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Maltempo nel Sannio, da Salomone Megna (Gilda) attacco a patto di stabilità e pareggio di bilancio

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“La nostra magnifica terra, il Sannio, storicamente è stata spesso funestata da eventi naturali estremi, quali terremoti ed alluvioni. Tuttavia tra i due eventi naturali, il sisma e l’alluvione, c’è una grande differenza. Per il terremoto non esiste alcun modello matematico che possa prevederne il verificarsi e indicare le modalità ed intensità dell’evento. Per le alluvioni, invece, la situazione è nettamente diversa”. Lo scrive in una nota Raffaele Salomone Megna, tesoriere nazionale GILDA Unams.
“Innazitutto – spiega Salomone Megna – le precipitazioni non sono fenomeni su scala geologica. Abbiamo inoltre la disponibilità di foto satellitari e la grandissima capacità di calcolo degli attuali elaboratori elettronici, che consentono l’impiego di modelli matematici particolarmente complessi e quindi previsioni meteorologiche molto accurate, soprattutto nel breve periodo. Infatti le precipitazioni meteoriche o acque zenitali, sono governate da una legge semplicissima, che è quella di gravità.
Infatti, proprio per la gravità, le piogge che cadono a monte, prima o poi, arriveranno a valle e gli effetti che le stesse produrranno saranno conseguenti all’attività antropica, ovverosia a quello che l’uomo ha posto in essere o non ha posto in essere nella zona interessata dalle precipitazioni.
Fatte queste premesse, – prosegue il tesoriere – molti in città ancora ricordano l’alluvione dell’ottobre del 1949. Allora Benevento era una città quasi del tutto distrutta dai bombardamenti alleati. In quel periodo di stenti e di grandi difficoltà le rimozioni delle macerie vennero fatte a mano o con carretti, per cui fu quasi una scelta obbligata smaltirle nell’alveo del fiume Calore, che attraversa il centro storico. Orbene, un evento di pioggia intenso, il vecchio ponte vanvitelliano inadeguato, l’alveo del fiume ristretto dalle macerie, causarono un’alluvione con venti morti.
Il 15 ottobre scorso si è verificata un’altra devastante alluvione e, mutatis mutandis, la storia è sembrata ripetersi. I morti sono stati due. Tutte le aree industriali beneventane sono state devastate, così come interi quartieri e diverse scuole.
Dopo sessantasei anni, se non ci fosse il nuovo ponte costruito nel 1960, (oggi impossibile siffatta realizzazione, perchè deprecabile iniziativa di tipo keynesiano), potremmo dire proprio che le condizioni sarebbero come quelle post belliche del ’49.
Benevento è ancora una città disastrata. Non ci sono stati più bombardamenti, forieri della democrazia, ma il patto di stabilità, che ha prodotto effetti economicamente devastanti ed analoghi a quelli bellici.
Nel centro storico, salotto buono della città e isola pedonale, il 50% delle attività commerciali sono chiuse o stanno chiudendo, causa la crisi (che per qualcuno, illo tempore novello Don Ferrante, non esisteva e che per un altro oggi, novello La Palice, è ormai cosa passata e non deve preoccupare più).
Invece gli enti locali, causa i trasferimenti statali, ridotti ormai ai minimi termini, a stento riescono a garantire l’ordinarietà, per cui dovendo tagliare, tagliano proprio i capitoli di spesa relativi alla gestione del territorio ed alla manutenzione delle strade. Non si tratta di questa o quell’altra ammninistrazione che è stata negligente ma, semplicemente, che non ci sono i soldi a tal uopo.
Gli amministratori locali – aggiunge – hanno l’ingrato compito di scegliere se garantire i trasporti provinciali oppure pulire i piani golenali dei fiumi Sabato e Calore. Si fa la sistemazione idraulica forestale o si garantisce il riscaldamento alle scuole? Il pareggio di bilancio introdotto in Costituzione, grazie al salvatore della Patria, il banchiere Mario Monti, non consente spese senza copertura neanche per la sicurezza dei territori, ma se ci sono catastrofi e morti, dopo si può anche spendere. E’ un vero e proprio pactum sceleris.
Questa volta è toccata al Sannio , l’anno scorso a Genova e avanti così, perchè altre catastrofi evitabilissime ci saranno in una Italia dal contesto ambientale così bello, ma così fragile ed abbisognevole di attenzioni.
Avere cura del territorio nazionale sarebbe proprio una delle attività a maggior impatto positivo sul nostro PIL , cosa incompatibile però con le regole insulse che ci siamo date, ma che in realtà i mercati e l’Europa ci hanno accollato.
La conseguenza per Benevento di queste scelte, che le raffinate menti di Bruxelles hanno imposto impunemente ai paesi dell’area euro, è adesso con l’alluvione la chiusura delle poche fabbriche che non ancora travolte dalla crisi (es. pastificio Rummo) e cassa integrazione per i lavoratori che ancora avevano un posto.
Così, anche questa volta, saremo costretti a piangere i nostri morti con l’amarezza ulteriore che non siamo stati colpiti da un destino cinico e baro, ma da regole insulse e che quindi i lutti e le tante devastazioni potevano essere evitate. Non ci sarà certo di ristoro – conclude Salomone Megna – la consapevolezza di avere i conti a posto, così come ci chiede questa Europa, che da sogno è ormai diventata, per noi Sanniti, un vero e proprio incubo”.