POLITICA
S’è scaricato il lanciafiamme!
Il governatore non trova pace, sbraita senza una strategia e ad ogni sortita confessa impotenza. Per un verso minaccia dimissioni anticipate per gabbare la consulta, per altro teorizza di candidare Giosy Romano, per altro cerca sponda con il Pd e con i Cinque Stelle. Un elefante in una cristalleria
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Vincenzo De Luca non è mai stato tanto debole e tanto confuso. Appare persino impotente. Il governatore sbraita, sgomita ma non ha una strategia. È ossessionato dalla necessità di trovare una via d’uscita ma in realtà è in un vicolo cieco. Mettiamo in fila i fatti.
Giovedì De Luca ha convocato i consiglieri di maggioranza eletti nelle varie liste civiche della sua coalizione ai quali ha prospettato le sue possibili dimissioni anticipate, sul presupposto che non completando il secondo mandato potrebbe comunque candidarsi per il terzo, ovviamente a capo di una coalizione a sua immagine e somiglianza. Chiarendo che deciderà cosa fare solo dopo aver letto le motivazioni della Consulta che dovrebbero arrivare nei prossimi giorni.
Qualora non dovesse essere lui il candidato, ha quindi chiarito, sarebbe Giosy Romano, oggi coordinatore della Zes unica meridionale, il possibile candidato del suo terzo polo. Un fronte civico che nella sua testa dovrebbe disarticolare tanto il centrodestra che il centrosinistra recuperando i centristi di entrambi gli schieramenti. Una posizione accolta con scetticismo ad ogni latitudine, non solo nel Pd ma anche tra gli alleati e tra coloro che erano presenti alla riunione. Una posizione che restituisce il senso della disperazione, dell’ostinazione di un uomo che non riesce a fare i conti con la realtà, che sull’altare della propria bramosia di potere rischia di sacrificare la propria prospettiva politica, oltre che la propria storia.
Anche perché non si comprende in che modo questo fantomatico terzo polo potrebbe disarticolare i due poli principali. Volgendo lo sguardo a sinistra solo Azione potrebbe scegliere la terza via, non certamente Italia Viva che si muove ormai in una prospettiva organica al campo progressista, e lo farebbe solo nel momento in cui De Luca fosse in grado di alimentare la suggestione della vittoria, non certo per il gusto di aiutare il governatore ha far perdere il Pd.
Venendo al centrodestra, che ormai da trent’anni non conosce divisioni, è del tutto evidente che la presenza di un terzo polo guidato da De Luca alimenterebbe le possibilità di vittoria della coalizione e premierebbe le ragioni della coesione. Si dirà che un candidato come Giosy Romano potrebbe far breccia in un centrodestra debole ma il punto è che il coordinatore della Zes meridionale oggi risulta essere il candidato più probabile della coalizione di governo in Campania.
Vicinissimo a Raffaele Fitto e alla stessa Giorgia Meloni, Romano è la vera carta del centrodestra per provare a riconquistare la prima regione del Sud, tanto più in ragione di quanto stabilito giovedì dal Consiglio di Stato che ha affossato l’ipotesi di rinviare il voto in Veneto alla primavera del 2026. L’accordo sul tavolo nazionale di centrodestra per le regionali passerà in primo luogo per la scelta del successore di Zaia e se, come pare, sarà comunque della Lega allora, con ogni probabilità, la Campania spetterà a Fratelli d’Italia. Il vice ministro Cirielli è in campo da tempo ma non pare in grado di allargare e paga il veto di Forza Italia. Su Giosy Romano, invece, sarebbero tutti d’accordo.
In tutto questo, mentre De Luca provava a sparigliare rilanciando l’ipotesi del terzo polo, suo figlio Piero, a Roma, avrebbe avuto un faccia a faccia con Elly Schlein per discutere di Regione Campania e della necessità di un confronto tra il governatore e la segretaria. Contestualmente, si moltiplicavano le indiscrezioni, non smentite, su di una lunga telefonata di De Luca all’ex procuratore antimafia Cafiero De Raho, deputato del Movimento Cinque Stelle, che potrebbe rappresentare, con l’ex Ministro Sergio Costa, l’alternativa a Roberto Fico.
Tutto e il contrario di tutto. De Luca è pronto a tutto ma non sa cosa fare. Gioca su tutti i tavoli ma non è lui a dare le carte. Si muove come un elefante in una cristalleria, un’immagine piuttosto triste di un grande leader che potrebbe fare tutto ma non riesce a liberarsi dalla sua ombra, che non dovrebbe far altro che percorrere la via della politica e invece sembra averla smarrita.