, manutenzione e inadeguatezza strutturale degli impianti per la depurazione dei liquami fognari, ci sono stati “un’abusiva compromissione e deterioramento dei corsi d’acqua naturali, delle rive e dei suoli e più in generale dell’ecosistema, delle biodiversità e della flora e fauna che caratterizzano i fiumi beneventani, tutti paesaggisticamente tutelati”.
Dagli esiti analitici dei campionamenti fatti dal consulente tecnico nominato, congiuntamente all’Arpac e alla Polizia Giudiziaria, è stata evidenziata la presenza – oltre ai limiti di legge consentiti – di azoto ammoniacale, tensioattivi totali, solidi sospesi, COD, escherichia coli, sostanze inquinanti che incidono negativamente sull’acqua determinando un decadimento dello stato e della qualità ecologica del Calore e del Sabato. Secondo i magistrati, per sopperire al malfunzionamento degli impianti, venivano utilizzate grosse quantità di disinfettanti nel tentativo di ridurre l’impatto inquinante dei reflui. Un’azione che, però, a lungo andare, ha peggiorato ulteriormente lo stato di salute dei corsi d’acqua.
IL PRECEDENTE – L’inquinamento fluviale era già stato oggetto di indagini nel periodo 2009/2012: in quell’occasione furono accertate notevoli criticità nei fiumi beneventani. Venne acclarata anche una compromissione dei corsi principali che determinò il divieto, ancora esistente, di prelievo e utilizzo a scopo irriguo per le coltivazioni ortofrutticole destinate al consumo umano e animale, fino alla risoluzione dela contaminazione rilevata.
GLI ECOREATI – Con l’entrata in vigore della legge n. 68/2015 e l’introduzione degli ecoreati, la Procura ha conferito una delega d’indagine alla Guardia Costiera di Torre del Greco e ai Forestali, che hanno lavorato in un ordine temporale articolato in diverse fasi: in primis, attraverso il telerilevamento ambientale delle aste fluviali sannite con mezzi aerei e la successiva verifica in loco per constatare le molteplici abusive immissioni, con l’obiettivo di procedere al censimento sia degli scarichi urbani diretti, non depurati, sia di quelli provenienti da impianti di depurazione. Nella seconda fase, poi, la successiva identificazione dei responsabili e l’accertamento della funzionalità dei depuratori per il trattamento delle acque reflue.
A conclusione dell’attività, è stato disposto il sequestro preventivo di 11 scarichi diretti urbani nei fiumi senza alcuna depurazione e di 6 impianti che scaricavano reflui fognari nei corpi idrici del Sannio. L’intera indagine ha dunque consentito di acclarare numerosissime violazioni della normativa ambientale, con particolare riferimento ai sistemi di smaltimento di acque reflue nell’intero territorio sannita, così da far ritenere sussistente un gravissimo deterioramento significativo e misurabile dei corpi idrici superficiali del bacino idrografico locale, modificando l’originaria consistenza della matrice ambientale dei fiumi, con uno squilibrio strutturale caratterizzato da un decadimento di stato e qualità dei corsi, dovuto dalle immissioni plurime di sostanze inquinanti.
Le attività del perito hanno inoltre consentito di acquisire seri elementi in ordine al delitto di frode in pubblica fornitura. Secondo gli inquirenti, infatti, le società di gestione avrebbero fornito un servizio di qualità inferiore rispetto ai contratti stipulati per l’affidamento dell’incarico.
Infine, dagli accertamenti di Polizia Giudiziaria è emersa la commissione di una serie di condotte illecite: in particolare, l’apertura di numerosi scarichi non autorizzati e il superamento dei limiti tabellari previsti per gli scarichi, che saranno oggetto di segnalazioni alle autorità amministrative competenti per le sanzioni specifiche.
Tutti i depuratori, così come avvenuto in precedenza per gli scarichi diretti, sono stati sottoposti a sequestro preventivo con facoltà d’uso. Una scelta nata per consentire agli enti locali e ai gestori degli impianti di attivarsi per impedire la protrazione degli scarichi senza adeguata depurazione.
LE REAZIONI – “Apprendo dalla stampa del sequestro preventivo, con facoltà d’uso, del depuratore di Melizzano disposta dalla Procura della Repubblica di Benevento. Come sempre siamo rispettosi dell’iniziativa della magistratura e siamo certi che il gestore dell’impianto, la Gesesa, saprà chiarire ogni rilievo che ha determinato tale situazione, così come dalla stessa già anticipatomi, apprestandosi peraltro ad inoltrare formale richiesta di dissequestro”. Così in una nota il sindaco del centro sannita, Rossano Insogna.
“Ciò che posso aggiungere è che l’Amministrazione di Melizzano, uno dei pochi comuni del Sannio ad avere ben due depuratori, ha sempre riservato alla tutela ambientale il massimo dell’attenzione e così continueremo a fare”.
LE DICHIARAZIONI DI GESESA – “In merito al sequestro degli impianti di depurazione di Benevento Capodimonte e Melizzano, GESESA S.p.A. (coinvolta nella vicenda, ndr) esprime la propria fiducia nell’azione della Magistratura e conferma la piena disponibilità a collaborare, per dimostrare la totale estraneità dell’Azienda, rispetto alle fattispecie contestatele.
Ribadisce la correttezza della sua azione di gestione e manutenzione degli impianti, sia di questi per i quali è stato disposto il sequestro, che di tutti gli altri, ed è pronta a dimostrare, in qualunque sede, di avere agito sempre nell’espletamento di un corretto servizio e nella massima tutela delle risorse ambientali.
Il procedimento di sequestro, a parere di GESESA, sembra eccessivo e, comunque, presenta palesi incongruenze, che saranno dimostrate, così come già successo in altre occasioni, e che hanno portato al pieno proscioglimento dell’Azienda. GESESA ha già conferito mandato ai suoi legali per richiedere il dissequestro degli impianti”.