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Università

Riforma Gelmini, ‘la rivoluzione del merito’

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Dal coordinamento provinciale degli Studenti per la Libertà, relativamente all’approvazione della riforma Gelmini, riceviamo la seguente nota e pubblichiamo: “Il 23 dicembre scorso, finalmente, si è giunti all’approvazione di un necessario ed indispensabile provvedimento che ridà dignità all’università e ai tanti docenti e soprattutto studenti che vivono il mondo accademico con onestà e passione. Da studenti vogliamo innanzitutto ringraziare il governo e tutti coloro che hanno lavorato a favore di questa, ormai, legge. L’università italiana ha bisogno di essere profondamente riformata ed invece in queste settimane si è deciso di protestare contro il cambiamento, contro il rinnovamento, contro un provvedimento che permetterà agli studenti di ritornare ad essere protagonisti all’interno delle università e che porrà fine al fenomeno dei baroni, per troppi anni presente nel mondo accademico italiano. Diversi sono stati i comunicati, interviste e articoli che hanno riguardato la riforma, ma pochi sono stati quelli che hanno illustrato in modo serio e senza pregiudizi ideologici il ddl Gelmini, appena approvato.
Purtroppo ‘zero’ le proposte alternative a quella presentata dal governo, troppe invece le parole spese da parte della sinistra, con il solo scopo di fare demagogia. Sarebbe più opportuno da parte di tutti, oltre che dalle forze politiche, di porre un freno a queste sterili e tal volta "violente" proteste, e di attivarsi con proposte concrete per migliorare tale provvedimento in fase di attuazione.
La legge universitaria approvata dal senato, che è di per sè una "riforma", è l’inizio di una rivoluzione, non quella della distruzione e o dello scontro, ma è la rivoluzione del merito. La legge gode di una copertura finanziaria, approvata dal parlamento con la manovra economia 2011.
Infatti 800 milioni sono i fondi che saranno destinati al Fondo Finanziario Ordinario, 100 milioni affidati alla ricerca e altri 100 milioni saranno destinati ai prestiti di onore e alle borse di studio, per un complessivo di un miliardo di euro. Tale provvedimento più volte criticato e additato come causa della morte dell’università italiana è invece la salvezza del mondo accademico del nostro Paese.
Una delle parole d’ordine della riforma Gelmini è senza altro " RESPONSABILITA’ ", le università saranno autonome ma responsabili, responsabili delle loro scelte e delle loro attività. Finalmente anche l’università italiana sarà caratterizzata dalla democrazia, principio che sta alla base dell’alternanza. Infatti i rettori non potranno rimanere in carica più di otto anni.
Gli studenti ritornano ad essere i veri protagonisti dell’università, saranno soggetti e non più oggetti della vita accademica. Per la prima volta giudicheranno i professori, e questi ultimi dovranno svolgere la loro attività, presso gli atenei di appartenenza, garantendo ai laureandi i loro diritti. L’articolo 6 comma 2 del TITOLO II prevede che i professori siano tenuti a riservare annualmente a compiti didattici e di servizio agli studenti, inclusi l’orientamento e il tutorato, nonchè ad attività di verifica dell’appredimento, non meno di 350 ore. Un’altra vera rivoluzione di questa legge è l’adozione di un codice etico, repellente per le incompatibilità e i conflitti d’interesse legati alle parentele. La trasparenza, grazie alla riforma Gelmini, starà alla base dell’attività dei singoli atenei.
I compiti affidati al Senato Accademico e al Consiglio di amministrazione sono assolutamente distinti, perchè solo attraverso la chiarezza e la netta distinzione tra i diversi settori e possibile gestire in modo ottimale la cosa pubblica e privata.
Le proteste che hanno riscaldato il freddo dicembre sono state animate da semplici pregiudizi e dalla volontà di mantenere lo status quo. Grazie alla riforma universitaria i ricercatori smetteranno di essere i porta borse dei professori, e saranno valorizzati nel loro fondamentale ruolo anche attraverso un aumento stipendiale, che passa da 1300 a 2100 euro. Dall’altro canto dovranno dimostrare di essere validi per l’ateneo presso il quale svolgono la loro attività, in tal modo si eviterà il fenomeno dei ricercatori a vita e si darà spazio ai più meritevoli”.

 

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