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CULTURA

Umberto Romano, zampognaro di Benevento da oltre 40 anni: ‘Porto avanti tradizioni quasi scomparse e regalo sorrisi a Natale’

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Sono considerate figure antichissime legate alla pastorizia, custodi sapienti di usanze che affondano le radici nella notte dei tempi. Sono gli zampognari, maestri suonatori di zampogne e ciaramella, presenze fisse anche del presepe  napoletano, dove generalmente trovano posto nelle immediate vicinanze della “capanna”: indossano pellicce consunte, grandi mantelli, enormi ciocie ai piedi e paffuti cappelli a pan di zucchero. La storia degli zampognari così come li conosciamo oggi è riconducibile al XVIII secolo, quando Sant’Alfonso de Liguori, teologo e dottore della chiesa napoletana, compose il noto canto Tu scendi dalle stelle, adattando la melodia a quelle udite dai pastori in Abruzzo. Tradizione vuole che dall’Immacolata scendano ancora nei paesi e nelle città per suonare suggestivi canti e proclamare l’avvento natalizio, aprendo le danze al periodo di festa. L’obiettivo è riscaldare i cuori della gente annunciando l’arrivo di Gesù Bambino, regalando sorrisi e ricordi di un tempo passato. A Benevento è Umberto Romano, pugliese solo di nascita ma sannita da sempre, a portare avanti questa storia speciale che lo lega indissolubilmente alla magia del Natale. Non è un pastore, ma un abile manovale carpentiere di Rione Libertà, che forgia i suoi strumenti da decenni e ha tramandato questa grande passione a suo figlio Luigi e ai due nipotini. La sua storia profuma di tante cose speciali che si risvegliano in occasioni della festa più bella dell’anno: canzoni rimaste nel nostro cuore che ci ricordano la nostra infanzia e persone care che non ci sono più, la famiglia riunita a tavola e la famiglia ‘Cupiello’ alla tv, la messa di mezzanotte, lo stare insieme. Gli abbracci e i sorrisi sinceri. 

Come è diventato zampognaro?
Zampognaro un po’ si nasce, un po’ lo si diventa. Sin da fanciullo ero attratto dalle loro antiche melodie. Quando li vedevo arrivare ero affascinato dai suoni emessi da quegli arcaici strumenti e mi mettevo al loro seguito. Poi a 24 anni, da fresco sposo e in attesa del mio primo figlio, ricevetti la proposta di suonare insieme ad un maestro zampognaro: mancava un solo mese al Natale e non avevo alcuna dimestichezza con lo strumento musicale. Inizia a suonare la ciaramella e imparai velocemente. Era il 1977. Negli anni successivi iniziammo a fare le classiche ‘novene’ casa per casa: partivamo intorno all’una di notte e tornavamo di primo mattino. Si rincasava solo per riposarci un po’ e fare colazione. Già verso le 9 si ripartiva fino all’ora di pranzo. Se il giro non era finito, però, si continuava ad oltranza fino all’imbrunire. L’importante era completare il giro: la bellezza della ‘novena’ era proprio quello di portare per nove giorni nelle stesse case la notizia bellissima della nascita di Gesù.

Quali erano i ‘giri’?
Si girava in tutta la città: da Rione Libertà andavamo in zona Pezzapiana, sotto l’Annunziata, al centro storico e al Triggio, dove ci fermavamo per ore a suonare. Ricordo le nostre emozioni e quelle delle persone che ci ascoltavano: alcuni, anche nel dormiveglia, ci sentivano arrivare in lontananza e aprivano le porte. In molte case eravamo i benvenuti anche nel cuore della notte e, per non farci stare al freddo e al gelo, ci offrivano caffè e liquore per farci riscaldare. Ancora oggi l’accoglienza nelle case è straordinaria: chi ci tiene a questa tradizione, ci fa suonare davanti al presepe o all’albero di Natale e ci dona una piccola offerta. Anche lungo il Corso Garibaldi è sempre emozionante esibirsi: la gente ci viene incontro e resta affascinata dalle nostre note.

Per un periodo, però, ha anche lasciato…
Da metà degli anni Ottanta a metà dei Novanta ho preso una lunga pausa da questa passione. Quando arrivava il Natale lo vivevo con grande tristezza perché in strada le antiche melodie che mi avevano accompagnato fin da bambino sembravano quasi estinte. Un piccolo ‘miracolo’ che fece risvegliare in me questa passione sopita fu la richiesta di aiuto di un caro amico, in difficoltà economiche, che mi chiese di allestire una vetrina di un negozio con una zampogna: per l’allestimento avrebbe ricevuto un’ottima somma in denaro dal suo datore di lavoro. Non avendo più lo strumento, mi ingegnai per realizzarne una davvero artigianale con pezzi di attrezzi agricoli e sughero. Fu un successo.

E quando decise di riprendere zampogna e ciaramella?
Fu merito di mio figlio Luigi che mi spronò a rimettermi in gioco e a realizzare una ciaramella sfruttando il materiale di una vecchia ascia e del vetro. Non contento, mio figlio mi sfidò alzando anche il livello di difficoltà e scommettendo che non sarei stato in grado di realizzare una zampogna. Accettai la sfida e la vinsi sfruttando un tornio fatto di ferro, che utilizzava un motore di lavatrice. Piano piano anche lui iniziò ad appassionarsi e imparò a suonare sotto la mia guida: riprendemmo a fare le novene casa per casa negli anni 1995/1996. Oggi non si va più porta a porta: lo facciamo solo in contrada Cancelleria, dove c’è un abitato numeroso. Ma partecipiamo a tante iniziative natalizie, mercatini, presepi viventi. Ci chiamano anche a matrimoni e cerimonie.

Quali le canzoni che emozionano di più?
La melodia più richiesta è sempre la classica ‘Tu scendi dalle stelle’.  Ma tra le più amate ci sono anche ‘Quanno nascette ninno’ e la novena cantata.

Oggi ha fatto appassionare anche i suoi nipoti al suono delle zampogne…
I miei nipoti si sono avvicinati da soli. Giusto così, senza forzarli. Diceva un mio vecchio maestro: ‘La zampogna è come una donna che ami follemente. Quando l’abbracci, non la lasci più’. Umberto jr si è già avvicinato a questa arte da qualche anno: è molto bravo con la ciaramella. Adesso, invece, si è aggiunto al nostro gruppo anche il piccolo Gabriele. Per me è una cosa bellissima tramandare ai miei ragazzi quelle tradizioni che ho sempre amato. Sono orgoglioso perché a Benevento gli zampognari continueranno ad esistere grazie ai miei discendenti.

Prossimi appuntamenti in giro?
Questa sera saremo al corso Garibaldi dalle 18 alle 20. Il 23, in serata, alla Chiesa di San Modesto, mentre il 24 mattina alle 7.30 alla Chiesa di Santa Maria degli Angeli. Il 5 gennaio, infine, concluderemo da don Lupo al Rione Capodimonte.

La lascio con un’ultima domanda: qual è il suo sogno da zampognaro?
Sogno un piccolo spazio per costruire strumenti musicali e tramandare questa arte. Ad oggi utilizzo una piccola cantina al Rione Libertà per sperimentare, aggiustare e lavorare alle mie creazioni. Con uno spazio pubblico a disposizione potrei divulgare questa passione non solo ai miei nipoti, ma anche a quanti vogliono imparare a suonare o a lavorare al tornio. E’ fondamentale non far scomparire la figura dello zampognaro che nasce con il Sannio e con i sanniti, popolo di pastori. Il mio appello è dunque rivolto alle istituzioni locali affinché mi aiutino a creare un vero e proprio laboratorio delle tradizioni natalizie.


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