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Opinioni

La sostituzione etnica di Fratelli d’Italia

Come dimostrato dai numeri del tesseramento il partito sta imbarcando di tutto, offrendo asilo a chiunque abbia una buona dote di tessere e voti da mettere a disposizione in cambio di copertura politica. Un’invasione di cacicchi e consorterie, non di rado provenienti dal centrosinistra, che determinerà inevitabili crisi di rigetto alle prossime amministrative. I vecchi camerati non si lasceranno commissariare, combatteranno con le unghie e con i denti

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Si è conclusa lo scorso sedici ottobre la campagna di tesseramento di Fratelli d’Italia, propedeutica alla celebrazione dei congressi territoriali. Come prevedibile il numero degli iscritti alla Fiamma è sensibilmente aumentato, facendo segnare numeri inimmaginabili anche in territori dove la destra non è mai andata oltre la mera testimonianza.

D’altro canto l’obiettivo strategico di Giorgia Meloni e del suo gruppo dirigente è quello di strutturare il partito sul piano locale, di allargare la base attraverso il protagonismo di nuove energie, aprendo porte e finestre a riferimenti e amministratori, con l’obiettivo di dilatare la capacità di rappresentanza per recuperare centralità nelle dinamiche di governo, dunque di gestione del potere, sui territori. Un obiettivo strategico irrinunciabile in primo luogo per il compimento della svolta moderata, ovvero di quel processo di maturazione della nuova destra di governo che da sovranista vuol farsi democristiana, sfondando al centro. La nuova destra patriota e dorotea, forza di governo prima di tutto alla periferia dell’Impero, forza di governo e, dunque, di apparati.

Una strategia che si regge su di un paradosso solo apparente. Proprio la debolezza strutturale del partito, la debolezza delle classi dirigenti che nel corso di questi dieci anni hanno rappresentato la Fiamma sui territori, ha favorito la crescita esponenziale del partito in termini di iscrizioni, ovvero l’adesione di riferimenti, consorterie e gruppi di potere alla ricerca di un nuovo posizionamento, spesso reduci dall’implosione di quello che fu il vecchio centrodestra, e non di rado, eccoci al punto, di riferimenti, consorterie e gruppi di potere abituati a navigare nella palude dell’indistinto e del civismo d’accatto, talvolta persino provenienti dal centrosinistra.

Il risultato è che il partito sta imbarcando di tutto, offrendo asilo a chiunque abbia una buona dote di tessere e voti da mettere a disposizione in cambio di copertura politica, esponendosi a pericolosissime crisi di rigetto. Non saranno i congressi territoriali a restituire le condizioni per la ricomposizione, a risolvere il conflitto tra la base storica e gli invasori. Lo scontro si consumerà innanzitutto negli enti di servizio, visto e considerato che è lì che gli apparati esercitano il proprio potere in ragione della propria capacità di rappresentanza, ma soprattutto nelle urne, visto e considerato che a giungo non si voterà solo per le europee ma in moltissimi comuni in tutta Italia e, forse, persino per le Province.

Nei contesti nei quali la crescita del partito assumerà i connotati della fisiologia, trovando ragione nel travaso di apparati, riferimenti e consorterie provenienti da una storia di centrodestra, la complessità del conflitto troverà soluzione nel gioco democratico, nei rapporti di forza che emergeranno. Ma nei contesti nei quali la vecchia guarda del partito, la base storica si ritroverà a fronteggiare l’invasione di mondi del tutto estranei all’orizzonte del centrodestra, la bramosia di apparati e cacicchi provenienti dal Pd e dal centrosinistra, armati di pacchetti di tessere e truppe cammellate, lo scontro sarà inevitabile, sanguinosissimo, senza esclusione di colpi.

I vecchi camerati non si lasceranno commissariare, combatteranno con le unghie e con i denti contro questa sostituzione etnica. Con la determinazione a cercare qualsiasi alleanza, sui territori, pur di non cedere alla resa, pur di respingere l’assalto degli invasori. Questione di vita o di morte.

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