POLITICA
Le europee del Centrodestra, le regionali e i capponi di Renzo
Forza Italia esce rafforzata dal voto europeo, soprattutto nel Mezzogiorno. Sannio e Campania non fanno eccezione e non a caso si è immediatamente aperto lo scontro interno per l’individuazione del candidato alla Presidenza di Palazzo Santa Lucia. Nulla di più sbagliato, perché il buon esito delle elezioni europee restituisce solo un’ipotesi di prospettiva in vista di una contesa che si vince con le liste, aggregando poteri e utilità marginali, strappando quote di consenso. E questo si fa solo dettando l’agenda, recuperando presidi, spostando interessi. Soffermarsi sul nome del generale in assenza di un esercito non ha molto senso
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Nel nostro ultimo editoriale abbiamo posto l’accento sull’ottimo risultato conseguito da Clemente Mastella alle elezioni europee, ovvero da Sandra Lonardo. Abbiamo provato a spiegare le ragioni per le quali quella del sindaco di Benevento è stata una indiscutibile vittoria: ha ottenuto l’obiettivo a cui puntava, ha recuperato prospettiva e centralità in chiave regionale dimostrando di essere ancora nelle condizioni di fare la differenza.
Oggi, invece, ci piace porre l’accento sul centrodestra allargando necessariamente lo sguardo. Perché se la partita di Mastella è una partita sannita, quelle delle forze di governo è una partita che si gioca sul piano regionale.
Forza Italia cresce più del previsto e cresce soprattutto nel Mezzogiorno. Il partito che sarebbe dovuto implodere dopo la dipartita del grande leader si conferma, invece, l’unico centro possibile di qualsiasi centrodestra, la casa italiana del popolarismo, una forza affidabile ed equilibrata, l’approdo naturale ed irrinunciabile per l’elettorato centrista e conservatore indisponibile a cedere alle sirene del sovranismo. Cresce Forza Italia, in particolar modo al Sud, mentre Fratelli d’Italia si conferma primo partito della Nazione pagando, però, dazio proprio da Roma in giù dove si ferma su percentuali ben al di sotto della media nazionale.
La Lega, sopravvissuta solo grazie a Vannacci, si avvia invece ad affrontare un lungo e travagliato processo di rigenerazione che passerà inevitabilmente per la conta congressuale, per la resa dei conti tra il partito del Nord e il partito di Matteo Salvini.
In tale quadro la Campania non fa eccezione e non è un caso se all’indomani del voto si è aperta la discussione sul profilo del prossimo candidato alla Presidenza della Regione per il centrodestra, con Fulvio Martusciello, rieletto in Parlamento Europeo con un diluvio di preferenze, che pretende l’investitura a dispetto delle pretese di Fratelli d’Italia. Non il modo migliore per ripartire dal responso delle urne, posto che il Pd gode di ottima salute e che le forze di opposizione sono maggioranza tanto in Campania quanto nel resto del Sud, posto, soprattutto, che le regionali si vincono con le liste prima che con il candidato, ovvero con la capacità di allargare il più possibile la capacità di rappresentanza, saldando interessi e utilità marginali sui territori, strappando presidi di potere. E da questo punto di vista il centrosinistra è ancora grandemente egemone.
Il punto di forza da cui dovrebbero partire le forze di centrodestra, in primis Fratelli d’Italia e Forza Italia, è da ricercare nella crescita registrata sui territori. Una crescita che oggi andrebbe alimentata costruendo la coalizione, ricercando l’unità tra le forze di centrodestra su di una linea politica univoca e riconoscibile, portando sui territori l’opposizione a questo governo regionale, allargando la capacità di partecipazione, presidiando le comunità, l’agenda istituzionale e politica, portando il conflitto anche sul terreno della gestione, negli enti di servizio come nelle assisi comunali, sfruttando la spinta propulsiva di Roma, la copertura del governo. Le elezioni europee sono elezioni politiche per eccellenza, che rispondono a dinamiche completamente diverse rispetto alle elezioni regionali.
L’idea che il centrodestra possa puntare a vincere le prossime elezioni regionali in Campania per inerzia, sul presupposto tutto da dimostrare secondo cui i campani si sono stufati di De Luca, ovvero che saltato De Luca per il veto sul terzo mandato il suo sistema di potere imploderà inevitabilmente, vuol dire non avere idea di cosa si muova effettivamente sui territori, vuol dire non comprendere quali dinamiche determinano il risultato delle regionali.
Dunque non ha alcun senso questa disputa sul profilo del prossimo candidato, non ha senso questo scontro tra Matusciello e Cirielli nelle vesti dei capponi di Renzo, non ha senso la lotta per l’egemonia in una coalizione ancora teorica.
Ora va costruita l’alternativa, vanno costruiti i partiti, va costruito il centrodestra. La priorità è quella di rendere contendibile il timone di Santa Lucia agli occhi degli apparati che si muovono fuori dai perimetri dell’appartenenza e che in questi anni hanno trovato rifugio all’ombra del governatore. Poi arriverà il tempo dei tavoli per definire la provenienza e il profilo del candidato apicale. Insomma, le guerre si vincono con gli eserciti di cui si dispone. Soffermarsi sul nome del generale in assenza di un esercito non ha molto senso.