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Emergenza abitativa, Basile attacca le istituzioni: “Il problema dei senza casa ritorni nell’agenda delle forze politiche”

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L’esponente del Movimento di Lotta per la Casa, Pasquale Basile, ha inviato una nota in merito all’emergenza abitativa in città, con l’obiettivo di aprire una riflessione sera sulle modalità di intervento delle istituzioni.
“Quello che sta accadendo alle famiglie senza casa negli ultimi giorni – scrive Basile – è davvero preoccupante e per questo è necessaria una riflessione seria sulle modalità con cui i problemi di natura sociale, che sono in aumento a causa della crisi economica, vengono affrontati dalle istituzioni.
Le proteste della scorsa settimana hanno determinato altre possibili denunce e la presa di posizione stizzita ed incomprensibile da parte del Prefetto Galeone. La stessa infatti ha rispolverato vecchi dubbi e vecchi luoghi comuni sul conto di queste famiglie. Ancora si insinua il dubbio di chi approfitta non avendo un bisogno reale, un dubbio talmente stupido che può essere sfatato già pensando che nemmeno il più grande degli approfittatori, pur non avendone bisogno, accetterebbe di vivere all’interno di scuole dove piove dai tetti, dove i riscaldamenti ancora non vengono accesi (in tutte le scuole pubbliche i riscaldamenti funzionano ma purtroppo soltanto a San Modesto e Ponticelli nonostante mille solleciti si continua a lasciare bambini al freddo) , dove salta l’impianto elettrico, dove il bagno è quello di una struttura scolastica.
Ma ancora di più,non contenta, ha dichiarato che la protesta non acclara il diritto ad una casa, come se fosse una cosa di tutti i giorni arrivare a prendere delle denunce o delle manganellate per il solo cruccio di approfittare delle istituzioni pubbliche.
Il clima instauratosi in città – continua nel comunicato stampa – è davvero preoccupante poichè è in atto, già da diverso tempo, un tentativo di criminalizzazione di un movimento che in realtà ha fatto dell’anagrafe delle utenze, e dei controlli su chi occupa illegittamamente gli alloggi popolari, una propria bandiera.
Da circa due anni queste famiglie chiedono di avere chiarezza dei requisiti posseduti da coloro che abitano le case popolari ma le istituzioni anzichè sfatare qualsiasi tipo di dubbio o meglio impegnarsi nel liberare gli alloggi, preferiscono rispondere demandando al Questore la risoluzione dei problemi attraverso una repressione scientifica, che viene però utilizzata soltanto per le famiglie di disperati e chiudendo gli occhi o dimostrandosi più tolleranti su altri versanti.
La difesa di una legalità parziale diviene lo strumento per reprimere e criminalizzare delle persone che commettono il sol peccato di rivendicare un diritto anzichè elemosinarlo.
Parlo di legalità parziale – aggiunge – perchè intanto quando l’applicazione della legge (mi riferisco alla regionale 18 del 1997) può essere un piccolo inizio per stanare i privilegiati e dare risposta innanzi tutto alle 700 famiglie in graduatoria e per il solo 25% a chi vive nelle scuole ,invece sorgono mille ostacoli.
La legge che queste famiglie chiedono di applicare infatti prevede che degli alloggi resi disponibili ,soltanto il 25% di essi può essere destinato ai casi emergenziali, pertanto chi fomenta la guerra tra poveri lo fa a fini strumentali credendo che sia possibile continuare ad amministrare la città mettendo gli uni contro gli altri. Queste famiglie stanno lottando innanzi tutto per le 700 in graduatoria e soltanto per una piccola percentuale per loro stessi.
Queste famiglie – prosegue Basile – stanno dando un grande esempio di civiltà in una città abituata troppo spesso a chinar la testa o ad elemosinare piaceri e proprio per questo si sta provando a criminalizzarli o peggio a ridurre la loro legittima vertenza ad un problema di ordine pubblico.
Credo che la causa di base sia una totale chiusura delle istituzioni. La vertenza abitativa non deve essere risolta altrimenti queste famiglie creerebbero un precedente, un esempio, sarebbero la lampante dimostrazione che rivendicare un diritto costituzionale alla luce del sole è più utile che andarlo ad elemosinare nelle segrete stanze. La famiglie senza casa fanno paura non per quello che sono ma per il concetto che esse rappresentano.
E c’è una regia occulta, un abile manovratore che riesce a far apparire la realtà per quello che non è, che riesce ad affossare la vertenza ogniqualvolta si comincia a prendere la giusta via.
Se delle famiglie indigenti occupano uno stabile di proprietà comunale gestito al momento dalla curia, un sindaco dovrebbe trovarsi sul posto per trovare una soluzione e quanto meno provare a discutere con i gestori della struttura di cui il suo ente è proprietario, dovrebbe attuare un lavoro di mediazione per evitare il peggio ovvero lo sgombero coatto. Abbiamo l’esempio dello squat anarchico occupato da diverse settimane, dove dopo la parodia dello sgombero annunciato, proclamato e rivendicato della polizia municipale si viene a conoscenza del fatto che il comune sta trattando per evitare uno sgombero coatto.
Perchè con l’occupazione delle Orsoline tutto ciò non è avvenuto? In quei giorni chi doveva svolgere un ruolo istituzionale di mediazione, provando a scongiurare il peggio, se ne è tranquillamente lavato le mani rendendosi irreperibile, lasciando che la legalità facesse il suo corso.
Lo stesso è avvenuto nei giorni scorsi in Prefettura. Se infatti esiste una vertenza in corso da un anno e se da un anno è stato istituito un tavolo di confronto in Prefettura, credo sia normale che qualcuno venga a rendere conto degli impegni presi.
Con questa doverosa premessa chiedo è normale arrabbiarsi un po’ e sentirsi presi in giro se da luglio non ricevi convocazione di un tavolo di concertazione che è stato istituito da un anno? O è lecito dire di non essere in sede e procrastinare gli impegni presi all’infinito perchè tanto si è nell’autorità per poterlo fare? E’ eticamente e politicamente corretto non fornire risposte a dei cittadini indigenti facendo sì che tutto arrivi all’esasperazione? E’ giusto dunque che le istituzioni dinanzi ad un problema sociale continuino a far spallucce determinando soltanto rabbia ed esasperazione sociale di cui soltanto poi si invoca la repressione? E’ giusto che le istituzioni facciano il proprio ruolo soltanto quando c’è da mostrare i muscoli e mai per prevenire e per trovare soluzioni?
Io credo che il problema abitativo a Benevento debba ritornare nell’agenda delle forze politiche e non solo delle forze dell’ordine, credo che il disagio sociale esistente vada ascoltato e non etichettato, criminalizzato o represso più di quanto sia già stato fatto. Il problema abitativo deve ritornare nell’alveo della politica. Mi chiedo se tutti condividono questo modo di fare? Il consiglio comunale che ha preso una posizione chiara in merito che non è stata presa ancora in considerazione che opinione ha? Tutto il Partito Democratico condivide l’atteggiamento che il suo Sindaco sta assumendo nei confronti del problema abitativo?
Ma il futuro candidato sindaco del Pd che tra un anno si presenterà alla città – conclude Basile – veramente crede che è possibile con queste premesse continuare a governare la città o i problemi sociali o crede che sia necessario già da subito un’inversione di tendenza fatta di dialogo, confronto e dedizione a risolvere i problemi da non demandare più al Questore di Benevento?”.