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‘Benevento Nascosta’: ‘No a infopoint. In piazza Cardinal Pacca è passata la nostra storia’

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Benevento Nascosta è una associazione culturale che ha lo scopo di divulgare e valorizzare il patrimonio storico ed artistico del territorio beneventano. Coloro che seguono le nostre pubblicazioni sanno che i contenuti pubblicati sono volti esclusivamente ad informare, sensibilizzare e smuovere la coscienza civile senza mai avere intenti di promozione commerciale o politica. Cogliamo quindi la necessità di chiarire e informare coloro che seguono la nostra iniziativa e i nostri approfondimenti. Negli ultimi tempi abbiamo assistito tutti alla polemica sorta intorno alla opportunità di eseguire scavi archeologici in piazza Card. Pacca (ex piazza S. Maria) per la realizzazione di opere connesse alla progettualità PICS; una questione della quale a tutt’oggi risulta impossibile prevedere gli sviluppi.

I fatti in sintesi li conosciamo bene. Non è necessario quindi ribadire ciò che quasi tutti si sono affrettati a puntualizzare: è scontato il nostro dissenso circa le scelte che si minaccia di intraprendere. Tuttavia, nello spirito che da sempre anima la nostra iniziativa, ci piace puntualizzare alcuni aspetti che ci sembra siano stati tralasciati da molti, probabilmente per mancanza di tempo e non certo di volontà di approfondimento.

Il primo aspetto di cui vogliamo parlare è questo: uno scavo di ispezione non è uno scavo archeologico. Uno scavo di ispezione mira a valutare le preesistenze e non altro. Ci sembra che le preesistenze siano evidenti ed è giunto il momento che ciascuno faccia il proprio mestiere. Gli scavi devono essere condotti in maniera approfondita con metodologie professionali, e non con mezzi e metodi più simili a un cantiere edile che non a uno scavo archeologico. Abbiamo letto da più parti che si sapeva cosa c’era sotto quella piazza, che non si doveva scavare né tantomeno progettare di costruirci sopra alcunché. Ovviamente chi fa queste affermazioni ha ragione da vendere ma lo scopo della nostra iniziativa (e di noi come cittadini) non può finire solo col criticare l’operato delle istituzioni quando crediamo che stiano sbagliando. Il nostro ruolo è anche quello di proporre tenendo sempre al primo posto la salvaguardia di un pezzo della nostra storia. Colorare politicamente queste critiche è quanto mai deleterio perché si rischia di perdere di incisività e credibilità. Sarebbe fin troppo facile per i fautori di questa, secondo noi improvvida, iniziativa bollare come faziosa la nostra posizione. Ci sembra anzi che la strategia che si stia sviluppando sia proprio quella: per poter raggiungere lo scopo si sta tentando di far passare per tendenziosa e strumentale una opposizione che invece ci sembra trasversale e unanime.

Se ci avete fatto caso, siamo stati tra i pochi a essere rimasti in silenzio finora e lo abbiamo fatto per due motivi: il primo motivo è riassumibile nella volontà di non condizionare l’opinione pubblica nell’interesse di quest’ultima. Se lo avessimo fatto ci saremmo sentiti dire che avremmo operato come degli “influencer” cosa che non fa parte dei nostri modi oltre che dei nostri fini. Il secondo motivo è la volontà di sfruttare questa occasione per poter valutare quanto l’opinione pubblica fosse convinta e matura rispetto a certe decisioni. A distanza di alcune settimane nelle quali il terreno di coltura ha prodotto i suoi frutti possiamo ora dire che entrambe gli scopi sono stati raggiunti.

Vi è un terzo fine però che sentiamo il dovere di rimarcare: siamo restati in rispettoso silenzio attenendo il parere dei tecnici. Abbiamo atteso e tuttora stiamo attendendo il parere della Soprintendenza che però, a parte vaghe allusioni, non si è finora sbilanciata. Poiché siamo convinti che l’indagine archeologica sia una scienza e come tale sia una attività che non si può lasciare ai dilettanti, ci chiediamo con stupore come mai, finora, su questa vicenda ci sia un così assordante silenzio delle istituzioni preposte. Eppure gli specialisti non mancano.

Il prof. Rotili ha scritto fiumi di documentazione sulla storia e l’attività monastica medievale di Benevento. Qual è la sua opinione? Ma soprattutto: gli è stata chiesta una opinione? E la Soprintendenza cos’ha da dire? Possibile che non ci sia nulla da dire in merito? Eccoci arrivati al secondo punto della nostra critica. La mancanza di una visione strategica. Si annaspa navigando a vista, abbiamo la sensazione che certe cose accadano per caso ma soprattutto che le decisioni vengano prese senza alcuna logica. Non siamo degli urbanisti ma ci chiediamo con meraviglia se è possibile pensare che il problema turistico di Benevento sia risolvibile con la costruzione di un terminal o un punto di informazione turistica. Ma davvero crediamo che siano questi i problemi? I turisti che vanno via da Benevento criticano altre cose, non certo la necessità di spostarsi a piedi nel centro storico (cosa che può essere un valore se lo si sa sfruttare, canalizzare e organizzare). I turisti criticano i musei chiusi quando dovrebbero stare aperti, criticano la mancanza di servizi igienici pubblici, criticano la assenza di infografica adeguata sui monumenti, la situazione di degrado igienico, l’indisciplinatezza nel parcheggiare dei beneventani, la totale mancanza di visione nella gestione del bene storico che ci è stato tramandato. Basta andare a visitare la Rocca dei Rettori per farsi una idea (tragica). Ma come si vuole valorizzare Benevento? con un paio di faretti spenti? Mancano didascalie, a descrivere gli ambienti trovate squallidi fogli fotocopiati (mediante macchine col toner in esaurimento) e con evidenti errori di ortografia, mozziconi di sigaretta giacciono buttati su reperti privi di descrizione. Queste crediamo siano le emergenze di Benevento e non si tratta di benaltrismo ma di semplice constatazione dei fatti e logica assegnazione delle priorità.

Crediamo che l’occasione che si rischia di perdere, assieme ai reperti, sia quella di far finalmente capire alla amministrazione che la cittadinanza non è assopita ma che sorveglia ed è pronta a difendere ciò che gli appartiene anche se questo significa perdere un milione di euro per costruire un info-point turistico dall’improbabile utilità. E qui veniamo al terzo ed ultimo punto: questa occasione ci fa capire quanti danni può causare la commistione di politica e scienza. La politica dovrebbe gestire le decisioni strategiche senza mai scendere sul tecnico. I tecnici, allo stesso tempo, dovrebbero essere lasciati liberi di fare il proprio mestiere senza timori di conseguenze politiche. Quando la politica mette il suo cappello sugli eventi si ottengono sovente distorsioni e la dimostrazione è sotto i nostri occhi. Nonostante le intenzioni siano buone gli effetti di fatto non lo testimoniano perché tutto ciò che una associazione politicamente schierata dichiara, viene inevitabilmente macchiato di faziosità e come tale messo da parte, ignorato, vanificando gli sforzi e le buone intenzioni. Esortiamo perciò tutti a esprimere il proprio parere con libertà evitando di trasformare la discussione in una corrida politica che sposta l’attenzione dal nocciolo del problema ripagata solo da un effimero momento di celebrità.

Detto questo la nostra posizione è quella di un inequivocabile e netto dissenso al progetto di utilizzo di quella piazza per realizzare un info-point che potrebbe essere la nemesi di sé stesso: l’info-point servirebbe infatti a spiegare al pubblico cosa si sarebbe potuto vedere in quella piazza se l’info-point non fosse stato costruito. Non ci piace condizionare nessuno pertanto esortiamo tutti a decidere e operare con la massima libertà. Non siamo qui a incoraggiarvi di votare contro e di raccogliere firme, ci sembra una mancanza di rispetto. La firma la dovete mettere perché siete convinti che sia giusto farlo non perché ve lo abbiamo consigliato noi.

Perché opporsi? È presto detto. Potremmo tirare fuori episodi illustri, la cripta di S. Marco ai Sabariani, l’anfiteatro romano, Cellarulo, tutti esempi di come la progettualità manchi perché manca soprattutto la volontà. Parleremo invece dell’idea che ci siamo fatti sul valore di quel luogo. Si sono scritti fiumi di inchiostro sulla possibilità che Benevento ospitasse un tempio di Iside, in quella piazza potrebbe esserci un tesoro immenso (oppure il nulla) ma nessuno finora si è curato di sondarla. Benevento ospitava un importante edificio isiaco e questo è un dato certo perché ce lo dicono i due obelischi oltre che il ritrovamento di un numero di reperti egizi che non ha uguali in Italia. Il tempio di Iside potrebbe essere stato costruito sui resti degli edifici termali di epoca imperiale, verso il centro della piazza, là dove un tempo secondo le cronache vi era la chiesa di S. Stefano a foro che per tradizione veniva di solito edificata sugli Isei (un esempio per tutti si veda a Bologna, ma di questo parleremo in un altro contesto perché altrimenti usciremmo fuori tema). Se non si vuole scavare l’intera piazza (cosa che ovviamente rappresenterebbe la decisione ottimale ma che andrebbe fatta eseguire da archeologi specializzati e con una strategia di scavo e non procedendo a intuito o a convenienza) si può sondare tutta la sua superficie mettendo in campo una ispezione con il Georadar, tecnica poco invasiva e molto più economica, che tra l’altro permette di pianificare lo scavo riducendo al minimo il rischio di danneggiamento delle eventuali preesistenze. Il monastero benedettino che venne costruito in seguito rappresenta uno dei centri di interesse economico e culturale più importanti della Benevento medioevale.

In quella piazza è passata la storia della nostra città da tempi antichissimi. “S. Pietro delle monache”, “S. Stephani de monialibus de Foro”, “ecclesia S. Jacobi a Foro”, “San Pietro di dentro”, “San Pietro intra moenia”, “S. Pietro de Duddi”, “San Pietro intra civitatem” sono tutti nomi che troviamo continuamente nelle cronache medioevali ma che indicano tutti lo stesso posto. Quella piazza potrebbe essere l’ultima occasione che questa città ha per riscattare sé stessa, non sprechiamola”. 

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