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Calcio

Strega, cosa resterà di questa serie A? Dagli errori del passato impareremo ancora

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Cosa resterà di questa serie A? Chi la scatterà la fotografia? Nella testa il ritornello di un giovane Raf, sul palco di Sanremo, negli occhi una stagione che brucia. Bruciano le lacrime di rabbia che scorrono sulle guance dei più sentimentali; brucia quel magone che tutti noi ci porteremo dietro per un’annata che ha il sapore del rimpianto più che della condanna.

Riavvolgere il nastro non è mai semplice: il rischio è sempre che le immagini di coda siano troppo vivide ed inquinino una ragionamento globale che deve tenere conto di molti aspetti. Negli occhi ancora arrossati dal dispiacere scorrono diapositive in sequenza casuale: la classifica dopo il girone di andata, le ‘splendide’ follie di Foulon, la vittoria contro la Juventus, i punti persi in casa contro lo Spezia e l’Udinese che avrebbero fatto più che comodo e la mazzata finale del Var. Tutti ingredienti della stessa ricetta che non è venuta bene come avremmo voluto, ma che in fase di preparazione e, fino a metà cottura, era sembrata degna di una stella Michelin.

Stare qui a parlare di retrocessione, dopo aver dilapidato un patrimonio di 10 punti, lascia davvero l’amaro in bocca. Per dirla alla Oronzo Canà ‘è come mandare giù una tonnellata e mezza di merda…pesante da digerire’. Il parallelo, però, non è troppo calzante: per il tecnico della Longobarda c’era la volontà di un presidente che voleva lasciare la massima serie per risparmiare; da noi il discorso è agli antipodi.

Oreste Vigorito abbaia contro il Palazzo, rischia il deferimento e poi prova a tranquillizzare i tifosi: è la cronaca delle ultime due settimane. La sensazione è che, questa volta, l’apparato digerente più ‘appesantito’ sia proprio il suo. Il patron ci mette la faccia – per carità è giustissimo -, ma questa volta è stato diverso, in quindici anni non lo abbiamo mai visto così, eppure di occasioni ce ne sono state a bizzeffe. Quella parte che il presidente sannita non riesce proprio a digerire è legata ad una promessa con i tifosi, ma forse più con sé stesso, di tornare in serie A e non lasciarla più. Mentre ringhiava la giusta causa della Strega ai microfoni di Sky, dopo il match contro il Cagliari, probabilmente stava pensando alle celebrazioni di piazza Castello quando dal microfono urlò tutta la sua voglia di restare – a tutti i costi – nel calcio che conta. Non ce l’ha fatta e fa male: fa male a lui e, soprattutto, alla città perché la massima serie è qualcosa che va oltre il tifo, coinvolge e muove una serie di interessi, anche economici, dai quali non possiamo e non vogliamo fare a meno.

Ma la colpa non cade solo sulle sue spalle larghe. Sarebbe assurdo solo pensarlo. Se le cose non sono andate come dovevano è colpa di tutti, perché il calcio – è bene ricordarlo a volte – è uno sport di squadra (nessuno escluso). Già, la squadra! Volendo restare in tema cinematografico, il Benevento di quest’anno è il Raffaello Mascetti di ‘Amici miei’. Come l’indimenticabile Tognazzi (che lo interpreta), sperpera il suo patrimonio e finisce in povertà. L’unica differenza è che Inzaghi e i suoi ragazzi sono riusciti a farsi una ‘supercazzola’ da soli. Quella frase ‘il destino è nelle nostre mani’, da mantra positivo – per sottolineare la possibilità di salvarsi con i risultati sul campo – è divenuto una ossessione che ci ha condotti sulla via della retrocessione.

Ma il paragone con Mascetti non è solo negativo. Il nobile decaduto non perde mai la voglia di vivere e con una mano dei suoi amici si rialza sempre. E’ quello che accadrà, ne siamo certi, il prossimo anno. Gli amici/tifosi torneranno al loro posto e la squadra sarà di nuovo in campo per una ‘zingarata’ indimenticabile. Dopo tutto, la bellezza del calcio è anche questa: una continua alternanza di emozioni e delusioni; una montagna russa che ci fa paura, ma dalla quale non vogliamo scendere mai.

Torneremo, senza dubbio, e dagli errori del passato impareremo di nuovo. Dai campi polverosi dei dilettanti al red carpet della A c’è una cosa che non è mai cambiata: la Strega non ha mai avuto paura di scendere in campo e noi di stare al suo fianco.

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