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POLITICA

Arcore-Ceppaloni andata e ritorno: i pensieri di Clemente nella pausa di Ferragosto

Lo scenario politico italiano è in subbuglio, Forza Italia è ormai avviata lungo un percorso di rigenerazione e ricollocazione in chiave liberale che fa il paio con quanto sta accadendo in Germania, in un contesto di grande instabilità sul piano interno. Le europee hanno determinato un radicale cambio di paradigma che interroga e coinvolge tutte le forze centriste, anche Mastella con il suo agguerrito esercito

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Saggezza democristiana impone di investire sui giorni dell’ozio per alimentare il pensiero lungo, ben al riparo dall’ansia della contingenza. Per scorgere ciò che sfugge alle lenti dell’immediato e del tatticismo, per volgere lo sguardo oltre l’immediato orizzonte. E vogliamo credere che Clemente Mastella, in questa lunga pausa ferragostana, non abbia tradito il dogma. Un po’ per tradizione, un po’ perché la situazione lo richiede alla luce dei grandi stravolgimenti che s’annunciano sotto il cielo del centrodestra italiano.

In ossequio ai dettami del Casato di Arcore Forza Italia è ormai avviata lungo un percorso di rigenerazione e ricollocazione, in chiave liberale ed europeista, che interroga e coinvolge tutte le forze riconducibili al variegato universo centrista e popolare. Tanto più in considerazione di quanto accaduto all’indomani delle elezioni europee, ovvero della scelta di Giorgia Meloni di rinunciare alla svolta moderata votando contro la riconferma di Ursula Von Der Leyen, per allinearsi al fronte sovranista di Orban, Vannacci e dei tedeschi di AfD.

Una scelta che avrà conseguenze nefaste per il Paese, pensiamo al Pnrr e soprattutto al patto di stabilità, una scelta che ha consegnato a Forza Italia uno spazio enorme anche in considerazione di quel che sta accedendo proprio in Germania, dove le politiche si terranno il prossimo anno e dove appare sempre più probabile un accordo organico tra Cdu, Spd e forze progressiste, manco a dirlo in chiave anti sovranista. Uno scenario che se dovesse concretizzarsi farebbe di Forza Italia l’unico partito della grande famiglia popolare a governare con forze estranee allo schema Ursula. Da motore e perno del Ppe ad anomala appendice.

Il punto è che la sopravvivenza di questo governo e di questa maggioranza è tutt’altro che scontata, non solo perché in autunno saremo chiamati a pagare il conto salatissimo dell’isolamento europeo ma perché a novembre si voterà in Emilia Romagna, Umbria e Liguria, a marzo per il referendum sull’autonomia differenziata, dunque, tra la primavera e l’autunno, si voterà in Campania, Puglia, Toscana, Veneto e Marche. Data per scontata una sconfitta netta in autunno ed una debacle ormai inevitabile sull’autonomia differenziata, non si capisce in che modo questo governo potrà sopravvivere. E Giorgia Meloni ne è perfettamente consapevole, non a caso si moltiplicano le indiscrezioni che vorrebbero una premier determinata anche a staccare la spina qualora l’alternativa fosse il logoramento.

Ora è del tutto evidente che se il governo dovesse cadere nei mesi a venire, entro e non oltre i principi del prossimo anno, Forza Italia sarebbe nelle condizioni di garantire al Capo dello Stato i numeri per mettere in salvo la legislatura, ovvero per una maggioranza Ursula in formato italiano che isolerebbe il fronte sovranista e sarebbe nella condizione di ritrovarsi anche su di una riforma elettorale in senso proporzionale che cambierebbe i destini della democrazia italiana, ponendo fine alla lunga stagione bipolare e condannando la destra di Giorgia Meloni ad un futuro lepenista.

Perché è del tutto evidente che la svolta liberale presuppone un cambio di paradigma, uno stravolgimento delle regole del gioco che restituisca senso al dettato costituzionale in ossequio al principio secondo cui i governi si fanno in Parlamento e non nelle urne, ovvero liberando i partiti dall’ossessione delle alleanze per la ricerca della vittoria, valorizzando le singole identità e restituendo centralità alle Camere.

In questa prospettiva Forza Italia s’imporrebbe, nello scenario politico nazionale, come la casa dei popolari e dei liberali, come il nuovo grande centro italiano, come il partito nel quale naturalmente si ritroverebbero tutti i cespugli di centro, figurarsi Clemente Mastella e il suo agguerrito esercito sannita.

Qualora il governo dovesse cadere nei mesi a venire e Forza Italia dovesse rispondere presente alla chiamata di Mattarella, la scomposizione degli equilibri politici sui territori sarebbe inevitabile. A quel punto il centrodestra non esisterebbe più nemmeno in Campania, Lega e Fratelli d’Italia verrebbero condannate all’isolamento e il nuovo centro guidato da Forza Italia non avrebbe problemi a ricercare il dialogo con il fronte progressista.

D’altro canto a nessuno sfugge che a Napoli, alle ultime amministrative, gli azzurri hanno apertamente sostenuto Gaetano Manfredi. Così come a nessuno sfugge che molti mondi provenienti da Forza Italia hanno sostenuto e sostengono De Luca. In tale prospettiva uno nelle condizioni di Mastella vestirebbe i panni del padre nobile, conducendo le pecorelle smarrite lungo la via di casa.

Viceversa, dovessero determinarsi le condizioni per l’implosione del governo e della maggioranza all’indomani delle regionali del prossimo anno, ovvero in tempi troppo lunghi per consentire una rigenerazione del quadro sui territori, Mastella non dovrebbe far altro che giocare la propria partita in chiave regionale, all’ombra di De Luca o di chi sarà chiamato a guidare il fronte progressista, nella consapevolezza di poter contare su di una prospettiva solida per il futuro, ovvero su almeno un seggio nel prossimo Parlamento.

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