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Storie dal Sannio: quel diritto allo studio che diventa conquista per chi ha bisogni speciali

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Percorrere oltre dieci chilometri ogni giorno perché il diritto allo studio e all’integrazione scolastica sia garantito in maniera concreta: è quello che capita ad una mamma di un bambino di un piccolo centro sannita, a cui è stato diagnosticato un lieve spettro autistico, che si è vista costretta a cambiare istituto scolastico per far sì che le sue specifiche esigenze e i suoi bisogni di apprendimento fossero soddisfatti in maniera adeguata.

La difficoltà di relazionarsi con gli insegnanti e l’isolamento dai compagni di classe sono diventati con il tempo una frustrante normalità con ripercussioni anche sull’autostima e sull’emotività del minore. Il ritorno a casa, prima della decisione di cambiare istituto scolastico, è diventato il momento della scoperta per i genitori ‘di qualcosa che non andava a scuola’.

Secondo il racconto della mamma “il comportamento del bambino è stato mal compreso dall’ambiente scolastico e, in particolare dall’insegnante, che avrebbe dovuto stimolare concretamente l’integrazione con la classe”.

Da qui “dopo lo scarso ascolto da parte delle istituzioni e dopo la mancata risposta alla richiesta di cambiare docente”, la decisione di spostare il bambino in un istituto che dista da quello del suo luogo di residenza almeno venti minuti.

”Oggi mio figlio è sereno, riesce a comunicare con le parole e sa scrivere e di questo è divenuto consapevole egli stesso”, racconta la donna, che ha chiesto da un anno anche il congedo parentale per seguire il bambino non solo nella vita scolastica, ma anche nelle cure e nelle terapie, i cui benefici, racconta a Ntr24, “rischiavano di cadere nel vuoto se fosse rimasto dov’era”.

Una diagnosi di lieve spettro autistico, che si aggiunge a iniziali difficoltà motorie e di linguaggio gradualmente superate, implica la necessità di un ambiente educativo e formativo in grado di valorizzare le potenzialità del bambino: un diritto giuridicamente e costituzionalmente garantito per tutti gli studenti, non soltanto per coloro che hanno bisogni educativi speciali che, però, talvolta, proprio per questi nella pratica, ancora oggi, diventa difficile da realizzare.

La denuncia della donna, che ha parlato di ‘fallimento della scuola, delle istituzioni e della comunità’, ricade proprio sulla mancata accoglienza verso chi è portatore di una diversa normalità. Da parte sua anche l’invito alle istituzioni a non abbassare la guardia e ad ‘aprire gli occhi’.

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