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POLITICA

La nebbia di Auschwitz, la nebbia di Gaza: Israele siamo noi, non dimentichiamolo mai

Il governo di Nethanyahu sta portando a compimento una vera e propria soluzione finale per annientare il popolo palestinese nell’inerme immobilismo del mondo, in primo luogo dell’Europa. Siamo dinanzi alla barbarie, al male assoluto nel nome di Dio ad opera di uomini senza Dio. Nell’osservare inermi l’orrore nel nome del Grande Israele ci dividiamo, nei salotti della politica, sui marciapiedi e in casa. E nel nostro disquisire, inesorabile, si fa largo, ben celato nel procedere delle parole, un virus pericolosissimo

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È necessario, anche da queste colonne, riflettere su quello che sta accadendo a Gaza, in Cisgiordania, in Medio Oriente. È doveroso, oltre che necessario, perché ci riguarda. Come essere umani, come cristiani, come Occidente, come cittadini europei, come italiani.

Quello che il governo di Israele sta compiendo– lasciamo agli storici e solo a loro la disputa sulla legittimità del termine genocidio – è inaccettabile, ingiustificabile, orribile. Stiamo assistendo all’annientamento sistematico di un popolo e nell’osservare inermi il procedere di questa soluzione finale nel nome del Grande Israele ci dividiamo, nei salotti della politica, sui marciapiedi e in casa. E nel nostro disquisire, inesorabile, si fa largo, ben celato nel procedere delle parole, un virus pericolosissimo.

Per quel che ci riguarda consideriamo insostenibili gli argomenti di quanti provano a legittimare l’azione del governo di Israele facendo riferimento all’eccidio del 7 Ottobre. Il governo di Israele, ecco la verità, ha fatto di quel massacro l’alibi perfetto per legittimare ogni violazione del diritto internazionale, per dare il via a quella che abbiamo già definito la soluzione finale. Il che, eccoci al primo punto fondamentale, non ci può indurre a considerare il popolo israeliano fascista o criminale ma dovrebbe, invece, alimentare in noi il convincimento che è proprio nella dinamica democratica che Israele potrà salvare se stesso e l’Occidente, posto che oggi osserviamo inermi e disgustati l’annientamento del popolo palestinese ma in realtà stiamo osservando la caduta di Israele, della trincea più avanzata della civiltà occidentale.

Siamo disgustati dalla complicità degli Usa, siamo sconcertati dal balbettio dell’Europa e dei nostri governanti, siamo convinti che ogni azione andrebbe messa in campo per fare pressione sulla pubblica opinione israeliana, siamo convinti che il dovere dell’Europa sarebbe stato quello, già da molto tempo, di procedere con durissime sanzioni nei confronti di Israele. E, tanto per essere chiari, consideriamo Benjamin Netanyahu un criminale, e criminale il suo governo. Carnefici di Israele nel nome di Israele, assassini senza Dio nel nome di Dio. Proprio come i tagliagole di Hamas.

Ma guai, eccoci al pericoloso virus che purtroppo va diffondendosi nei nostri indignati ragionamenti, a mettere sullo stesso piano il governo di Israele e gli israeliani, magari facendo ricorso ai sondaggi secondo cui sarebbero in maggioranza indifferenti a ciò che sta accadendo, mossi solo dal desiderio di normalità, ovvero dalla speranza di vedere liberi i pochi ostaggi ancora vivi nelle mani di Hamas. La pubblica opinione israeliana è tale perché Israele è una democrazia compiuta, l’unica democrazia in Medio Oriente, una democrazia sotto assedio permanente. Come qualsiasi altra pubblica opinione reagisce al contesto, orienta le proprie scelte in funzione delle paure che la pervadono.

Una democrazia in crisi come tutte le democrazie liberali in questo tempo prigioniero delle verità istantanee, del dogma della semplificazione. E tuttavia solo una decina di giorni fa circa due milioni di israeliani sono scesi in piazza per chiedere la fine di questa barbarie, e tuttavia non si contano gli intellettuali israeliani che hanno preso posizione contro il governo di Bibi, che hanno denunciato la regressione fascista di Israele, condannando con parole durissime quello che sta accadendo. Molti, figli e nipoti di vittime dell’Olocausto, non hanno esitato a parlare di genocidio del popolo palestinese. Questo accade perché, come detto, Israele è una democrazia. E questo è un fatto che fa tutta la differenza del mondo. Non cancella e non ridimensiona la mostruosità di ciò che sta accadendo, anzi l’accentua. Ma la democrazia, a differenza di un qualsiasi regime, si rigenera, riconosce i propri errori, fa i conti con le proprie responsabilità. La democrazia israeliana va aiutata, difesa. 

E guai a legittimare assiomi mai davvero sconfitti, guai a cedere alla tentazione di strumentalizzare la storia, guai a cadere nella trappola dell’antisemitismo inconsapevole. Nethanyahu è un criminale e criminali i suoi ministri, criminali quanti ne sostengono le ragioni ma non perché ebrei. Nella stessa misura in cui è insopportabile l’accusa di antisemitismo che puntuale viene formulata all’indirizzo di chi solo manifesta disgusto e indignazione per quello che sta accadendo e si chiede perché il mondo consenta tutto questo, è insopportabile la retorica di quanti ribaltano lo schema restituendo vigore alla mai sopita retorica antisemita, richiamando la ricchezza e la potenza degli ebrei che governerebbero il mondo, la plutocrazia giudaico massonica, a quanti, più semplicemente, si spingono sino ad affermare che tutto si spiega con la presunta pretesa di superiorità del popolo eletto, per poi sentenziare che in fin dei conti ognuno di noi, se fosse palestinese, non potrebbe che odiare ogni ebreo sulla faccia della terra.

Questi argomenti, che spesso emergono quasi per inerzia, a sostegno di tesi che conducono alle nostre stesse conclusioni su quanto sta accadendo, sono gli stessi argomenti che legittimano la retorica del governo israeliano, alimentano la specificità sulla quale Nethanyahu e i suoi macellai hanno legittimato e stanno legittimando l’annientamento del popolo palestinese, seppellendo ogni possibilità di vedere un giorno uno Stato di Palestina.

Cedere a questi argomenti vuol dire alimentare la logica della guerra di religione, la stessa logica di Hamas, vuol dire soffiare sulla fiamma dell’odio antisemita che non ha mai smesso di ardere sotto la cenere della nostra coscienza sporca, vuol dire riaffermare l’esistenza di una questione ebraica, restituire dignità, seppur inconsapevolmente, agli stessi abominevoli principi che resero possibile Auschwitz. Dove c’era la nebbia.

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