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Corte Costituzionale: illegittimo vendere o sciogliere le partecipate. Bosco (Uil): “La spending review di Monti perde pezzi”

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La Uil di Benevento rende noto che la Corte costituzionale, con sentenza n. 229 del 23 luglio 2013, ha deciso che “L’obbligo per le regioni di sciogliere o vendere entro il 31 dicembre 2013 le partecipazioni nelle società controllate, affidatarie di servizi locali, ai sensi del Dl 95/2012 è costituzionalmente illegittimo”.
Invero, secondo la disciplina del decreto legge n. 95/2012 (articolo 4, commi 1-3, 3-sexies e 8) le amministrazioni pubbliche, in primis le Regioni, obbligatoriamente dovevano, entro il 31 dicembre 2013, sciogliere o vendere le società controllate affidatarie di servizi locali, che nel 2011 avevano conseguito più del 90% del proprio fatturato da prestazioni di servizi alla pubblica amministrazione controllante. In caso contrario, dal 1° luglio 2014 tali società non avrebbero potuto vedersi rinnovati gli affidamenti di servizi locali o essere destinatarie di affidamenti diretti.
Pur essendo la riorganizzazione delle controllate finalizzata al contenimento delle spese degli enti locali, materia su cui lo Stato può mettere mano, l’intervento statale non può spingersi fino a prevedere in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento del suddetto obiettivo, privando la regione della scelta di una delle possibili modalità di svolgimento dei servizi strumentali alle proprie finalità istituzionali.
“La spending review di Monti continua a perdere i pezzi”, attacca Fioravante Bosco, segretario generale della Uil di Benevento. “Questa volta – continua Bosco – a cadere, sotto le picconate della Consulta, è lo scioglimento forzoso delle società strumentali degli enti locali che avrebbe dovuto compiersi entro la fine del 2013 con l’obiettivo dichiarato di ridurre la spesa pubblica.
In realtà, secondo la Corte costituzionale, la procedura escogitata dal governo dei professori non sta in piedi perché prende di mira le società che realizzano oltre il 90% del fatturato nei confronti dell’ente locale controllante, disponendone lo scioglimento ex lege entro il 31/12/2013, per non aver fatto altro che rispettare quanto previsto dalla legge”.
“Cioè – conclude Bosco – proprio il divieto di svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati in affidamento diretto o tramite gara. Un divieto che, imponendo alle società in house di concentrarsi esclusivamente sull’attività svolta in forma privatistica per le pubbliche amministrazioni, punta a evitare che le società strumentali degli enti locali approfittino del vantaggio derivante dal particolare rapporto con le pubbliche amministrazioni, operando sul mercato e creando così distorsioni della concorrenza.
In questo modo, gli enti locali e le regioni, che avevano impugnato in massa l’art. 4 del dl 95/2012, non avrebbero avuto più autonomia di scelta sui modelli organizzativi da adottare nella produzione di beni e servizi, ciò violando dell’art. 117 della Costituzione”.