POLITICA
Un passo indietro per farne tre avanti: anche per De Luca l’ottimo è nemico del bene

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A quanto pare non ci sono più dubbi, il governo impugnerà, entro il termine ultimo del 10 gennaio, la legge elettorale approvata lo scorso 5 novembre dal Consiglio regionale della Campania che consente a Vincenzo De Luca di correre per il terzo mandato.
Venerdì scorso, come certamente saprete, è arrivata in Regione una richiesta di chiarimenti che contiene un parere dell’Ufficio legislativo del ministero delle Riforme con il quale si propone al Consiglio dei Ministri di impugnare la nuova legge elettorale campana dinanzi alla Corte Costituzionale sul presupposto che il divieto per i presidenti di Regione di ricandidarsi per tre volte consecutive è un principio uniforme e inderogabile su tutto il territorio nazionale.
Se viene meno in una Regione, questo il punto evidenziato, si sacrifica un’istanza unitaria e si corre il rischio di un Paese a geometria variabile. Il divieto, si legge nel parere del governo, è inoltre funzionale all’esigenza di prevenire il rischio di concentrazione e di personalizzazione del potere, come per altro sottolineato dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa.
Detta in altri termini se si ammette che le Regioni siano libere di differire l’operare del divieto della non rieleggibilità dopo il secondo mandato consecutivo, e se addirittura si concede che il principio debba essere formalmente recepito dalla legislazione regionale, senza per altro porre alcun termine al recepimento, ne deriva che le Regioni resterebbero del tutto libere di ridimensionarne la portata precettiva e, addirittura, di rinviarne l’attuazione all’infinito.
Questo principio, invece, secondo il parere del governo risponde alla ratio di imporre una disciplina unitaria e inderogabile su tutto il territorio nazionale, non tollerando che venga sacrificata l’istanza unitaria di cui esso si fa veicolo.
Quest’ultimo è il passaggio fondamentale, perché secondo De Luca e Palazzo Santa Lucia il divieto di terzo mandato esiste per legge dello Stato ma deve comunque essere recepito dalla Regione. Questo è il principio in ragione del quale il governatore evoca ad ogni piè sospinto il precedente di Luca Zaia, governatore veneto che ha potuto superare il vincolo del doppio mandato con il medesimo escamotage adottato dal Consiglio regionale della Campania. Sul punto il parere del governo fa riferimento ad una sentenza della Cassazione secondo cui le Regioni possono dare una applicazione specifica di ineleggibilità di una carica disciplinandone la fattispecie concrete ma non possono trattarla come se non esistesse solo perché non l’hanno riprodotta nella propria legislazione. Detta altrimenti il fatto che la Regione non abbia recepito la norma formalmente non vuol dire che possano legiferare per sfuggirvi.
Non spetta a noi prevedere l’orientamento della Corte ma non è assolutamente scontato che la pronunzia arrivi prima delle elezioni regionali, tanto più se il calendario elettorale verrà rispettato e si andrà al voto il prossimo autunno, senza proroga fino alla primavera del 2026. E anche questa è una decisione che spetta al Parlamento, dunque innanzitutto alle forze di centrodestra che avrebbero tutto l’interesse ad affrontare la contesa in Campania con De Luca in campo, quindi con un centrosinistra spaccato, e con lo spettro di una pronunzia della Corte Costituzionale che potrebbe invalidare l’ipotetica rielezione del governatore.
Appare dunque evidente che la scelta del governo è funzionale ad una precisa strategia, volta ad alimentare lo scontro tra De Luca e il suo partito, a blindare una contesa a tre facendo leva sulla probabile ineleggibilità del governatore uscente. Ovviamente si tratta di una strategia che non sta in piedi a prescindere, perché il vero problema del centrodestra non è solo quello di trovare in tempo un candidato sufficientemente forte per la Campania ma è innanzitutto quello di ritrovarsi attorno ad una sintesi che tenga insieme tutte le regioni coinvolte nel prossimo turno elettorale, a partire dal Veneto che Giorgia Meloni vuole conquistare a tutti i costi e che la Lega non può perdere. Il ricorso contro la legge elettorale appena approvata dal Consiglio regionale è quindi funzionale a scoraggiare la campagna acquisti di De Luca sui territori, perché un sindaco, un riferimento istituzionale o un portatore di voti difficilmente sarà disponibile a sposare la causa civica di un governatore uscente la cui eventuale rielezione rischia di essere invalidata dalla pronunzia postuma della Corte.
Ma se De Luca, nelle condizioni date, ha margini strettissimi per proseguire sulla via tracciata in fin dei conti nemmeno gli conviene. Lo sceriffo avrebbe tutte le carte in regola per arrivare ad una sintesi che gli garantisca centralità sul piano nazionale in vista delle politiche, rappresenterebbe per Elly Schlein un preziosissimo alleato, un potenziale ministro, alla Pubblica Amministrazione o al Mezzogiorno, e ponendosi a servizio del centrosinistra unito in Campania non solo salvaguarderebbe il destino politico di suo figlio ma potrebbe facilmente continuare ad esercitare la propria leadership sul Pd campano attraverso i suoi colonnelli, dei quali il Nazareno sa di non poter fare a meno. Dunque non solo salverebbe se stesso e il Casato, ma salverebbe anche il suo sistema.
Diceva Ciriaco De Mita che in politica, talvolta, il migliore investimento che si può fare è la sconfitta. De Luca fece tesoro di questa lezione già nel 2010, quando fece di tutto per essere candidato alle regionali nella consapevolezza che avrebbe perso contro Caldoro. Quel passaggio determinò le condizioni per l’epopea dell’ultimo decennio. Oggi il governatore vede restringersi inesorabilmente lo spazio per proseguire nella sua battaglia per il terzo mandato, attenderà l’evoluzione degli eventi, terrà il punto finché avrà senso farlo ma non esiterà a ricercare la sintesi con la disponibilità ad un passo indietro per farne due avanti. Non avrebbe senso, d’altro canto, restare in campo nonostante tutto con la sola ambizione di determinare la sconfitta del Pd e del centrosinistra. Il primo comandamento della politica, d’altro canto, ci ricorda che l’ottimo è nemico del bene.