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POLITICA

‘Sui programmi è bene evitare parole in libertà…’

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Con una lunga ed articolata nota, il deputato sannita del Pdl Nunzia De Girolamo affronta i nodi programmatici evidenziati nel corso di questi giorni in particolare dagli esponenti del Pit che fanno riferimento al candidato sindaco Carmine Nardone, non risparmiando stilettate ad alcuna delle componenti (e dei suoi mentori) della coalizione.

“Credo sia giusto confrontarsi sui programmi o su temi di interesse collettivo e, dunque, forse è opportuno chiarire alcuni argomenti affrontati dagli esponenti del Pit. In riferimento al Monopolio dei tabacchi e alla richiesta di Nardone al suo amico senatore (Pasquale Viespoli, pure della maggioranza berlusconiana e capogruppo di Coesione Nazionale al Senato, NDR) un impegno a Roma per ricondurlo nella disponibilità del Comune, ricordo a me stessa che in virtù del federalismo demaniale, le aree e gli immobili saranno nella disponibilità dell’ente semplicemente seguendo i regolamenti ministeriali di attuazione. Pertanto, sappiano i candidati sindaci, anche quelli poco informati, che sul trasferimento del Patrimonio dello Stato inutilizzato agli enti locali ci ha giá pensato il Pdl e il Presidente Berlusconi. Quindi, Nardone potrebbe giá ringraziare il Pdl per aver fatto questa scelta. Certo, poi dipenderà dagli amministratori locali evitare sprechi, danni e in particolar modo svendite. Per noi quell’area é dei beneventani e per il pdl la godranno i cittadini sanniti e non pochi amici dei politici di professione con trent’anni di poltrone alle spalle.

Veniamo alla presunta proposta innovativa sulla ‘Carta delle autonomie e sul bilancio di mandato’. Parole belle da dire ma sganciate da qualsiasi valutazione di contesto legislativo ed economico. Mi sono sforzata nel tentare di capire cosa volessero dire e dopo uno sforzo sincero e rispettoso ho capito che eravamo di fronte al classico caso di chi mette insieme concetti (seppur nobili) sconnessi e scollegati dalla realtá.

Provo a dare un contributo di chiarezza sul tema. La Carta delle Autonomie é una riforma necessaria e indispensabile. Riforma che il centrosinistra ebbe la colpa di non agganciare subito alla riforma costituzionale del Titolo V del 2001 lasciando per anni gli enti locali con un testo unico antecedente la stessa riforma e pertanto pieno di buchi normativi. Negli anni successivi il Parlamento rincorse continuamente quell’asimmetria tra testo unico e riforma costituzionale successiva intervenendo con leggi ordinarie ad hoc che nel tempo e in alcuni casi (per esempio la disciplina sul dissesto finanziario) hanno provocato non pochi problemi interpretativi. E questo è accaduto nelle due legislature precedenti governate da maggioranze diverse.

All’inizio di questa legislatura il pdl ha posto la riforma quadro degli enti locali come un pilastro delle riforme dell’intera legislatura. Gran parte del lavoro é stato compiuto (di concerto con gli stessi enti locali), ma come dovrebbe essere noto ai candidati sindaci, la Carta delle Autonomie va saldamente agganciata ai decreti di attuazione del federalismo fiscale.

Aspetto, quest’ultimo, che é stato sottolineato chiaramente dal relatore di maggioranza Massimo Corsaro (pdl) sull’ultimo decreto relativo a fisco regionale e provinciale. E a proposito dell’accordo fatto sul fisco regionale con l’opposizione, la Commissione Bicamerale presieduta da Enrico La Loggia (sempre del pdl) ha ribadito che i passi da fare sul fisco comunale sono ancora tanti (nonostante l’approvazione del decreto sul fisco municipale approvato lo scorso mese) e forse quello piú netto é proprio il raccordo tra carta delle autonomie (ancora in parlamento) e il completamento della riforma del federalismo fiscale con il decreto che dovrebbe essere approvato nei prossimi due mesi sull’armonizzazione dei bilanci.

A questo proposito, ricordo sempre a me stessa (ma a questo punto l’informazione potrebbe servire, vista la confusione, anche a Nardone visti i consigli del suo neo assistente Senatore) che in Italia abbiamo ancora bilanci che non si parlano tra loro e che le difficoltà a velocizzare il federalismo sono date proprio dal fatto che la struttura del bilancio dei comuni e delle regioni spesso non é compatibile nelle unità (definite ieri capitoli) e spesso non é possibile nemmeno compararli tra loro.

In particolare poi il bilancio di mandato fino a quando non sarà completata la riforma del bilancio dello Stato non potrà realizzarsi per una serie di motivi, ma il piú elementare é quello relativo al rispetto di un principio costituzionale ribadito anche dalla riforma del titolo V del 2001: il ‘coordinamento della finanza pubblica spetta allo stato centrale’. Questo impone al Governo di definirne contorni e strumenti e fino a quando non si modifica in Europa il nuovo patto di stabilitá, per Tremonti è impossibile modificare profondamente il vecchio (e oggi corrente) che anche se non ci piace va rispettato.

E, come Nardone dovrebbe sapere, oggi mentre i Comuni hanno bilanci che funzionano a saldi finanziari per il rispetto del Patto di stabilitá e crescita, le regioni hanno i vincoli dei ‘tetti finanziari’. Oggi pertanto nessun ministro dell’economia potrebbe autorizzare alla cieca bilanci di mandato se non dopo il completamento della riforma del Patto di stabilitá in Europa e nel parallelo completamento dell’attuazione del federalismo fiscale con l’armonizzazione dei bilanci tra comuni, province e regioni (che oggi parlano lingue ancora diverse) e dopo, ma solo dopo, avremo finalmente una Carta delle Autonomie in linea con un Paese moderno e in grado di esaltare le autonomie locali.

Come si può facilmente dedurre, questo è l’ abc delle riforme e delle modifiche della contabilità di stato e degli enti locali. Quello che non possiamo fare in questa fase, soprattutto noi legislatori é fare errori o raccontare sciocchezze.

Certo, confrontiamoci sui programmi, é sempre utile; ma evitiamo almeno parole in libertà che farebbero percepire un’idea sbagliata del nostro mezzogiorno, che non è la terra di Cetto Laqualunque!”.

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